Fertility day, gli effetti su Pil e pensioni
La campagna per promuovere la fertilità, con tutte le polemiche connesse alle modalità di comunicazione, ha avuto se non altro il merito di avere di nuovo sollevato il problema del calo della natalità in Italia. Come è noto, nel 2015 per la prima volta dal dopoguerra la popolazione complessiva è diminuita con un saldo negativo di 165 mila unità, peggio delle previsioni(-77mila). Nel 2015 le nascite sono state 488 mila (-15 mila), nuovo minimo storico dall’Unità d’Italia.
Il 2015 è il quinto anno consecutivo di riduzione della fecondità, giunta a 1,35 figli per donna. Non è solo un problema sociologico. La demografia più in generale inciderà anche sul futuro del nostro Paese e sulla nostra economia. Gli under 25 italiani erano oltre 20 milioni negli anni Ottanta e tale valore risulterà dimezzato entro la metà di questo secolo. L’immigrazione svolgerà certamente un ruolo importante, ma le previsioni Istat, pur tenendo conto dei flussi in entrata, indicano un aumento della popolazione over 65 dal 20% attuale al 33% del 2050. Tutti questi dati avranno dei riflessi sia sul mondo del lavoro sia sul Pil. Come cresce il prodotto interno lordo con una demografia negativa? E come pagheremo le pensioni? Il vero tallone d’Achille è proprio il sistema pensionistico. Insomma i pochi nati dovranno risparmiare fin da subito per costruirsi una pensione. Peccato che anche sul fronte degli incentivi fiscali alla previdenza complementare le famiglie con più figli siano discriminate.