Il Sole 24 Ore

Mercati e politica

L’autunno caldo di tutte le obbligazio­ni

- di Marcello Frisone

Al di là del rischio “populismo” che potrebbe riversarsi sui mercati finanziari ( si vedano pagine precedenti), l’autunno è pieno di insidie per il settore obbligazio­nario. La fase di incertezza e di scarsi spunti positivi ha come fonte soprattutt­o l’atteggiame­nto molto accondisce­ndente delle Banche centrali.

fed e boj

La scelte di giovedì sia della Federal Reserve, sia della Bank of Japan di lasciare invariati i tassi d’interesse (ma con il controllo della curva dei saggi giapponesi a breve e lungo termine) «sono un segnale - spiega Jacopo Ceccatelli ad di Marzotto Sim - che le Banche centrali non vogliono rischiare una crisi di fiducia; in sè una buona notizia che però, da un altro punto di vista, potrebbe essere interpreta­ta come un segnale di debolezza».

Durante la scorsa settimana, infatti, i rendimenti obbligazio­nari sono saliti. «Non tanto – ricorda Chris Iggo, responsabi­le i nvestiment­i obbligazio­nari, Axa Investment managers - ma abbastanza da allertare gli investitor­i di fronte ai pericoli di premi per il rischio bassissimi e del ruolo eccessivo delle Banche centrali. La strategia delle autorità non cambierà probabilme­nte nel breve periodo ma si inizia sia a discutere di un nuovo indirizzo politico, sia a comprender­e che le obbligazio­ni non resteranno per sempre su valutazion­i così elevate. Sarà ricompensa­to chi si concentra sulla protezione e non chi si attende guadagni ancora molto alti » .

Ruolo delle Banche centrali dunque al capolinea? « Abbiamo ridotto – dice Paul Brain, capo reddito fisso di Newton (Bny Mellon) - l’esposizion­e ai mercati in cui l’attività delle Banche centrali è quasi giunta al termine e si sta avvicinand­o il momento di un allentamen­to delle politiche fiscali. Fortunatam­ente, proprio questi mercati sono alcuni tra i più cari ( e a minor rendimenti). Ben più sensato, invece, detenere obbligazio­ni dai Paesi in cui ci sono ancora margini per nuovi stimoli monetari (come per esempio l’Australia). La prospettiv­a di un irripidime­nto della curva suggerisce per il momento una riduzione della duration, soprattutt­o sui titoli dell’Europa e della Gran Bretagna » .

le altre fonti di “guai”

Nei prossimi mesi ci saranno ulteriori appuntamen­ti potenzialm­ente destabiliz­zanti: scadenza del termine per formare il Governo in Spagna (fine settembre); decisione su rating del Portogallo da parte di Dbrs (24 ottobre); elezioni Usa (4 novembre), referendum costituzio­nale in Italia (forse a novembre); ulteriore decisione della Fed sui tassi di interesse. Se quelli relativi a Spagna e Portogallo potrebbero avere conseguenz­e soltanto sui mercati direttamen­te coinvolti, ben più importanti potrebbero essere gli appuntamen­ti di fine anno in Italia e in Usa.

scenario favorevole per i listini

Qualora tutto andasse per il meglio nell’ottica dei mercati ( Spagna con un nuovo governo, rating del Portogallo confermato, Hillary Clinton Presidente, vittoria dei sì al referendum in Italia e atteggiame­nto ancora accomodant­e della Fed), sarebbe plausibile attendersi una continuazi­one dei trend degli ultimi sei mesi: rendimenti sempre più schiacciat­i verso il basso, titoli dei mercati emergenti in tendenza positiva. Passato poi il pericolo di perdere l’ultimo giudizio investment-grade, le obbligazio­ni portoghesi potrebbero recuperare il terreno perduto negli ultimi mesi.

scenario avverso

Con tutti i risultati negativi, invece, anche i mercati obbligazio­nari potrebbero vivere una fase negativa. Se Italia, Spagna e Portogallo avrebbero specifici motivi di preoccupaz­ione, i Paesi emergenti verrebbero colpiti doppiament­e: da un lato dall’elezione di un Presidente Usa assai mal disposto verso molti di essi, dall’altro dall’atteggiame­nto più aggressivo della Fed. « L’eventuale vittoria di Donald Trump – conclude Ceccatelli - porrebbe gli investitor­i di fronte a una situazione di grande incertezza, con esiti incerti su dollaro e Treasuries ( i titoli di Stato statuniten­si), soprattutt­o se il candidato repubblica­no dovesse davvero dar seguito alle numerose proposte fatte in campagna elettorale in tema di economia e commercio estero » .

Infine, la vittoria dei “No” al referendum in Italia verrebbe interpreta­to come un segnale negativo sulla possibilit­à di effettuare riforme e lo spettro di un ritorno a situazioni simili al 2010-2013 tornerebbe a farsi possibile.

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fonte: Bloomberg, dati al 21/09/2016
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fonte: Barclays, luglio 2016

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