Enel scommette sul business digitale La spinta sul fronte del cliente finale
L’utility conferma i target per il 2016: Ebitda ordinario a circa 15 miliardi Diversificazione e gestione attiva degli asset contro volatilità dei mercati
Incrementare, e diversificare, i clienti finali. In particolare nel mercato domestico (ma non solo). Inoltre: spingere la digitalizzazione del business. Sia nell’operatività interna (ad esempio sulle reti di trasmissione) sia riguardo la clientela stessa. Sono tra le priorità di Enel a sostegno del proprio business. Un’attività che, nel primo semestre del 2016, è stata caratterizzata dall’incremento della redditività: dall’Ebitda reported fino all’utile netto ordinario (+8,6%) la marginalità è salita. In un simile contesto la società ha alzato le stime sull’intero anno: da una parte il Mol ordinario (cioè al netto di tutte le partite relative a operazioni straordinarie quali acquisizioni o cessioni di aziende) è previsto intorno a 15 miliardi (in linea con l’esercizio precedente); dall’altra l’utile netto ordinario è stimato, per fine 2016, a circa 3,2 miliardi (2,88 miliardi nel 2015). Ciò detto deve ricordarsi che la prima riga di bilancio si è mossa in senso contrario alla redditività: i ricavi, sempre sul primo semestre del 2016, sono infatti calati. Qui però la società ricorda che il fatturato rappresenta un indicatore poco significativo. Ciò che deve monitorarsi, sottolinea Enel, è il modo in cui viene affrontato l’andamento dei prezzi delle commodity sia rispetto all’ottimizzazione dei costi che riguardo alle maggiori efficienze. In una parola: la redditività. La quale, per l’appunto, è aumentata. Al di là della dinamica del conto economico semestrale il risparmiatore è interessato anche al trend del debito. Il gruppo conferma la stima del debito netto a circa 38,2 miliardi per fine anno.
Incrementare, e diversificare, i clienti finali. In particolare nel mercato domestico (ma non solo). Inoltre: spingere la digitalizzazione del business. Sia nell’operatività interna (ad esempio sulle reti di trasmissione) sia riguardo la clientela stessa.
Sono tra le priorità di Enel a sostegno del proprio business. Un’attività che, nel primo semestre del 2016, è stata caratterizzata dall’incremento della redditività: dal reported Ebitda fino all’utile netto ordinario (+8,6%) la marginalità è salita. In un simile contesto la società ha alzato le stime sull’intero anno: da una parte il Mol ordinario (cioè al netto di tutte le partite relative a operazioni straordinarie quali acquisizioni o cessioni di aziende) è previsto intorno a 15 miliardi (in linea con l’esercizio precedente); dall’altra l’utile netto ordinario è stimato, per fine 2016, a circa 3,2 miliardi (2,88 miliardi nel 2015).
Ciò detto deve ricordarsi che la prima riga di bilancio si è mossa in senso contrario alla redditività: i ricavi, sempre sul primo semestre del 2016, sono infatti calati. Qui però la società ricorda che il fatturato rappresenta un indicatore poco significativo. Ciò che deve monitorarsi, sottolinea Enel, è il modo in cui viene affrontato l’andamento dei prezzi delle commodity sia rispetto all’ottimizzazione dei costi che riguardo alle maggiori efficienze. In una parola: la redditività. La quale, per l’appunto, è aumentata.
Al di là delle dinamiche di bilancio il risparmiatore è però interessato alle strategie future dell’azienda. Un obiettivo, per l’appunto,riguarda l’attività di vendita all’utente finale. Il tema concerne anche e soprattutto l’Italia ed è legato alla sovracapacità del sistema rispetto alla domanda. Una situazione che incide a diversi livelli sulla filiera elettrica. Così Enel, rispetto ad esempio alla produzione, da tempo ha affrontato il problema. Sono state chiuse, al fine di essere riconvertite, centrali per una potenza complessiva di circa 11 GigaWatt. L’obiettivo è arrivare ad eliminare ulteriori 2 GigaWatt.
Ciò detto, però, la multinazionale punta anche ad eliminare il gap tra produzione in essere e domanda stessa. Alla fine del 2015 l’offerta era saturata per 41,5 TeraWatt. Gli analisti, al 2019, attendeno che il livello di saturazione sia portato a circa 60 TeraWatt. In che modo? Attraverso l’aumento e la diversificazione, sfruttando la stessa futura liberalizzazione del mercato, degli utenti. Cioè: l’obiettivo non è solamente incrementare i clienti; bensì averne di più nel settore business (in particolare, imprese medio-grandi).
Fin qui alcune considerazioni riferite all’utente. Quali, invece, le prospettive sul fronte della digitalizzazione? La strategia, in questo caso, coinvolge sia il business aziendale che il cliente. Così, rispetto all’operatività del gruppo, può ad esempio ricordarsi l’uso dei big data e del cloud computing nella manutenzione ordinaria predittiva. Vale a dire: la digitalizzazione consente, anche con l’utilizzo di droni, da un lato di monitorare specifiche parti della rete sottoposte a più alta usura (tra queste le pale eoliche). E, dall’altro, di sostituirle prima dell’eventuale guasto. Una strategia che permette di ridurre i costi e aumentare l’efficienza.
Già, aumentare l’efficienza. L’indicazione è condivisibile. Tuttavia, al di là delle buone intenzioni, il risparmiatore è interessato a sapere se, e in quale misura, la descritta strategia ha una sua reale efficacia.
