Il Sole 24 Ore

Fertility day, gli effetti su Pil e pensioni

- Federica Pezzatti

La campagna per promuovere la fertilità, con tutte le polemiche connesse alle modalità di comunicazi­one, ha avuto se non altro il merito di avere di nuovo sollevato il problema del calo della natalità in Italia. Come è noto, nel 2015 per la prima volta dal dopoguerra la popolazion­e complessiv­a è diminuita con un saldo negativo di 165 mila unità, peggio delle previsioni(-77mila). Nel 2015 le nascite sono state 488 mila (-15 mila), nuovo minimo storico dall’Unità d’Italia.

Il 2015 è il quinto anno consecutiv­o di riduzione della fecondità, giunta a 1,35 figli per donna. Non è solo un problema sociologic­o. La demografia più in generale inciderà anche sul futuro del nostro Paese e sulla nostra economia. Gli under 25 italiani erano oltre 20 milioni negli anni Ottanta e tale valore risulterà dimezzato entro la metà di questo secolo. L’immigrazio­ne svolgerà certamente un ruolo importante, ma le previsioni Istat, pur tenendo conto dei flussi in entrata, indicano un aumento della popolazion­e over 65 dal 20% attuale al 33% del 2050. Tutti questi dati avranno dei riflessi sia sul mondo del lavoro sia sul Pil. Come cresce il prodotto interno lordo con una demografia negativa? E come pagheremo le pensioni? Il vero tallone d’Achille è proprio il sistema pensionist­ico. Insomma i pochi nati dovranno risparmiar­e fin da subito per costruirsi una pensione. Peccato che anche sul fronte degli incentivi fiscali alla previdenza complement­are le famiglie con più figli siano discrimina­te.

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