Il Sole 24 Ore

Libano, arte per la ricostruzi­one sociale ed economica

Banche in prima fila nel promuovere il contempora­neo

- Silvia Anna Barrilà

Durante la guerra civile in Libano, dal 1975 al 1990, l’arte è stata per molti una via di fuga dagli orrori della realtà. «Le inaugurazi­oni non sono mai state frequentat­e come allora» ricorda Nadine Majdalani Begdache della Galerie Janine Rubeiz di Beirut. Oggi, nonostante le difficoltà economiche e politiche – il paese non ha un presidente da due anni –, l’arte in Libano è uno strumento di ricostruzi­one sociale, economica e culturale. Ne sono convinte le banche che, in un paese in cui il Ministero della Cultura ha, secondo indiscrezi­oni, un budget di 810 milioni di dollari, alimentano gli eventi artistici e culturali. Per esempio, la Beirut Art Fair, la fiera per l’arte moderna e contempora­nea la cui 7ª edizione si è svolta dal 15 al 18 settembre con 45 gallerie, 23.000 visitatori, prezzi da 1.000 a 300.000 dollari e un totale di vendite di 3,2 milioni. Dalla prima edizione (che aveva registrato vendite per 800.000 $), main partner dell’evento è Bankmed che quest’anno ha sponsorizz­ato anche una mostra sulle artiste del Modernismo libanese con 114 opere e un valore assicurati­vo di 4 milioni di dollari. «Insieme alle assicurazi­oni siamo il settore trainante del paese ed è nostro compito riportarlo alla centralità anche artistica che aveva prima della guerra» spiega la direttrice marketing Diala Choucair. «Per questo accettiamo tra i partner della fiera anche i nostri concorrent­i». Si riferisce a Byblos Bank, che promuove un premio per la fotografia, e SGBL, partner per il primo anno con «Revealing», sezione per le giovani scoperte. Lo stesso presidente di SGBL Antoun Nabil Sehnaoui aprirà la sua collezione nella nuova sede della banca, un progetto di Renzo Piano. E non è il solo: hanno già inaugurato al pubblico le loro collezioni il palestines­e Rami El Nimer, Tony Salamé, fondatore della catena di grandi magazzini Aïshti, e gli assicurato­ri Abraham Karabajaki­an e Roger Akouri, che hanno una raccolta di moderni libanesi che include più di 60 tele del grande maestro Paul Guiragossi­an. Anche Dr. Ramzi Dalloul, investment banker, e suo figlio Basel Dalloul, fondatore di Noor, internet provider per il Nordafrica e il Medio Oriente, apriranno un museo per la loro collezione di più di 3.700 opere d’arte araba dal 900 a oggi. «L’arte di questa regione parla della guerra» spiega Basel Dalloul. «Gli artisti non devono andare alla ricerca di temi, come nel mondo occidental­e; parlano dei fatti che si svolgono intorno a loro e influenzan­o le loro vite». Per esempio Hanaa Malallah tratta la guerra in Iraq, Vera Tamari e Amer Shomali il destino dei palestines­i, Ayman Baalbaki la guerra civile in Libano. È lui il contempora­neo libanese più noto all’estero; le sue opere sono attualment­e esposte nel nuovo spazio del gallerista Saleh Barakat, tra i top a Beirut, con prezzi tra 18.000 e 200.000 $.

Anche l’Italia crede nella cultura e nell’arte contempora­nea come stru- mento per alimentare il dialogo con effetti positivi sui rapporti commercial­i (l’Italia nel 2015 è stata secondo partner commercial­e del Libano dopo la Cina). Infatti l’Istituto di cultura ha invitato le gallerie italiane alla fiera di Beirut offrendo viaggio, alloggio e trasporto delle opere. Ha raccolto l’invito la Galleria Pack di Milano che ha presentato opere di Matteo Basilè (8.500 e 17.500 €). In generale la Beirut Art Fair è un luogo per scoprire l’arte della regione, con gallerie da paesi come Algeria, Bahrain e Giordania. «Il governo agevola l’ingresso dell’arte nel paese togliendo la tassa sull’importazio­ne temporanea del 5%. L’Iva ordinaria è al 10%» spiega la direttrice dell’evento Laure d’Hauteville. «Ma il mercato è lento – dichiara Nadine Majdalani Begdache della Galerie Janine Rubeiz, – i collezioni­sti tendono a comprare i grandi nomi, ma esitano sui giovani da 10.000 dollari. Noi miriamo a esportare i nostri artisti». La sfida per lei ora è raccoglier­e il budget per il progetto da 900.000 dollari di Zad Moultaka per la Biennale di Venezia. «Non ci scoraggiam­o – dice –, siamo un popolo abituato a combattere».

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COURTESY SALEH BARAKAT GALLERY «Barakat Building» 2015-2016 di Ayman Baalbaki, tecnica mista su tela, 200 x 400 cm

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