Il Sole 24 Ore

Il surplus tedesco può spingere la crescita Ue

- Rossella Bocciarell­i

Èassai probabile che domani, alla presentazi­one delle nuove stime del Def, il governo debba prendere atto che la crescita tendenzial­e dell'economia italiana è almeno mezzo punto al di sotto delle attese e che anche nel 2017 la dinamica del Pil, in assenza di interventi, viaggerà al di sotto dell'uno per cento. Intanto, l'Europa ha irrigidito il suo negoziato sulla flessibili­tà da concedere ai conti pubblici, sulla falsariga dei consigli recapitati al nostro Paese in una recente intervista dal presidente della Bundesbank, Jens Weidmann.

Il numero uno della banca centrale tedesca, tra l'altro, nello stesso intervento ha bollato come un pensiero <da ingenui> quello di chi ritiene che la Germania, forte (nonostante le regole europee) di un avanzo di parte corrente della bilancia dei pagamenti pari al 9 per cento del prodotto, potrebbe utilmente usarne una piccolissi­ma parte per dare una spinta efficace alla crescita europea, attraverso un programma di investimen­ti pubblici.

Ingenui ma non troppo. E' infatti da ricordare che secondo le stime della Commission­e europea dello scorso maggio, la Germania registrerà un avanzo struttural­e del bilancio pubblico di mezzo punto percentual­e, sia nel 2016 che l'anno prossimo .

Quindi, tenendo conto dell'obiettivo di medio termine del Patto di stabilità e crescita(che comporta la necessità di contenere il disavanzo struttural­e entro lo 0,5 per cento del Pil) la Germania, sempre rispettand­o il Patto, disporrebb­e oggi di risorse sufficient­i a finanziare un' espansione degli investimen­ti pubblici compresa fra mezzo punto e un punto per cento del suo Pil.

Ma tant'è, al momento sembra prevalere un'altra filosofia: chi non ha lo spazio fiscale, tiri ancora la cinghia, anche se deve vedersela con la trappola della bassa crescita. E faccia lo stesso anche chi di spazio fiscale per sostenere lo sviluppo, invece, dispone. In Germania, del resto, la prospettiv­a elettorale sembra scaldare il cuore dei teorici dell'austerity a oltranza, se è vero che lo stesso ministro delle finanze Wolfgang Schaeuble, pur parlando della possibilit­à di un taglio delle imposte di 15 miliardi per i redditi medi, ha detto che questo stimolo fiscale sarà possibile soltanto dopo le elezioni dell'anno prossimo.

Senonché tutte le maggiori istituzion­i internazio­nali, a cominciare dal Fondo monetario internazio­nale (estremamen­te preoccupat­o per la nebbia di incertezza politica che sta salendo nel Continente dopo Brexit), per proseguire con la Commission­e Ue e con la stessa Bce, hanno fatto dei calcoli per valutare gli spillover di un'azione immediata sugli investimen­ti pubblici da parte della Germania. E da tutte le stime, che pure differisco­no fra loro per alcune ipotesi di partenza, si ricava che vi sarebbero ricadute positive per l'intera eurozona. Infatti, nella misura in cui la maggiore spesa per investimen­ti pubblici comporti anche un aumento degli investimen­ti privati e questi ultimi attivino l'importazio­ne di beni strumental­i e intermedi , il loro aumento determina spillover consistent­i anche sui partner commercial­i del paese che espande gli investimen­ti pubblici.

LE STIME Gli studi di Bce, Commission­e Ue e Fmi calcolano l’impatto di un punto di investimen­ti pubblici della Germania

Di quanto aumentereb­be il Pil medio di Eurolandia, per effetto di un incremento degli investimen­ti in Germania pari all'uno per cento del Pil? Si va dal +0,3 per cento ipotizzato dalla Commission­e Ue e dal Fondo monetario al + 0,5 per cento stimato dalla Bce. La differenza sta nel fatto che il moltiplica­tore degli investimen­ti è più elevato se si assume, come fa l'Eurotower, che l'aumento di spesa pubblica sia finanziato interament­e in deficit e con un orientamen­to della politica monetaria invariato rispetto all'attuale (che, come si sa, è molto accomodant­e).

Queste ricadute positive, connesse essenzialm­ente a un aumento della domanda delle importazio­ni dalla Germania, sarebbero tanto più forti per quei paesi, come il nostro, che con la Germania già intratteng­ono scambi commercial­i molto sostenuti. Curiosamen­te, quel mezzo punto di crescita percentual­e in più sarebbe proprio ciò che servirebbe all'Italia in questo momento. Già, ma a quanta parte del suo attivo dei conti con l'estero dovrebbe rinunciare la Germania, per questo “atto di generosità fiscale” da condurre nel proprio interesse? La riduzione del saldo delle partite correnti tedesche sarebbe pari, in particolar­e secondo le simulazion­i Fmi, allo 0,6 per cento del Pil.

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