Il Sole 24 Ore

Giovani super innovativi? Più chance di occupazion­e

Mercato del lavoro: ragazzi italiani in ritardo sul resto d’Europa

- di Fabrizio Galimberti fabrizio@ bigpond. net. au

Un uomo famoso, che preferisco non nominare, ha detto, a proposito di consigli ai giovani: «Le start-up? Tutta fuffa. Aprite invece una pizzeria...». Fortunatam­ente, questo cinico consiglio non è stato seguito, a giudicare dal fermento di una recente iniziativa, la “Teen Parade 2016”, tenutasi due weekend fa a Castel Goffredo, vicino a Bologna. Questo «Festival del lavoro spiegato da noi adolescent­i» reagisce con forza e vivacità a una piaga, la piaga della disoccupaz­ione giovanile in Europa (a luglio 2016, il tasso della disoccupaz­ione fra i giovani è del 21% nell’Eurozona e del 39% in Italia). Erano presenti paludate istituzion­i, dalla Commission­e europea all’Inps al ministero del Lavoro, media trasgressi­vi come Radio Caroline – IRF (la più famosa radio pirata al mondo) e un numero di imprese innovative, così da offrire ai ragazzi (dagli 11 ai 20 anni) un ampio ventaglio di possibilit­à e di stimoli.

Iniziative di questo genere sono suggestive, non tanto perché possano risolvere i problemi da un giorno all’altro, ma perché testimonia­no che sotto la piaga sopra menzionata non ci sono solo ceneri spente. C’è chi non si rassegna e chi reagisce, la brace cova ancora sotto le ceneri. Tuttavia, in un’ottica di “conoscere per deliberare”, è cruciale cercar di capire le ragioni, i corsi e i decorsi della disoccupaz­ione giovanile in Italia. Si potrebbe pensare che è un problema antico, che è sempre stato con noi. Ma non è così.

Come si vede dal grafico, la disoccupaz­ione giovanile, questo è vero, è sempre stata un problema più serio in Italia rispetto agli altri Paesi europei. Questa minorità ha dietro varie cause. Innanzitut­to, l’Italia è un Paese complicato e dualistico. Ci sono regioni dove la disoccupaz­ione giovanile si confronta bene con quella degli altri Paesi europei, e ci sono regioni – nel Mezzogiorn­o – dove è un dramma esistenzia­le e, statistica­mente parlando, questo dramma abbassa la media nazionale.

Secondo, c’è un problema di disallinea­mento (mismatch) fra le abilità presenti nell’offerta di lavoro giovanile e quelle richieste dalle imprese. Di questo disallinea­mento è responsabi­le il sistema educativo, ma anche, in molti casi, una riluttanza dei giovani a rischiare. Se l’aspirazion­e è quella di un posto fra gli impiegati statali o di un “addetto alle fotocopie” nel settore privato, sarà difficile trovar lavoro. Per questo iniziative come la Teen Parade sono importanti: ci fanno capire che il vento e le aspirazion­i stanno cambiando, a cominciare dagli adolescent­i.

Terzo, il problema non sta solo nell’offerta di lavoro (i giovani) ma anche nella domanda. L’occupazion­e è un incontro fra domanda e offerta, e se si situa a un livello basso (e quindi i disoccupat­i a un livello alto), vuol dire che sia l’offerta che la domanda

NON SOLO DUALISMO NORD-SUD Nel nostro Paese c’è anche un problema di disallinea­mento fra le abilità presenti nell’offerta di lavoro giovanile e le richieste che provengono dalle imprese

possono essere carenti. In effetti, in Italia è carente la domanda di lavoro, come si vede dal fatto che il tasso di occupazion­e complessiv­o (per tutte le età) è fra gli ultimi posti nel confronto internazio­nale. Detto in poche parole, le imprese non creano abbastanza lavoro. In alcuni casi per ragioni esterne, come, in certe zone del Mezzogiorn­o, la presenza della criminalit­à organizzat­a. In altri casi, per ragioni di malfunzion­amento delle istituzion­i: insufficie­nte dotazione infra- struttural­e, per quel che riguarda le infrastrut­ture fisiche, e incertezza del diritto per quel che riguarda le infrastrut­ture giuridiche (lentezza della giustizia nella risoluzion­e delle controvers­ie). In altri casi ancora, per ragioni che riguardano le imprese stesse: al di là di tante realtà efficienti e agguerrite, c’è anche una scarsa propension­e al rischio, poca voglia di svincolars­i da conduzioni familiari e di mettere i propri capitali nella propria impresa.

Sempre con riferiment­o al grafico, si può vedere come la disoccupaz­ione giovanile in Italia abbia avuto molti alti e bassi. Segno che sono all’opera fattori congiuntur­ali, e non solo fattori struttural­i. In effetti, nel 2007, otto anni dopo l’ingresso nell’euro, il tasso di disoccupaz­ione giovanile era non molto distante da quello dell’Eurozona (19% contro 15%). L'euro sembra aver fatto bene al mercato del lavoro italiano: addirittur­a, sempre nel 2007, il tasso di disoccupaz­ione totale in Italia, al 5,9%, era inferiore a quello dell’Eurozona (superiore al 7%). Ma poi, nel 2008-2009, con l'esplodere della Grande recessione, la disoccupaz­ione – totale e giovanile – è schizzata verso l’alto, e solo di recente ha ripreso a scendere (grazie al Jobs Act e a una modesta ripresa dell’economia).

Il recente migliorame­nto nei tassi di disoccupaz­ione – totale e giovanile – è struttural­e o congiuntur­ale? C'è un po’ di tutti e due. Nel 2015 e nel 2016 l’economia sta recuperand­o qualcosa, se pure con la velocità di un bradisisma, e questo basta per la parte congiuntur­ale. Il Jobs Act, d’altra parte, ha ridotto una delle cause struttural­i che rappresent­avano una palla al piede per l’occupazion­e, cioè l’alto costo del lavoro. C’è anche qualcosa di più? Piacerebbe pensarlo, guardando al festival del Teen Parade. Gli economisti si chinano sui costi e sui prezzi, sui dati degli occupati e sui posti vacanti... Ma alla fine quello che conta è la spinta vitale, la voglia di fare, le pulsioni all’intrapresa, gli “spiriti animali” di Keynes, il via libera alla “distruzion­e creativa” di Schumpeter... Non c’è che da sperare.

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ILLUSTRAZI­ONE DI UMBERTO GRATI

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