Londra contrattacca: con i dazi rischia di più la Ue
Uno studio del think tank Civitas evidenzia che dall’interscambio senza barriere derivano 5,8 milioni di posti in Europa, solo 3,6 in Gran Bretagna
Brexit favorirà gli scambi commerciali della Gran Bretagna, che non solo raggiungerà un’intesa positiva con l’Unione Europea ma potrà siglare accordi bilaterali con altri Paesi in tempi rapidi e senza intoppi burocratici. Questa la convinzione che sembra radicarsi sempre più a Londra ora che l’uscita dalla Ue si concretizza.
Questo ottimismo sulle prospettive della Gran Bretagna dopo il divorzio da Bruxelles, già espresso da diversi ministri, è stato alimentato ieri da un nuovo rapporto del think tank Civitas, secondo il quale l’imposizione di barriere commerciali danneggerebbe i Paesi Ue molto più che il Regno Unito. Bruxelles ha quindi un incentivo a trattare Londra con i guanti.
Lo studio calcola che gli scambi con la Gran Bretagna sostengono 5,8 milioni di posti di lavoro nella Unione europea, mentre solo 3,6 milioni di lavoratori britannici dipendono dalle esportazioni verso la Ue. Una linea dura mirata a “punire” Londra per Brexit si rivelerebbe quindi un boomerang che colpirebbe soprattutto i Paesi membri creando disoccupazione.
«Ogni Paese Ue dovrebbe essere consapevole dei benefici commerciali in termini di posti di lavoro che derivano dal commercio con la Gran Bretagna e ogni Governo dovrebbe negoziare nell’interesse dei cittadini che lo hanno eletto», ha dichiarato Justin Protts di Civitas, autore dello studio. Secondo Civitas l’interesse a continuare a esportare al di là della Manica accomuna Paesi Ue grandi e piccoli. Un posto di lavoro su dieci in Irlanda, Belgio, Malta e Cipro è direttamente collegato agli scambi commerciali con la Gran Bretagna, mentre nel caso della Germania si tratta del 3,2% dei posti di lavoro.
La Gran Bretagna è già in una posizione di forza. L’indebolimento della sterlina dopo il risultato a sorpresa del referendum di giugno ha favorito le esportazioni dando a Londra un nuovo vantaggio competitivo e al tempo stesso scoraggiando l’acquisto di beni importati, diventati più costosi. Inoltre la percentuale di scambi con la Ue è in calo da anni, mentre aumentano i rapporti commerciali con altri Paesi nel mondo. Vent’anni fa oltre il 60% delle esportazioni britanniche erano dirette verso la Ue, percentuale che è ora scesa intorno al 45% e che secondo le previsioni di Oxford Economics calerà ulteriormente al 30% entro il 2050.
Brexit potrebbe accelerare questo trend, secondo Protts, soprattutto se la Ue non riuscirà a siglare importanti accordi commerciali, come le difficoltà con Ceta con il Canada e Ttip con gli Stati Uniti sembrano indicare. La Gran Bretagna invece sarà libera di negoziare intese con efficienza e rapidità.
La visione di Civitas è condivisa in pieno sia dal ministro del Commercio Internazionale Liam Fox sia dal ministro degli Esteri Boris Johnson, che hanno entrambi dipinto un futuro radioso per la Gran Bretagna finalmente libera dalla morsa burocratica di Bruxelles.
Ieri Johnson ha dichiarato che la Gran Bretagna potrà siglare un gran numero di accordi commerciali bilaterali, regionali e globali, e al tempo stesso imporre limiti all’immigrazione per rispettare la volontà degli elettori che hanno votato a favore di Brexit.
PIÙ COMPETITIVITÀ L’indebolimento della sterlina dopo il referendum di giugno ha già favorito le esportazioni britanniche, dando al Regno Unito un nuovo vantaggio