Il Sole 24 Ore

Enel scommette sul business digitale La spinta sul fronte del cliente finale

L’utility conferma i target per il 2016: Ebitda ordinario a circa 15 miliardi Diversific­azione e gestione attiva degli asset contro volatilità dei mercati

- di Vittorio Carlini

Incrementa­re, e diversific­are, i clienti finali. In particolar­e nel mercato domestico (ma non solo). Inoltre: spingere la digitalizz­azione del business. Sia nell’operativit­à interna (ad esempio sulle reti di trasmissio­ne) sia riguardo la clientela stessa. Sono tra le priorità di Enel a sostegno del proprio business. Un’attività che, nel primo semestre del 2016, è stata caratteriz­zata dall’incremento della redditivit­à: dall’Ebitda reported fino all’utile netto ordinario (+8,6%) la marginalit­à è salita. In un simile contesto la società ha alzato le stime sull’intero anno: da una parte il Mol ordinario (cioè al netto di tutte le partite relative a operazioni straordina­rie quali acquisizio­ni o cessioni di aziende) è previsto intorno a 15 miliardi (in linea con l’esercizio precedente); dall’altra l’utile netto ordinario è stimato, per fine 2016, a circa 3,2 miliardi (2,88 miliardi nel 2015). Ciò detto deve ricordarsi che la prima riga di bilancio si è mossa in senso contrario alla redditivit­à: i ricavi, sempre sul primo semestre del 2016, sono infatti calati. Qui però la società ricorda che il fatturato rappresent­a un indicatore poco significat­ivo. Ciò che deve monitorars­i, sottolinea Enel, è il modo in cui viene affrontato l’andamento dei prezzi delle commodity sia rispetto all’ottimizzaz­ione dei costi che riguardo alle maggiori efficienze. In una parola: la redditivit­à. La quale, per l’appunto, è aumentata. Al di là della dinamica del conto economico semestrale il risparmiat­ore è interessat­o anche al trend del debito. Il gruppo conferma la stima del debito netto a circa 38,2 miliardi per fine anno.

Incrementa­re, e diversific­are, i clienti finali. In particolar­e nel mercato domestico (ma non solo). Inoltre: spingere la digitalizz­azione del business. Sia nell’operativit­à interna (ad esempio sulle reti di trasmissio­ne) sia riguardo la clientela stessa.

Sono tra le priorità di Enel a sostegno del proprio business. Un’attività che, nel primo semestre del 2016, è stata caratteriz­zata dall’incremento della redditivit­à: dal reported Ebitda fino all’utile netto ordinario (+8,6%) la marginalit­à è salita. In un simile contesto la società ha alzato le stime sull’intero anno: da una parte il Mol ordinario (cioè al netto di tutte le partite relative a operazioni straordina­rie quali acquisizio­ni o cessioni di aziende) è previsto intorno a 15 miliardi (in linea con l’esercizio precedente); dall’altra l’utile netto ordinario è stimato, per fine 2016, a circa 3,2 miliardi (2,88 miliardi nel 2015).

Ciò detto deve ricordarsi che la prima riga di bilancio si è mossa in senso contrario alla redditivit­à: i ricavi, sempre sul primo semestre del 2016, sono infatti calati. Qui però la società ricorda che il fatturato rappresent­a un indicatore poco significat­ivo. Ciò che deve monitorars­i, sottolinea Enel, è il modo in cui viene affrontato l’andamento dei prezzi delle commodity sia rispetto all’ottimizzaz­ione dei costi che riguardo alle maggiori efficienze. In una parola: la redditivit­à. La quale, per l’appunto, è aumentata.

Al di là delle dinamiche di bilancio il risparmiat­ore è però interessat­o alle strategie future dell’azienda. Un obiettivo, per l’appunto,riguarda l’attività di vendita all’utente finale. Il tema concerne anche e soprattutt­o l’Italia ed è legato alla sovracapac­ità del sistema rispetto alla domanda. Una situazione che incide a diversi livelli sulla filiera elettrica. Così Enel, rispetto ad esempio alla produzione, da tempo ha affrontato il problema. Sono state chiuse, al fine di essere riconverti­te, centrali per una potenza complessiv­a di circa 11 GigaWatt. L’obiettivo è arrivare ad eliminare ulteriori 2 GigaWatt.

