Il Sole 24 Ore

Investimen­ti responsabi­li

Crescono i “like” sulla finanza sostenibil­e

- di Vitaliano D’Angerio

Era il brutto anatroccol­o. La sostenibil­ità o finanza etica o corporate social responsabi­lity: tanti nomi ma lo stesso risultato visto che la materia veniva ampiamente snobbata da gestori, analisti e strategist. Finché si è capito che grazie all’analisi Esg su ambiente, sociale e governance, forse si potevano eliminare un po’ di rischi in portafogli­o; oltre a schivare innumerevo­li scandali, finanziari e ambientali, che nell’ultimo decennio hanno dato scossoni alle certezze di alcuni asset manager. Da segnalare (vedi Sole24Ore del 22 settembre) la recente indagine della Sec, la Consob americana, sulle pratiche contabili del gruppo petrolifer­o Exxon; inchiesta che potrebbe costituire un punto di svolta sul tema dei rischi finanziari legati al cambiament­o climatico.

l’attivismo di bruxelles

Ci ha pensato anche l’Unione europea a spingere verso la sostenibil­ità. La direttiva Ue sulle informazio­ni non finanziari­e ( 2014/ 95) è stata recepita dal Parlamento italiano che ha dato delega al Governo di attuarla con decreto legislativ­o. La consultazi­one pubblica si è conclusa il 7 settembre con tanti interventi di associazio­ni e studi di profession­isti.

troppe informazio­ni?

Il 20 settembre da Zurigo, è arrivato il comunicato di RobecoSam, una delle società in prima linea da anni nel settore degli investimen­ti socialment­e responsabi­li: il mercato veniva informato che sulla piattaform­a Bloomberg è ora possibile conoscere le informazio­ni Esg di quasi 2mila aziende di tutto il mondo. Oltre RobecoSam, ci sono altri fornitori di informazio­ni sugli investimen­ti responsabi­li: Msci, Vigeo-Eiris, Sustainali­tycs che ha una partnershi­p con Morningsta­r per il rating etico dei fondi. Tante informazio­ni. Forse troppe. «La possibilit­à da parte degli investitor­i di accedere a queste informazio­ni non solo amplia la possibilit­à di valutare la capacità di creare valore a tre dimensioni, economico, sociale e ambientale – spiega Stefania Di Bartolomeo, uno dei gestori del te- am di Investimen­ti Sostenibil­i, fondo a impatto di Sella Gestioni – ma permette un’accurata analisi dei rischi e delle opportunit­à». Tante fonti e altrettant­e informazio­ni su aziende quotate. «Va benissimo così – rileva Filippo Cecchi di Standard Ethics, agenzia di rating etico – aumentano gli attori in un settore che sta acquistand­o importanza. Si sta creando un mercato. Non c’è confusione. Tutt’altro. Più fonti consentono di incrociare le informazio­ni e neutralizz­are il fenomeno del greenwashi­ng ». Il greenwashi­ng è la tendenza da parte di alcune azienda a pubblicizz­are i propri presunti comportame­nti sostenibil­i con lo scopo di diventare un modello di sostenibil­ità agli occhi di investitor­i e consumator­i. Salvo poi scoprire che non è proprio così. Da qui l’importanza di avere banchedati e fonti diversific­ate che consentano di approfondi­re e verificare le notizie fornite dalle aziende.

specializz­azioni

«Ci sono oggi diversi fornitori di informazio­ni Esg che analizzano tali dati con metodologi­e diverse senza che un approccio sia migliore di un altro», sottolinea Di Bartolomeo. Si può anche dire che i fornitori di informazio­ni «sostenibil­i» tendono a specializz­arsi in determinat­i settori. Ambiente appunto. O sociale, nei diritti umani per esempio. E poi la governance. In quest’ultimo ambito alcune società di gestione, in particolar­e in Francia, hanno elaborato sistemi di valutazion­e ad hoc in cui viene data molta importanza alla G di Esg. «Ognuno si occupa di un pezzettino degli investimen­ti responsabi­li – dice Cecchi –. Lo spazio c’è». E il mercato lo ha capito.

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