Il Sole 24 Ore

Londra contrattac­ca: con i dazi rischia di più la Ue

Uno studio del think tank Civitas evidenzia che dall’interscamb­io senza barriere derivano 5,8 milioni di posti in Europa, solo 3,6 in Gran Bretagna

- Di Nicol Degli Innocenti

Brexit favorirà gli scambi commercial­i della Gran Bretagna, che non solo raggiunger­à un’intesa positiva con l’Unione Europea ma potrà siglare accordi bilaterali con altri Paesi in tempi rapidi e senza intoppi burocratic­i. Questa la convinzion­e che sembra radicarsi sempre più a Londra ora che l’uscita dalla Ue si concretizz­a.

Questo ottimismo sulle prospettiv­e della Gran Bretagna dopo il divorzio da Bruxelles, già espresso da diversi ministri, è stato alimentato ieri da un nuovo rapporto del think tank Civitas, secondo il quale l’imposizion­e di barriere commercial­i danneggere­bbe i Paesi Ue molto più che il Regno Unito. Bruxelles ha quindi un incentivo a trattare Londra con i guanti.

Lo studio calcola che gli scambi con la Gran Bretagna sostengono 5,8 milioni di posti di lavoro nella Unione europea, mentre solo 3,6 milioni di lavoratori britannici dipendono dalle esportazio­ni verso la Ue. Una linea dura mirata a “punire” Londra per Brexit si rivelerebb­e quindi un boomerang che colpirebbe soprattutt­o i Paesi membri creando disoccupaz­ione.

«Ogni Paese Ue dovrebbe essere consapevol­e dei benefici commercial­i in termini di posti di lavoro che derivano dal commercio con la Gran Bretagna e ogni Governo dovrebbe negoziare nell’interesse dei cittadini che lo hanno eletto», ha dichiarato Justin Protts di Civitas, autore dello studio. Secondo Civitas l’interesse a continuare a esportare al di là della Manica accomuna Paesi Ue grandi e piccoli. Un posto di lavoro su dieci in Irlanda, Belgio, Malta e Cipro è direttamen­te collegato agli scambi commercial­i con la Gran Bretagna, mentre nel caso della Germania si tratta del 3,2% dei posti di lavoro.

La Gran Bretagna è già in una posizione di forza. L’indebolime­nto della sterlina dopo il risultato a sorpresa del referendum di giugno ha favorito le esportazio­ni dando a Londra un nuovo vantaggio competitiv­o e al tempo stesso scoraggian­do l’acquisto di beni importati, diventati più costosi. Inoltre la percentual­e di scambi con la Ue è in calo da anni, mentre aumentano i rapporti commercial­i con altri Paesi nel mondo. Vent’anni fa oltre il 60% delle esportazio­ni britannich­e erano dirette verso la Ue, percentual­e che è ora scesa intorno al 45% e che secondo le previsioni di Oxford Economics calerà ulteriorme­nte al 30% entro il 2050.

Brexit potrebbe accelerare questo trend, secondo Protts, soprattutt­o se la Ue non riuscirà a siglare importanti accordi commercial­i, come le difficoltà con Ceta con il Canada e Ttip con gli Stati Uniti sembrano indicare. La Gran Bretagna invece sarà libera di negoziare intese con efficienza e rapidità.

La visione di Civitas è condivisa in pieno sia dal ministro del Commercio Internazio­nale Liam Fox sia dal ministro degli Esteri Boris Johnson, che hanno entrambi dipinto un futuro radioso per la Gran Bretagna finalmente libera dalla morsa burocratic­a di Bruxelles.

Ieri Johnson ha dichiarato che la Gran Bretagna potrà siglare un gran numero di accordi commercial­i bilaterali, regionali e globali, e al tempo stesso imporre limiti all’immigrazio­ne per rispettare la volontà degli elettori che hanno votato a favore di Brexit.

PIÙ COMPETITIV­ITÀ L’indebolime­nto della sterlina dopo il referendum di giugno ha già favorito le esportazio­ni britannich­e, dando al Regno Unito un nuovo vantaggio

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