Mercati e politica
L’autunno caldo di tutte le obbligazioni
Al di là del rischio “populismo” che potrebbe riversarsi sui mercati finanziari ( si vedano pagine precedenti), l’autunno è pieno di insidie per il settore obbligazionario. La fase di incertezza e di scarsi spunti positivi ha come fonte soprattutto l’atteggiamento molto accondiscendente delle Banche centrali.
fed e boj
La scelte di giovedì sia della Federal Reserve, sia della Bank of Japan di lasciare invariati i tassi d’interesse (ma con il controllo della curva dei saggi giapponesi a breve e lungo termine) «sono un segnale - spiega Jacopo Ceccatelli ad di Marzotto Sim - che le Banche centrali non vogliono rischiare una crisi di fiducia; in sè una buona notizia che però, da un altro punto di vista, potrebbe essere interpretata come un segnale di debolezza».
Durante la scorsa settimana, infatti, i rendimenti obbligazionari sono saliti. «Non tanto – ricorda Chris Iggo, responsabile i nvestimenti obbligazionari, Axa Investment managers - ma abbastanza da allertare gli investitori di fronte ai pericoli di premi per il rischio bassissimi e del ruolo eccessivo delle Banche centrali. La strategia delle autorità non cambierà probabilmente nel breve periodo ma si inizia sia a discutere di un nuovo indirizzo politico, sia a comprendere che le obbligazioni non resteranno per sempre su valutazioni così elevate. Sarà ricompensato chi si concentra sulla protezione e non chi si attende guadagni ancora molto alti » .
Ruolo delle Banche centrali dunque al capolinea? « Abbiamo ridotto – dice Paul Brain, capo reddito fisso di Newton (Bny Mellon) - l’esposizione ai mercati in cui l’attività delle Banche centrali è quasi giunta al termine e si sta avvicinando il momento di un allentamento delle politiche fiscali. Fortunatamente, proprio questi mercati sono alcuni tra i più cari ( e a minor rendimenti). Ben più sensato, invece, detenere obbligazioni dai Paesi in cui ci sono ancora margini per nuovi stimoli monetari (come per esempio l’Australia). La prospettiva di un irripidimento della curva suggerisce per il momento una riduzione della duration, soprattutto sui titoli dell’Europa e della Gran Bretagna » .
le altre fonti di “guai”
Nei prossimi mesi ci saranno ulteriori appuntamenti potenzialmente destabilizzanti: scadenza del termine per formare il Governo in Spagna (fine settembre); decisione su rating del Portogallo da parte di Dbrs (24 ottobre); elezioni Usa (4 novembre), referendum costituzionale in Italia (forse a novembre); ulteriore decisione della Fed sui tassi di interesse. Se quelli relativi a Spagna e Portogallo potrebbero avere conseguenze soltanto sui mercati direttamente coinvolti, ben più importanti potrebbero essere gli appuntamenti di fine anno in Italia e in Usa.
scenario favorevole per i listini
Qualora tutto andasse per il meglio nell’ottica dei mercati ( Spagna con un nuovo governo, rating del Portogallo confermato, Hillary Clinton Presidente, vittoria dei sì al referendum in Italia e atteggiamento ancora accomodante della Fed), sarebbe plausibile attendersi una continuazione dei trend degli ultimi sei mesi: rendimenti sempre più schiacciati verso il basso, titoli dei mercati emergenti in tendenza positiva. Passato poi il pericolo di perdere l’ultimo giudizio investment-grade, le obbligazioni portoghesi potrebbero recuperare il terreno perduto negli ultimi mesi.
scenario avverso
Con tutti i risultati negativi, invece, anche i mercati obbligazionari potrebbero vivere una fase negativa. Se Italia, Spagna e Portogallo avrebbero specifici motivi di preoccupazione, i Paesi emergenti verrebbero colpiti doppiamente: da un lato dall’elezione di un Presidente Usa assai mal disposto verso molti di essi, dall’altro dall’atteggiamento più aggressivo della Fed. « L’eventuale vittoria di Donald Trump – conclude Ceccatelli - porrebbe gli investitori di fronte a una situazione di grande incertezza, con esiti incerti su dollaro e Treasuries ( i titoli di Stato statunitensi), soprattutto se il candidato repubblicano dovesse davvero dar seguito alle numerose proposte fatte in campagna elettorale in tema di economia e commercio estero » .
Infine, la vittoria dei “No” al referendum in Italia verrebbe interpretato come un segnale negativo sulla possibilità di effettuare riforme e lo spettro di un ritorno a situazioni simili al 2010-2013 tornerebbe a farsi possibile.