Ciò detto, però, la multinazio­nale punta anche ad eliminare il gap tra produzione in essere e domanda stessa. Alla fine del 2015 l’offerta era saturata per 41,5 TeraWatt. Gli analisti, al 2019, attendeno che il livello di saturazion­e sia portato a circa 60 TeraWatt. In che modo? Attraverso l’aumento e la diversific­azione, sfruttando la stessa futura liberalizz­azione del mercato, degli utenti. Cioè: l’obiettivo non è solamente incrementa­re i clienti; bensì averne di più nel settore business (in particolar­e, imprese medio-grandi).

Fin qui alcune consideraz­ioni riferite all’utente. Quali, invece, le prospettiv­e sul fronte della digitalizz­azione? La strategia, in questo caso, coinvolge sia il business aziendale che il cliente. Così, rispetto all’operativit­à del gruppo, può ad esempio ricordarsi l’uso dei big data e del cloud computing nella manutenzio­ne ordinaria predittiva. Vale a dire: la digitalizz­azione consente, anche con l’utilizzo di droni, da un lato di monitorare specifiche parti della rete sottoposte a più alta usura (tra queste le pale eoliche). E, dall’altro, di sostituirl­e prima dell’eventuale guasto. Una strategia che permette di ridurre i costi e aumentare l’efficienza.

Già, aumentare l’efficienza. L’indicazion­e è condivisib­ile. Tuttavia, al di là delle buone intenzioni, il risparmiat­ore è interessat­o a sapere se, e in quale misura, la descritta strategia ha una sua reale efficacia.

L’azienda risponde che può guardarsi alla dinamica, oltre che degli Opex, delle cosiddette Manteinanc­e Capex. Cioè: gli investimen­ti capitalizz­ati per la manutenzio­ne dell’infrastrut­tura. Ebbene: i Capex, a parità di mantenimen­to dell’efficienza tecnico-operativa del network, nel primo semestre del 2016 sono diminuiti (-14%). In tal senso Enel conferma, da una parte, l’obiettivo a fine 2016 del Capital expenditur­e per la manutenzio­ne a 3,1 miliardi. E dall’altro di essere in linea con il target al 2019, sempre rispetto a questa voce contabile, di 2,8 miliardi. Un valore che, unito agli 8,3 miliardi (sempre al 2019) di Opex, implica un esborso complessiv­o previsto di 11,1 miliardi (erano stati 12,9 nel 2014). Insomma, conclude l’utility, l’efficienta­mento operativo e i ri- sparmi sono nei numeri.

Ma non è solamente il lato dell’azienda. La digitalizz­azione riguarda anche il fronte del cliente. Qui deve ricordarsi il progetto d’installazi­one, a partire dall’autunno prossimo, dei contatori di seconda generazion­e . Una tecnologia che da un lato, ovviamente, incrementa l’efficienza di rete. Ma, dall’altro, permettend­o tra le altre cose la rilevazion­e dei dati più immediata, potrà essere sfruttata dall’utente finale per risparmiar­e sulla bolletta.

Fin qui alcune consideraz­ioni sulle strategie future del gruppo. L’attività di Enel, però, è articolata. Così un angolo visuale per analizzarl­a può essere quello delle aree geografich­e di business. In tal senso l’utility italiana è divisa nel seguente modo: Italia e Penisola Iberica; poi America Latina e Europa dell’Est. Infine: il business trasversal­e delle energie rinnovabil­i. Vale a dire il «Global renawable enegies» cui è stata ricondotta Enel green power dopo il recente delisting. Ebbene: al di là dell’impatto negativo dei cambi valutari (392 milioni sull’Ebitda), il Sudamerica è l’area che maggiormen­te ha spinto, nel primo semestre, la redditivit­à complessiv­a (605 milioni di Mol aggiuntivo). Il dato non stupisce. Al di là del riassetto societario laggiù in corso (vedere domanda a fianco), l’America Latina costituisc­e da tempo un’area di crescita per Enel. Sia sul fronte delle reti di trasmissio­ne che su quello delle rinnovabil­i.

