Il vivaismo italiano ha perso il 30% delle esportazioni
Nicchia, ma non troppo. Con una produzione di quasi 2 miliardi e un valore dell’export di oltre 700 milioni il vivaismo made in Italy, nonostante la concorrenza estera, è riuscito a mantenere salde posizioni sui mercati.
Portabandiera delle piantine di frutta, olivo e vite italiane è stata la qualità garantita che ha consentito di sbaragliare i competitor del Nord Europa. Fragole, mele, albicocche, viti, l’Italia ha conquistato Marocco, Giordania, Algeria, Tunisia. Ora però il primato sta franando sotto i colpi dell’emergenza Xylella che ha bloccato non solo l’olio, ma anche il vivaismo. E il settore viaggia verso la debacle: l’export fino allo scorso anno pari al 50% del fatturato è già crollato al 20% e il rischio – dichiarano le maggiori associazioni(Anve, Miva, Civi-Italia, Associazione vivaisti italiani,Assofloro Lombardia, distretto vivaistico ornamentale pistoiese) – è di un azzeramento dell’export. È dunque scattato l’allarme sulla tenuta di una filiera che conta quasi 4.500 imprese e 115mila addetti e interessa circa 30mila ettari.
Le frontiere si stanno chiudendo, in particolare quelle dei Paesi del bacino Mediterraneo che grazie al legame con Parigi stanno sostituendo le piantine italiane con quelle made in France. E in difficoltà non ci sono solo le piante salentine (l’area dove si è sviluppata la Xylella), ma di tutte le zone più vocate, come i distretti toscani di Pistoia. Dalle fragole alle piante aromatiche la via crucis è sempre la stessa. I carichi spediti vengono fermati alla dogana. Parte il lungo iter dei controlli, ma le piante «blindate» nei container muoiono e anche se alla fine arriva il via libera il carico è da buttare. Un’esperienza vissuta nei giorni scorsi da un produttore di piante aromatiche del Sud . Analoga quella raccontata da un’azienda ligure che aveva acquistato una piantad’ulivodaunvivaiodiPistoia. C’è stata un’analisi fitosanitaria che ha dato un falso positivo, e tra primo e secondo controllo si è innescato l’allarme. «Il caso è stato montato – ha dichiarato il produttore – la Francia ha iniziato a porre blocchi generalizzati alle produzioni italiane e via via si è chiusa l’Europa. Sono state fatte altre analisi entrambe negative, ma la produzione era ormai compromessa». L’accusa che il mondo del vivaismo rivolge al governo, ma soprattutto alla Puglia, è di
LA RICHIESTA I produttori sollecitano l’attuazione delle misure dettate dalla Ue e incontri istituzionali nei Paesi del bacino Mediterraneo
mancanza di efficienza e di comunicazione. Con la seconda infrazione che la Ue ha fatto scattare contro l’Italia, francesi e spagnoli si sono fatti avanti per sostituire le piante italiane accusate di propagareleinfezioni.Inquestimesil’attenzione si è concentrata esclusivamente su olio e olive, ma, dicono i vivaisti «pochi hanno percepito che i grandi danneggiati siamo noi». E se continua la battaglia burocratica, i produttori dovranno cambiare mestiere». Gli operatori chiedono di attivare subito le misure imposte dalla Ue e di aprire tavoli nei paesi di maggior interesse. Sul modello dell’azione intrapresa in Algeria dal ministero delle Politiche agricole, «che -dicono i vivaisti - ha lavorato bene e i risultati si sono visti: il paese ha infatti riaperto le frontiere».