Truffa sui rifiuti, Muraro citata nell’inchiesta del 2008
Al termovalorizzatore di Colleferro temevano addirittura di essere intercettati mentre parlavano al telefono con Paola Muraro, allora consulente di Ama spa, la municipalizzata dei rifiuti di Roma. Sospettavano che le loro conversazioni fossero ascoltate dai carabinieri del Noe, in un’indagine che, nei fatti, ha svelato l’esistenza di un presunto «sistema» teso a nascondere quella che gli investigatori hanno definito la «virtuale» lavorazione dell’immondizia negli impianti della società pubblica. Spazzatura «non trattata» che finiva al termovalorizzatore, con analisi chimiche in parte fasulle e in parte mancanti.
Era il 2008, e l’indagine era della Procura di Velletri. Un’accusa che coincide con quella che oggi ipotizzano il procuratore aggiunto di Roma, Paolo Ielo, e il sostituto Alberto Galanti: dagli impianti di Ama, i due Tmb (Trattamento meccanico biologico) Salaria e Rocca Cencia, escono residui di lavorazione (Cdr e Fos) non a norma. Per questo la Muraro è in- dagata: fino al 30 giugno è stata referente Aia dei due stabilimenti, incarico che le attribuisce la responsabilità sulla qualità dei rifiuti in uscita. Gli atti di quell’indagine di Velletri ora sono stati acquisiti nell’incartamento della Procura di Roma. Nessuna nuova accusa per i fatti del 2008. Tuttavia aiutano a comprendere come il «sistema» fosse noto all’attuale assessore all’Ambiente di Roma.
La Muraro è ripetutamente intercettata mentre parla con gli indagati, tra i quali Giuseppe Rubrichi, procuratore di Ama a lei molto vicino. Telefonate in alcuni casi eloquenti, al punto che Stefania Brida - responsabile nell’impianto di Colleferro - il 16 maggio 2008 riferisce alla Muraro di contattarla su un altro numero perché il cellulare «è controllato». Per il Noe il fatto «che l’interlocutrice è Paola Muraro dell’Ama (...) la conversazione doveva vertere sulle illecite attività perpretate». E non è un caso che gli investigatori ipotizzino la sua consapevolezza sull’esistenza di un «sistema» per coprire il tipo di rifiuti in uscita dai Tmb, in alcuni casi definiti come «tossici». Il 15 maggio dello stesso anno, infatti, Muraro parla con Angelo Botti, allora responsabile del Tmb a Rocca Cencia. «In tale conversazione - annotano i carabinieri - emerge come la Muraro metta al corrente il Botti del controllo fatto dai Noe presso l’impianto (Tmb, ndr) di via Salaria e la consapevolezza degli interessati sull’importanza della corretta procedura di campionamento che è del tutto sconosciuta ai responsabili dell’impianto di via Salaria».
In una successiva telefonata tra Muraro e Botti del 19 maggio emerge il presunto illecito: il Tmb Ama conferiva i rifiuti a Col- leferro «senza mai aver prodotto la dichiarazione prevista dalla norma Uni (sui rifiuti, ndr) ». I due discutono di un problema: Brida, responsabile a Colleferro, chiede ripetutamente queste dichiarazioni per timore dei controlli del Noe. «Ha sentito il mondo ieri la Brida - dice Botti alla Muraro - sta di fatto che la Brida ste indicazioni ce le aveva sabato, che era molto meglio…..sentirsi sabato…». «Ma infatti», risponde Muraro. Botti, così, afferma che «ha preso (i rifiuti, ndr) senza questa dichiarazione, poteva aspettare ancora un giorno».
I successivi accertamenti hanno consentito di svelare come «per il Cdr prodotto da Ama Salaria e conferito all’impianto di Colleferro, non era stata adottata la procedura prevista dalla norma Uni 9903-2004, tale escamotage ha permesso al Botti ed al Rubrichi (...) di mettere in opera (...) con l’impianto Ama di via Salaria un ingente traffico di rifiuti conferendo materiale non classificabile come Cdr».
L’IPOTESI DI ACCUSA A Roma gli atti dell’indagine di Velletri: per gli inquirenti Muraro sapeva del sistema di falsa lavorazione dell’immondizia