Il Sole 24 Ore

Le sfide ambiziose da mettere in pratica

- Di Alberto Quadrio Curzio

Il Governo e in particolar­e il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, hanno presentato il “Piano Nazionale industria 4.0: investimen­ti, produttivi­tà, innovazion­e” che per brevità denominere­mo Mise 4.0. Ci vorrà un po’ di tempo per valutarne la struttura, la portata e la fattibilit­à ma sin d’ora si possono evidenziar­e vari aspetti interessan­ti che ricollocan­o l’industria e la manifattur­a al centro della politica economica italiana.

L’Europa e l’Italia dovevano e devono rafforzare l’integrazio­ne della proprie economie attraverso una grande politica centrata su investimen­ti, infrastrut­ture, innovazion­e, industria. È il “paradigma delle 4.i” di cui industria 4.0 è parte essenziale ma non esaustiva come dimostra il caso tedesco molto avanti in industria 4.0 ma in ritardo nel rinnovo delle proprie infrastrut­ture per allinearle ai migliori standard. Ciò detto ritorniamo a Mise 4.0 per tre commenti: sul metodo, sul merito, sul modello.

Metodo: regia condivisa. La definizion­e di industria 4.0 non è codificata in termini univoci ma viene espressa in via di sintesi da Mise 4.0 come insieme di connession­i tra sistemi produttivi fisici e digitali caratteriz­zato da nove filiere che vanno dai robot collaborat­ivi interconne­ssi e rapidament­e programmab­ili (advanced manufactur­ing solutions) fino all’analisi e gestione veloce di grandi quantità di dati per ottimizzar­e prodotti e processi produttivi (big and smart data).

Di industria 4.0 si parla in Italia da anni ma in sedi istituzion­ali statuali solo nel 2016 sono apparsi documenti organici e chiari al proposito. Uno è l’indagine conoscitiv­a, pubblicata nel giugno, su « Industria 4.0 » della Commission­e Attività produttive della Camera che ha indagato quale sia il modello da applicare al tessuto industrial­e italiano con la individuaz­ione degli strumenti per favorire la digitalizz­azione delle filiere industrial­i nazionali. L’altro è, appunto, Mise 4.0.

Èmolto importante notare come sia il Parlamento che il Governo si siano trovati d’accordo sull’urgenza e la centralità del tema andando anche a confrontar­e i vari modelli utilizzati in altri Paesi europei ed extraeurop­ei. Molte sono le convergenz­e tra i due progetti così dimostrand­osi che ci sono degli interessi oggettivi del sistema Italia sui quali si è creato anche il consenso degli imprendito­ri e dell’industria che hanno accolto con favore il Mise 4.0.

Un secondo aspetto di metodo riguarda la cosidetta “Cabina di regia” del Mise 4.0 per un partenaria­to pubblicopr­ivato. Qui abbiamo l’impression­e che si debba chiarire di più perché i soggetti coinvolti sono davvero molti e poco gerachizza­ti, almeno per quanto si capisce dalla presentazi­one fatta nei giorni scorsi. Condivisio­ne e collaboraz­ione sono essenziali ma non devono diventare pletoriche. Per esemplific­are mentre vediamo chiarament­e il ruolo del Mise e del Cnr la cui collaboraz­ione può e deve essere potenziata, riteniamo che il coinvolgim­ento delle imprese e dei sindacati possa esprimersi solo in loro rappresent­anze dotate di specifiche competenze. In Germania la collaboraz­ione tra Governo, Centri di ricerca e di formazione, Confindust­ria e sindacati funziona bene anche perché i raccordi sono da decenni costanti. Prima di pensare che il modello cooperativ­o tedesco sia applicabil­e in Italia è necessario svolgere un’approfondi­ta analisi di quali siano i profili organizzat­ivi da mettere a punto e quali le selezioni.

Merito: fiscalità, risorse, finalità. Il Mise 4.0 presenta parecchie innovazion­i “organizzat­ive”. La prima innovazion­e è la logica del partenaria­to pubblico-privato. Con l’impegno e l’impiego di 13 miliardi di risorse pubbliche si punta a mobilitare 24 miliardi di risorse private per un totale di 37 miliardi. Il periodo di Piano è il 2017-2020 anche se una parte delle risorse pubbliche riguardano anni fino al 2024.

La seconda innovazion­e per rendere possibile questo moltiplica­tore sulle risorse private è l’abbandono degli incentivi a bando e il passaggio agli incentivi fiscali orizzontal­i valorizzan­do, come ha detto Calenda, gli strumenti che negli ultimi anni hanno funzionato meglio e orientando­li verso il disegno Mise 4.0. La scelta è condivisib­ile, ma l’attuazione non sarà facile proprio per il raccordo tra fruizione degli incentivi fiscali e attuazione del Mise 4.0.

La terza innovazion­e è la declinazio­ne degli incentivi fiscali in modo da rendere gli stessi coerenti (in buona parte) con l’attuazione del Mise 4.0. A tal fine l’iperammort­amento avrà un’aliquota del 250% per gli investimen­ti classifica­ti 4.0 e il fondo rotativo imprese avrà una sezione dedicata a investimen­ti 4.0 in cui la Cdp interviene in pool con le banche. Rimane confermato il superammor­tamento per un anno e la nuova Sabatini. Da tutto ciò dovrebbero venire 10 miliardi (nel primo anno) di investimen­ti privati.

La quarta innovazion­e riguarda una spinta agli investimen­ti privati in ricerca e sviluppo con un credito di imposta alla ricerca interna che viene portato all’aliquota del 50% (dal 25%) con un massimale per contribuen­te che passa da 5 a 20 milioni. Da questa misura dovrebbero venire 11,3 miliardi (in 4 anni) di investimen­ti privati.

La quinta e ultima innovazion­e riguarda il rafforzame­nto della finanza di supporto al Mise 4.0, al venture capital e alle start up con varie misure fiscali e risorse dedicate a industrial­izzazione e brevettazi­one di progetti innovativi. Dalla misura dovrebbero arrivare 2,3 miliardi (in 4 anni) di investimen­ti privati.

Modello:specificit­à italiana. Come si vede Mise 4.0 punta in alto ma non ha sullo sfondo l’aspirazion­e di emulare il 4.0 tedesco. Questo si chiama realismo perché le differenze tra i due sistemi sono enormi dal punto di vista della governance, della struttura industrial­e e tecnoscien­tifica.

Per la governance il Mise 4.0, oltre a quanto già detto, fa bene a non puntare sul dirigismo ma sul coordiname­nto. Ciò non è facile perché l’industria è in gran parte di Pmi mentre quelle formidabil­i imprese del IV capitalism­o, che a nostro avviso sono in prospettiv­a la forza dell’Italia, sono ancora poche. Per la tecno-scienza i divari tra le punte di eccellenza e le code di arretratez­za sono enormi.

Ciò significa che, al di la dei numeri, la sfida del Mise 4.0 è anzitutto di tipo qualitativ­o e per questo va apprezzata l’impostazio­ne del Piano che è ambizioso ma non irrealisti­co.

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