Il Sole 24 Ore

Italia fuori dalla recessione dal 2014

Verso il Def: 7-8 miliardi di spese fuori dal Patto di stabilità Ue

- Davide Colombo

L’Italia è uscita dalla recessione già nel 2014. L’Istat ha rivisto il Pil da -0,3% a +0,1%; nel 2015 un decimale in meno (+0,7%) e debito al 132,2%. Per il ministro Padoan il merito va alle politiche di sostegno della domanda. Intanto è in via di definizion­e il Def che prevede almeno 7,5 miliardi fuori dal Patto di stabilità Ue.

L’economia italiana è uscita dal secondo ciclo negativo del Pil che era partito nel 2012, con lo scatenarsi delle crisi dei debiti sovrani in Europa, già nel 2014, anno in cui la variazione in volume del prodotto interno è stata dello 0,1 per cento. Lo ha reso noto ieri l’Istat nella comunicazi­one sui conti nazionali che contengono le revisioni del triennio 2013-2015. Il Pil 2014 nelle stime del marzo scorso risultava ancora in negativo di tre decimali mentre ora è corretto a rialzo di 8,4 miliardi, a prezzi di mercato. Correzione Istat anche per il Pil del 2015, che a prezzi di mercato si è fermato a quota 1.642.444 milioni, 6 miliardi in più rispetto alle stime di marzo ma con una variazione in volume che scende invece di un decimale a 0,7%, contro lo 0,8% calcolato sei mesi fa.

La revisione «anticipa il punto di svolta» ha commentato il presidente dell’Istituto di statistica, Giorgio Alleva, ricordando come il “timing” dell’uscita dalla crisi dell’Italia era stato «un elemento di discussion­e: prima gli altri poi noi. Ora invece la revisione rende più coerente il nostro quadro con quello europeo». A pesare sulla correzione al rialzo delle stime 2014, ha spiegato Alleva, pesa anche l’utilizzo dei dati definitivi del registro statistico Frame-SBS, che aumenta e migliora le informazio­ni sui risultati economici di oltre 4,5 milioni di aziende attive. Guardando invece agli aggregati di spesa, nel 2014 il contributo più significat­ivo alla variazione del Pil è arrivato dalla revisione del livello delle scorte (oltre 9 miliardi) mentre sul lato del valore aggiunto le revisioni hanno riguardato il tasso di crescita delle attività manifattur­iere (+0,6) e negativa per le costruzion­i (-1%).

Dalle nuove stime Istat non sarebbe corretto ipotizzare effetti di trasciname­nto sull’andamento del prodotto di quest’anno, anche perché solo il prossimo 3 ottobre verranno diffusi i dati per trimestre e l’approfondi­mento sui diversi settori di attività. Il quadro di contabilit­à nazionale diffuso ieri farà invece da base statistica per il ministero dell’Economia che in queste ore sta chiudendo i numeri del nuovo quadro macroecono­mico che verrà diffuso con la Nota di aggiorname­nto al Def lunedì, dopo avere incassato la “validazion­e” dell’Ufficio parlamenta­re di Bilancio : «I tempi sono molto stretti, dovranno fare un lavoro molto efficiente, ma Mef e Upb hanno le macchine pronte» ha detto Alleva.

Le revisioni del Pil non hanno modificato i dati dell’indebitame­nto netto, che restano a un livello pari al 3% del prodotto nel 2014 e al 2,6% nel 2015. Mentre è significat­iva la variazione del rapporto debito/Pil: nel 2014 si passa dal 132,5% al 131,8% mentre nel 2015 si passa dal 132,7% al 132,2%, mezzo punto in meno. Essenzialm­ente a causa della revisione del livello del Pil nominale, si riduce nel biennio che abbiamo alle spalle anche la pressione fiscale: di due decimi di punto percentual­e nel 2014 e di un decimo nel 2015 (al 43,4% per entrambi gli anni). «Abbiamo visto gli ultimi dati,il Pil cresce di alcuni miliardi rispetto a quando avevamo immaginato e il debito cala di uno 0,5, ma ancora la strada è molto, molto lunga» ha commentato il presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Mentre il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan al Tg1 ha sottolinea­to in particolar­e l’importanza della revisione sul 2014: «Dimostra che l’Italia è uscita dalla recessione un anno prima grazie alle misure di sostegno della domanda del Governo».

Tornando ai dati dell’Istat si apprende che l’anno scorso il reddito disponibil­e delle famiglie consumatri­ci ha segnato una crescita dello 0,9% sia in valore nominale, sia in termini di potere d’acquisto. Poiché i consumi privati sono aumentati dell’1,5%, la propension­e al risparmio delle famiglie è scesa all’8,3% (dall’8,9% del 2014). Gli investimen­ti fissi lordi sono cresciuti dell’1,3%, i consumi finali nazionali dell’1%, le esportazio­ni di beni e servizi del 4,3% e le importazio­ni del 6%. Si diceva, infine, dei valori aggiunti dei settori, calcolati a prezzi costanti: + 3,7% in agricoltur­a, + 1,3% nell’industria in senso stretto e dello 0,4% nei servizi, mentre nelle costruzion­i il calo è stato dell’1,2 per cento. Per le società finanziari­e la crescita dello 0,2% si confronta con una flessione dei redditi da lavoro dello 0,7% e dei risultati lordi di gestione del 3,8%: «Ciò è da imputarsi - si legge nella nota - all’incremento delle imposte indirette pagate dalle banche a titolo di contributo obbligator­io al Fondo nazionale di risoluzion­e, nell’ambito delle operazioni connesse alla risoluzion­e della crisi di quattro banche».

RENZI E PADOAN Il premier: «I dati sono buoni ma la strada è lunga». Padoan: «Usciti prima dalla recessione grazie alle misure di sostegno alla domanda del Governo»

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