Insolvenza, direttiva Ue il 26 ottobre
Spazio all’autonomia privata: dai giudici test sulla correttezza
Sará presentata il prossimo 26 ottobre la proposta di direttiva comunitaria sull’insolvenza. Proposta che punterà in maniera decisa sull’autonomia privata, limitando il ruolo dei giudici alla correttezza delle valutazioni dei creditori. La notizia è emersa al XXX convegno del Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale e della Fondazione Courmayeur dedicato quest’anno alle «Procedure concorsuali verso la riforma tra diritto italiano e diritto europeo». Lorenzo Stanghellini, docente di Diritto commerciale a Firenze e componente del Group of experts on restructuring and insolvency, ha illustrato i contenuti fondamentali dell’intervento sottolineando come sia in programma un rafforzamento del divieto ad azioni esecutive, a protezione del debitore con meno vincoli di quelli oggi previsti dalla legislazione italiana; si punta poi sulla disponibilità, soprattutto per le Pmi, di un aiuto professionale qualificato piuttosto che sulla costrizione dell’imprenditore a denunciare la crisi; la gestione dell’impresa rimane poi di solito in capo all’imprenditore, al quale è consentito l’accesso anticipato alla procedura non solo quando c’è rischio di insolvenza (no a iniziative di terzi).
Più favorevole a un recupero di spazio dell’autorità giudiziaria soprattutto nel concordato preventivo è invece Bruno Conca, giudice delegato del tribunale di Torino. Per Conca siamo in presenza di una vera e propria disfatta quando oltre 200 miliardi di asset, 78 negli ultimi 5 anni, sono incagliati da anni nelle procedure concorsuali. Effetto di piani di concordato giuridicamente fattibili ma economicamente insostenibili. Un controllo giudiziale sulla relizzabilità economica, come previsto dal disegno di legge delega Rordorf, sarebbe allora benvenuto.
Paolo Montalenti, docente di Diritto commerciale a Torino, ha svolto una relazione assai problematica, corroborata da dati statistici rilevanti. Da una ricerca condotta sul tribunale di Milano emerge infatti che i concordati sono stati in costante crescita negli anni, per toccare un picco di 4.269 domande di preconcordato nel 2013; che quelli liquidatori rappresentano una percentuale molto elevata del totale, in media il 50,5% e che la percentuale di soddisfacimento dei creditori è del 28%. Elementi che spingono Montalenti a concludere che la nuova soglia di soddisfazione fissata dall’estate del 2015 al 20% per i chirografari avrebbe portato a escludere oltre la metà delle proposte di concordato presentate. Per Montalenti allora non c’è ragione per ritenere che debba essere la legge a stabilire il grado di soddisfazione dei creditori e non invece l’autonomia privata; la cancellazione della fattispecie del concordato liquidatorio, d’altra parte, come previsto dal progetto Rordorf, potrebbe segnare la fine stessa del concordato preventivo.
Bruno Inzitari, docente di Diritto commerciale alla Bicocca a Milano, si è concentrato sulla natura dell’altro strumento per la soluzione della crisi costituito dagli accordi di ristrutturazione. Per Inzitari non si tratta di una procedura concorsuale: mancano tra l’altro un provvedimento di apertura, la nomina di organi è una regolazione concorsuale del dissesto.