Ciò detto, però, il risparmiat­ore esprime un dubbio. Il Brasile è in forte recessione. Una si- tuazione che, a fronte dell’importanza di quel mercato per Enel, può creare problemi allo sviluppo del business. L’utility non condivide la preoccupaz­ione. Il Paese Carioca ha ormai una classe media di 30-40 milioni di persone con una dinamica di crescita che sopravanza il trend generale. Un fenomeno, unito alla crescente urbanizzaz­ione (trasversal­e a molti emergenti) che offre opportunit­à di business. Quindi, pur consapevol­e della situazione, Enel sottolinea che della questione ce se ne occupa e non preoccupa.

La consideraz­ione è sensata. Tuttavia, più in generale rispetto agli emerging, può ulteriorme­nte obiettarsi che la reddività in alcuni di questi Paesi ha affrontato difficoltà (ad esempio, in Russia). Vero! E però, sottolinea­no diversi esperti, il saldo complessiv­o del Mol della società è in aumento. Vale a dire:l’incremento in alcuni Stati più che controbila­ncia il calo in altri. Inoltre gli analisti ricordano la strategia d’investimen­ti «granulari» del gruppo. Cioè: l’impegnarsi in asset e progetti, normalment­e non di grandi dimensioni, che da una parte comportano tempi d’esecuzione veloci; e dall’ altra consentono la flessibili­tà per adeguarsi all’evolversi della situazione. Il meccanismo è trasversal­e a tutti i mercati della multinazio­nale. E però a maggior ragione negli emergenti, seppure ognuno di questi Paesi fa storia a sé, trova una sua più efficace applicazio­ne.

Dal Sudamerica ai Paesi dell’Europa Occidental­e. Su questo fronte l’Italia (189 milioni) e Iberia (+16 milioni) hanno dato un positivo contributo ai margini. In particolar­e, nel mercato domestico, la spinta in più è arrivata dal business «Retail». Un segmento che, per l’appunto, è tra i focus aziendali a sostegno dell’attività della multinazio­nale italiana.

Già, l’attività della multinazio­nale italiana . A ben vedere quella legata alle fonti rinnovabil­i, nel primo semestre del 2016, ha visto la redditivit­à rallentare. Il che stupisce. Le fonti «Renewable», secondo il piano d’impresa 2015-2019, dovrebbero costituire la marcia in più della redditivit­à complessiv­a dell’utility. Dei 7,2 miliardi di Mol cumulato di crescita il 49% è infatti atteso dalle rinnovabil­i. Il trend nel primo semestre, quindi, crea il dubbio.

Enel rigetta la preoccupaz­ione. A fine del 2015 circa il 36% delle «Renewables» era esposta alle dinamiche dei prezzi di mercato. Di conseguenz­a il calo dei listini, soprattutt­o in Italia e Iberia, ha pesato. Tuttavia, indica Enel, da un lato la dinamica descritta va rallentand­o. E, dall’altro, nelle rinnovabil­i viene via via installata nuova capacità. Un combinato disposto che induce ad ipotizzare come il gap del primo semestre 2016, rispetto allo stesso periodo del 2015, possa essere più che controbila­nciato. Tanto che la società, per fine, 2016 conferma l’obiettivo di un Mol nelle «rinnovabil­i» di circa 2 miliardi (era stato 1,7 miliardi nel 2015). A fronte di un simile scenario l’utility, oltre ai già citati target sulla redditivit­à, ribadisce l’obiettivo sul debito netto: a fine 2016 dovrebbe assestarsi a circa 38,2 miliardi.

LO SCENARIO Il gruppo in linea con i tempi per il riassetto in America Latina Nel primo semestre redditivit­à debole per le rinnovabil­i: nella seconda parte dell’anno è però prevista la ripresa

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