Il 20% del risparmio alle imprese entro il 2020
C ’è un obiettivo ambizioso, forse anche più dei 10 miliardi di investimenti aggiuntivi, nel programma Industria 4.0 del governo. Nelle pieghe del piano si indica nel 20% la quota di risparmio nazionale che nel 2020 dovrà essere destinata ad azioni e bond di società italiane, quasi il doppio dei livelli attuali. Questo salto significativo del mercato dei capitali dovrebbe avvenire con il sostegno di un insieme di misure, in parte inedite e in parte già preannunciate nei mesi scorsi quando si ipotizzava un decreto specifico per le iniziative che vanno sotto il nome di “finanza per la crescita”.
È un elemento nevralgico delle politiche per la crescita di questo governo, ma è anche un compito particolarmente complesso. L’esperienza dei minibond ha dimostrato che non sempre una stratificazione di norme, anche a distanza ravvicinata, può spostare grandi numeri. Sulle politiche per le startup, quantomeno sulla moltiplicazione di incen- tivi dedicati, si è mostrato scettico il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda dopo che tra l’altro anche uno dei suoi predecessori, Corrado Passera, firmatario dei primi decreti in questo campo, ha espresso qualche dubbio su una notevole crescita di nuove imprese cui non ha corrisposto un vero sviluppo di investimenti. Da qualche mese, tra ministero dell’Economia e ministero dello Sviluppo, si stanno studiando interventi alternativi - tra rafforzamento di sgravi esistenti, nuove agevolazioni fiscali per il risparmio privato e fondi per il venture capital - che dovrebbero confluire nella legge di bilancio.
In base agli ultimi dati consolidati il risparmio nazionale - includendo fondi aperti, fondi pensione e piani assicurativi - ha raggiunto circa 1.100 miliardi, di cui solo il 6% diretto verso azioni di società italiane quotate e altrettanto verso obbligazioni emesse da imprese italiane. Il restante 88% finisce immobilizzato tra titoli di Stato o prende la via dell’estero. Entro il 2020, si propone ora il governo, favoriti anche da ren- dimenti sempre meno accattivanti dei titoli di Stato, bisognerà raggiungere il 10% per ciascuna delle due fette della torta, azioni e bond. Un 20% totale che significherebbe quasi 220 miliardi per l’economia reale a fronte dei 130 che affluiscono attualmente.
In cantiere ci sono innanzitutto i Pir (piani individuali di risparmio), prodotti di investimento ad hoc nelle Pmi, che in base alle prime ipotesi consentirebbero un’esenzione d’imposta fino a 30mila euro l’anno, nei limiti di 150 mila euro cumulati e per investimenti mantenuti per almeno tre anni. Arriveranno anche le “aziende sponsor”, che saranno invogliate a investire nelle startup dalla possibilità di assorbirne le perdite per i primi quattro anni. Diventeranno poi più appetibili gli sgravi già in vigore: oggi i contribuenti benefi- ciano di una detrazione fiscale del 19% per investimenti fino a 500mila euro, il piano prevede invece di salire al 30% per investimenti fino a 1 milione.
Merita un discorso a parte il capitolo sul venture capital. Anche qui l’Italia gioca da comprimario. Per Aifi, l’associazione del private equity, paghiamo soprattutto l’onerosità della regolamentazione per gli operatori più piccoli e più di recente l’aumento dell’imposizione sul rendimento dei risparmi previdenziali. Il risultato è che con 130 milioni di investimenti early stage (il capitale di rischio investito nelle prime fasi di vita di un'impresa) siamo lontanissimi da Paesi come Germania (780) e Spagna ( 530) per non parlare di Regno Unito o Stati Uniti. Nel piano, con grande coraggio, si indica la cifra di 1 miliardo come obiettivo al 2020, confidan- do in buona parte in un ruolo proattivo della Cassa depositi e prestiti che dovrebbe contribuire per 500 milioni al pacchetto Industria 4.0.
Si pensa ad esempio di mobilitare risorse della Cassa e forse del Fondo italiano d’investimento in un Fondo che coinvesta in fondi diretti o indiretti (fondi di fondi) lungo tutte le fasi di nascita e sviluppo di startup. La stessa Cdp, coinvolgendo soggetti istituzionali e investitori internazionali, dovrebbe promuovere fondi di investimento dedicati all’industrializzazione di idee e brevetti hi-tech. E a disposizione di investimenti in industry 4.0 la Cassa depositi e prestiti istituirà una sezione specifica del Fondo rotativo per le imprese che oggi ha complessivamente una dotazione di 3 miliardi.
MERCATO DEI CAPITALI Ruolo attivo per la Cassa depositi e prestiti che investirà per l’industria innovativa 500 milioni. Un Fondo per partnership nel venture capital