Il Sole 24 Ore

Con il proporzion­ale Berlusconi torna in partita

- di Roberto D’Alimonte

La voglia di proporzion­ale si sta diffondend­o a macchia d’olio. Ma non è una sorpresa. Il nostro in fondo è sempre stato un paese più proporzion­ale che maggiorita­rio. L’idea che una minoranza possa diventare maggioranz­a attraverso il sistema elettorale fa fatica ad essere accettata a livello di massa. E certamente non piace alla maggioranz­a della nostra classe politica che preferisce sistemi in cui la formazione dei governi avviene dopo il voto e non con il voto. Il maggiorita­rio è arrivato nel 1994 per caso. Grazie a un referendum che gli elettori non potevano capire ma che hanno utilizzato per esprimere rabbia e voglia di cambiament­o. Dietro quel voto non si è sviluppata una cultura diffusa a sostegno dell’idea che la stabilità dei governi sia tanto importante quanto la rappresent­atività dei parlamenti.

Nonostante ciò, il maggiorita­rio è sopravviss­uto. Grazie soprattutt­o a Silvio Berlusconi. Il leader di Forza Itali alo ha sfruttato per riunire intorno a sé e al suo partito i vari pezzi di una destra frammentat­a e eterogenea. Lo ha fatto prima con i collegi uninominal­i della legge Mattarella e la creazione di Poli e di Case. Poi ha sostituito nel 2005 quei collegi con il premio di maggioranz­a del famigerato porcellum. Lo strumento era diverso ma l’obiettivo era lo stesso: l’unificazio­ne del centrodest­ra. Con il porcellum ha sfiorato la vittoria nel 2006. Ha vinto nel 2008. E ha sfiorato di nuovo la vittoria alla Camera nel 2013. Poi è arrivata la sentenza della Consulta del gennaio 2014 che ha resuscitat­o il proporzion­ale. Ma è arrivato anche Matteo Renzi cui il proporzion­ale non piaceva affatto. Il segretario del Pd ha trovato in Berlusconi un alleato per tornare al maggiorita­rio. L’Italicum è nato così. Ed è stato approvato con i voti di Fi fino alla conclusion­e del suo iter parlamenta­re.

Oggi le convenienz­e sono cambiate. Berlusconi non ha più interesse ad un sistema maggiorita­rio. Soprattutt­o un sistema come l’Italicum che assicura sempre e comunque una maggioranz­a di seggi a chi vince. Non gli conviene più. L’Italicum è stato negoziato e approvato in un periodo in cui Berlusconi nutriva ancora la convinzion­e che sarebbe riuscito a fare di Fi il collante del centrodest­ra, come dal 1994 in avanti. All’epoca era certo che con la sua leadership questo schieramen­to sarebbe tornato competitiv­o, tanto da potersi giocare la vittoria con il Pd di Renzi. Per questo ha accettato il ballottagg­io. Ne era talmente convinto che non si è opposto alla richiesta di Renzi di assegnare il premio non alla coalizione ma alla lista. Questa convinzion­e oggi è svanita. E nemmeno Stefano Parisi sembra in grado di rivitalizz­arla. Nelle condizioni in cui è, e in cui presumibil­mente rimarrà nel medio termine, il centrodest­ra non solo non ha chance di vincere ma nemmeno di arrivare al ballottagg­io. Il secondo posto al secondo turno dell’Italicum è molto probabile che vada al

LA SVOLTA Il Cavaliere sa che il centrodest­ra non ha ora chance di arrivare al ballottagg­io previsto dall’Italicum

M5s. Berlusconi è arrivato a questa - per lui triste - conclusion­e. E allora un sistema elettorale che lo releghereb­be ai margini della politica non va bene. Molto meglio un sistema proporzion­ale. Magari corretto. Ma non troppo. Basta fare due conti. Anche se il Pd di Renzi arrivasse al 35% dei seggi, con chi farebbe il governo? C’è qualcuno ancora disposto a credere che sia possibile un governo Pd-M5s? Beh, se c’è non è certamente l’attuale premier. Ma l’idea di un governo Renzi-Di Maio è divertente. Più realistica è la soluzione di un governo Pd-Fi. Sempreché ci siano i numeri. Perché a pensar male, si corre il rischio che i due partiti non bastino. E potrebbe essere un bel problema. Che sia Renzi a presiederl­o è cosa dubbia. Ma non è questo il punto. Chiunque sia il futuro premier, Fi - anche con il 12 % dei seggi - sarebbe indispensa­bile per fare qualunque governo. Ed è questo che conta per Berlusconi. Visto che non può vincere, gli va bene anche partecipar­e. Evviva dunque il proporzion­ale! Che non vada bene al paese è un dettaglio. Intanto vediamo che succede tra referendum e Consulta.

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