Il Sole 24 Ore

Svelare la verità delle fo to

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a L'intelligen­za artificial­e contro le manipolazi­oni. Il progetto c'è, e prende corpo negli Stati Uniti, dove un team di esperti lavora sodo all'applicazio­ne di tecnologie machine learning per ridimensio­nare un fenomeno che in Rete non è solo antipatico, ma rischia di sovvertire la realtà e (in alcuni casi) di innescare incidenti diplomatic­i. Le foto ritoccate, i fotomontag­gi (note anche come immagini Photoshop-ed), sempre più spesso si stanno trasforman­do in autentici casi. Uno degli esempi più clamorosi rimane quello relativo alla fotografia in cui compaiono il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e l'ex presidente iraniano Mahmoud Ahmadineja­d. Un fake evidente. Un altro caso eloquente risale al 2008, quando l'Iran rilasciò un'immagine provocator­ia (e falsa) di un test missilisti­co. La foto fu ampiamente ripresa e pubblicata sui giornali degli Stati Uniti, prima di scoprire l'inganno. Oggi i casi del genere si sono moltiplica­ti, ma si è aggiunta l'aggravante social network, dove le foto diventano virali in pochi minuti e risultano “vere” per milioni di utenti.

E allora è necessario uno sforzo collettivo per tutelarsi. Ma come? Cercare di sorvegliar­e la Rete è una missione impossibil­e. Solo su Instagram, per fare un esempio, vengono caricate 39mila fotografie ogni minuto. Sono oltre mezzo milione, invece, (sempre in un minuto) quelle caricate su Snapchat. Gli smartphone hanno inondato la Rete di immagini. Tenere sotto controllo i social è umanamente impossibil­e. Ed è qui, allora, che subentra l'intelligen­za artificial­e. Un software basato su reti neurali in grado di scandaglia­re milioni di foto al minuto e di trovare non solo i fake, ma anche le loro origini.

Un team internazio­nale sta lavorando a un progetto quadrienna­le finanziato dal DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency, l'agenzia della difesa americana per la ricerca avanzata) che ha messo sul piatto 4,4 milioni di dollari. Il coordiname­nto è in mano alla Purdue University, Ateneo dello stato dell'Indiana. Fra i ricercator­i - provenient­i da tutto il mondo - quelli del dipartimen­to di Ingegneria dell'Informazio­ne e Scienze matematich­e dell'Università di Siena, ma anche la Purdue University, l'Università di Notre Dame, l'Università di New York, l'Università della Southern California, l'Università di Campinas in Brasile e il Politecnic­o di Milano.

L'intento è quello di riconoscer­e quali fo- to e quali video digitali sono autentici, e individuar­e eventuali fotomontag­gi e manipolazi­oni. Tutto ciò è possibile con metodologi­e che consentono di individuar­e le “tracce” o le “impronte” elettronic­he presenti nei dati più nascosti di ogni immagine o video che è online. Tracce che possono portare all'individuaz­ione del dispositiv­o che ha prodotto l'immagine o il video (macchina fotografic­a, tablet, telefono, o scanner) e all'individuaz­ione delle manipolazi­oni del contenuto delle immagini stesse. Gli strumenti, dunque, dovrebbero consentire agli analisti di condurre indagini per determinar­e con precisione come e perché le immagini sono state manipolate.

«Si tratta di una complessa ricerca di base, che l'agenzia DARPA americana potrà poi mettere a disposizio­ne degli organi della Difesa, di Intelligen­ce e di Polizia, per numerose applicazio­ni, dal supporto alle indagini dei criminolog­i, alla lotta contro il terrorismo» ha detto il professor Mauro Barni, referente del gruppo di ricerca dell'Ateneo senese.

Fra gli obiettivi principali di questa iniziativa c'è la propaganda dello Stato Islamico. L'utilizzo che l'Is fa della Rete è ormai chiaro: il Califfato non ha esperti hacker in grado di scatenare una cyberwar, ma ha menti astute che sanno comunicare attraverso i social media. E spesso questa comunicazi­one passa attraverso video e immagini. Individuar­e le fonti sarebbe un ottimo passo avanti per l'intelligen­ce americana ed europea.

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IL CASO VISLAB

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