L’azienda risponde che può guardarsi alla dinamica, oltre che degli Opex, delle cosiddette Manteinance Capex. Cioè: gli investimenti capitalizzati per la manutenzione dell’infrastruttura. Ebbene: i Capex, a parità di mantenimento dell’efficienza tecnico-operativa del network, nel primo semestre del 2016 sono diminuiti (-14%). In tal senso Enel conferma, da una parte, l’obiettivo a fine 2016 del Capital expenditure per la manutenzione a 3,1 miliardi. E dall’altro di essere in linea con il target al 2019, sempre rispetto a questa voce contabile, di 2,8 miliardi. Un valore che, unito agli 8,3 miliardi (sempre al 2019) di Opex, implica un esborso complessivo previsto di 11,1 miliardi (erano stati 12,9 nel 2014). Insomma, conclude l’utility, l’efficientamento operativo e i ri- sparmi sono nei numeri.
Ma non è solamente il lato dell’azienda. La digitalizzazione riguarda anche il fronte del cliente. Qui deve ricordarsi il progetto d’installazione, a partire dall’autunno prossimo, dei contatori di seconda generazione . Una tecnologia che da un lato, ovviamente, incrementa l’efficienza di rete. Ma, dall’altro, permettendo tra le altre cose la rilevazione dei dati più immediata, potrà essere sfruttata dall’utente finale per risparmiare sulla bolletta.
Fin qui alcune considerazioni sulle strategie future del gruppo. L’attività di Enel, però, è articolata. Così un angolo visuale per analizzarla può essere quello delle aree geografiche di business. In tal senso l’utility italiana è divisa nel seguente modo: Italia e Penisola Iberica; poi America Latina e Europa dell’Est. Infine: il business trasversale delle energie rinnovabili. Vale a dire il «Global renawable enegies» cui è stata ricondotta Enel green power dopo il recente delisting. Ebbene: al di là dell’impatto negativo dei cambi valutari (392 milioni sull’Ebitda), il Sudamerica è l’area che maggiormente ha spinto, nel primo semestre, la redditività complessiva (605 milioni di Mol aggiuntivo). Il dato non stupisce. Al di là del riassetto societario laggiù in corso (vedere domanda a fianco), l’America Latina costituisce da tempo un’area di crescita per Enel. Sia sul fronte delle reti di trasmissione che su quello delle rinnovabili.
Ciò detto, però, il risparmiatore esprime un dubbio. Il Brasile è in forte recessione. Una si- tuazione che, a fronte dell’importanza di quel mercato per Enel, può creare problemi allo sviluppo del business. L’utility non condivide la preoccupazione. Il Paese Carioca ha ormai una classe media di 30-40 milioni di persone con una dinamica di crescita che sopravanza il trend generale. Un fenomeno, unito alla crescente urbanizzazione (trasversale a molti emergenti) che offre opportunità di business. Quindi, pur consapevole della situazione, Enel sottolinea che della questione ce se ne occupa e non preoccupa.
La considerazione è sensata. Tuttavia, più in generale rispetto agli emerging, può ulteriormente obiettarsi che la reddività in alcuni di questi Paesi ha affrontato difficoltà (ad esempio, in Russia). Vero! E però, sottolineano diversi esperti, il saldo complessivo del Mol della società è in aumento. Vale a dire:l’incremento in alcuni Stati più che controbilancia il calo in altri. Inoltre gli analisti ricordano la strategia d’investimenti «granulari» del gruppo. Cioè: l’impegnarsi in asset e progetti, normalmente non di grandi dimensioni, che da una parte comportano tempi d’esecuzione veloci; e dall’ altra consentono la flessibilità per adeguarsi all’evolversi della situazione. Il meccanismo è trasversale a tutti i mercati della multinazionale. E però a maggior ragione negli emergenti, seppure ognuno di questi Paesi fa storia a sé, trova una sua più efficace applicazione.
Dal Sudamerica ai Paesi dell’Europa Occidentale. Su questo fronte l’Italia (189 milioni) e Iberia (+16 milioni) hanno dato un positivo contributo ai margini. In particolare, nel mercato domestico, la spinta in più è arrivata dal business «Retail». Un segmento che, per l’appunto, è tra i focus aziendali a sostegno dell’attività della multinazionale italiana.
Già, l’attività della multinazionale italiana . A ben vedere quella legata alle fonti rinnovabili, nel primo semestre del 2016, ha visto la redditività rallentare. Il che stupisce. Le fonti «Renewable», secondo il piano d’impresa 2015-2019, dovrebbero costituire la marcia in più della redditività complessiva dell’utility. Dei 7,2 miliardi di Mol cumulato di crescita il 49% è infatti atteso dalle rinnovabili. Il trend nel primo semestre, quindi, crea il dubbio.
Enel rigetta la preoccupazione. A fine del 2015 circa il 36% delle «Renewables» era esposta alle dinamiche dei prezzi di mercato. Di conseguenza il calo dei listini, soprattutto in Italia e Iberia, ha pesato. Tuttavia, indica Enel, da un lato la dinamica descritta va rallentando. E, dall’altro, nelle rinnovabili viene via via installata nuova capacità. Un combinato disposto che induce ad ipotizzare come il gap del primo semestre 2016, rispetto allo stesso periodo del 2015, possa essere più che controbilanciato. Tanto che la società, per fine, 2016 conferma l’obiettivo di un Mol nelle «rinnovabili» di circa 2 miliardi (era stato 1,7 miliardi nel 2015). A fronte di un simile scenario l’utility, oltre ai già citati target sulla redditività, ribadisce l’obiettivo sul debito netto: a fine 2016 dovrebbe assestarsi a circa 38,2 miliardi.
LO SCENARIO Il gruppo in linea con i tempi per il riassetto in America Latina Nel primo semestre redditività debole per le rinnovabili: nella seconda parte dell’anno è però prevista la ripresa