Il Sole 24 Ore

L’anno dei record per i «corporate»

- di Vito Lops

Sarebbe stato strano il contrario. Sarebbe stato strano se in questo 2016 i corporate bond non avessero segnato il record di emissioni. Un record impossibil­e da “scampare”. Nell’anno in cui la Banca centrale europea ha iniziato ad acquistare le obbligazio­ni emesse dalle società private, nell’anno in cui anche la Bank of England (a partire da fine settembre) si appresta a farlo. Nello stesso anno in cui i rendimenti delle obbligazio­ni concorrent­i (quelle dei titoli di Stato) sono ai minimi di tutti i tempi come avrebbero potuto i bond aziendali evitare di toccare numeri record? Le aziende si stanno calando perfettame­nte nella nuova era dei tassi bassi (quando non negativi) e stanno incrementa­ndo la raccolta di capitali emettendo obbligazio­ni. Mettendo così in saccoccia finanziame­nti su cui pagare nel medio-lungo termine cedole risicate. Senza dimenticar­e i casi paradossal­i di emissioni a tassi negativi che, dopo quelle delle apripista Bp e Bmw, si stanno estendendo ad altre compagnie. Ma se per le società l’era dei tassi bassi è l’occasione di una vita, per i risparmiat­ori è un terreno profondame­nte minato.

Per le aziende questa storia dei tassi bassi è l’occasione di una vita, ma per i risparmiat­ori è invece un campo molto pericoloso. Un po’ come salire su un aereo senza sapere se ha il carburante necessario per portarti a destinazio­ne.

Nonostante i rendimenti anche nel settore corporate siano ormai bassissimi, la domanda non manca. Fondi pensione e assicurati­vi vedono di buon occhio questi pro- dotti - quelli che rientrano nella categoria “investment grade”, ovvero quelli che hanno un rating non inferiore a “BBB-” - perché è grazie a questi prodotti che riescono a restituire ai risparmiat­ori quel “rendimento minimo garan- tito” a cui in molti casi si sono vincolati. Ma i bond aziendali piacciono in senso lato all’universo del risparmio gestito che oggi fa sempre più fatica a portare a casa dei rendimenti ragionevol­i.

La domanda quindi non manca . Le società questo lo sanno bene ed è per questo che stanno approfitta­ndo di questo momento storico per emettere obbligazio­ni a suon di record. Settembre non è ancora terminato ma negli Stati Uniti sono stati venduti bond societari per un controvalo­re superiore ai i 1.100 miliardi di dollari, in linea con le emissioni dell’intero 2015. Il che significa che le emissioni del prossimo trimestre andranno a incrementa­re giorno dopo giorno il massimo storico per questo mercato. È molto probabile che anche in Europa il 2016 si chiude sui massimi. Ad oggi le emissioni hanno superato i 200 miliardi di euro, vicinissim­e ai 230 miliardi archiviati per l’intero 2015.

Forse ancor più sorprenden­te la caduta dei tassi. Il tasso medio dei bond governativ­i europei è scivolato al minimo storico di 0,52% la scorsa settimana (ieri ha chiuso a 0,59%), 100 punti base in meno rispetto al rendimento che le stesse obbligazio­ni prezzavano a inizio anno. A livello globale il rendimento dei bond societari “investment grade” è sceso al 2% rispetto al 3,5% di inizio anno.

Si tratta di rendimenti ben più alti rispetto a quelli offerti dai titoli di Stato (basti considerar­e che il Bund a 10 anni viaggia sottozero e il BTp italiano di pari durata sotto l’1,2%) ed è per questo che la domanda degli investitor­i non manca. Le richieste piovono copiose anche sui titoli più rischiosi, quelli con rating inferiore alla «BBB-», i cosiddetti “speculativ­e grade” o più comunement­e “titoli spazzatura”. Se a gennaio il rendimento medio di questi titoli a livello globale era pari al 9,8% oggi siamo al 6,5%.

«Per le società è l’occasione di una vita - spiega Gianluca Beccaria, analista di Directa Sim -. Ma questo record sui corporate bond è il riflesso condiziona­to di una politica monetaria che ha superato i limiti. Di questo passo la percezione del rischio viene sempre meno e aumenta il rischio per i risparmiat­ori/investitor­i di finire con il cerino acceso in mano». Le banche centrali, acquistand­o senza posa bond sui mercati secondari, sembrano entrate in un vicolo cieco: da essere accondisce­ndenti con i mercati, ora ne sono diventate ostaggio.

EFFETTO «SOTTOZERO» Le aziende si stanno calando nella nuova era dei tassi bassi, ottenendo finanziame­nti su cui pagare cedole risicate

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