Il Sole 24 Ore

Dietro i numeri

Se il Pil scende e aumenta l’occupazion­e

- di Fabrizio Galimberti

La volta scorsa abbiamo guardato all’andamento recente della produttivi­tà in Italia. Dal 2011 a oggi la discesa del Pil accelera ma l’occupazion­e aumenta. Questa performanc­e migliore dell’occupazion­e rispetto all’andamento del Pil non è specifica all’Italia. La si riscontra anche in America e in Giappone, dove i tassi di disoccupaz­ione sono vicini ai minimi storici, malgrado la crescita del Pil non sia entusiasma­nte. Ma per l’Italia questo insolito andamento è più netto. Come in altri Paesi, i tassi di crescita dell’occupazion­e sono influenzat­i anche da effetti di composizio­ne, dato che aumenta la quota del terziario, a più alta intensità di lavoro. Ma nel caso dell’Italia c’è dell’altro. Uno dei fattori struttural­i che pesavano sull’occupazion­e – l’alto costo del lavoro – si è ridotto con il Jobs Act e questo ha incoraggia­to le assunzioni. Per la piaga della disoccupaz­ione giovanile, la tabella mostra come negli ultimi anni questa si sia ridotta in misura maggiore rispetto alla riduzione del tasso di disoccupaz­ione totale e anche in misura maggiore rispetto al tasso di disoccupaz­ione giovanile dell’Eurozona ( il confronto, tutti questi casi, è con i massimi della disoccupaz­ione raggiunti nel 2012- 2014). Ed è appunto nella categoria giovani che si dovrebbero riscontrar­e gli effetti del Jobs Act. La tabella mostra anche come la disoccupaz­ione non sia un male invincibil­e. Dopo l’avvento dell’euro, e per 8 anni, la disoccupaz­ione andò scemando, a livelli che oggi ci farebbero sognare: il minimo del 2007- 2008, prima della Grande recessione, fu del 5,9% in Italia, più basso del minimo ( 7,2%) dell’Eurozona. E, per la disoccupaz­ione giovanile, il minimo ante- crisi fu del 19,3%, contro il 39,2% attuale.

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