«Nuove aggregazioni per razionalizzare il sistema»
Banchiere
Dottor Alessandro Profumo, lei che è stato alla guida per anni di UniCredit e ha realizzato tante fusioni e aggregazioni, perché le banche in Italia e in tutta Europa stentano ad aggregarsi?
Non mi sembra del tutto vero: in Italia tra il Banco popolare e Bpm c'è un'operazione di rilievo in pieno svolgimento, e insieme ad essa una serie di altre aggregazioni nel mondo cooperativo che non vediamo ma stanno prendendo forma: sono segnali evidenti di un processo di razionalizzazione del sistema che evidentemente si è messo in moto.
Quindi si sta aprendo una nuova fase?
Penso di sì: mi aspetto prima alcune altre fusioni domestiche, e poi cross border. Anche perché la presenza di una vigilanza unica può aiutare questo genere di operazioni.
Ma proprio secondo la Bce, stando alle parole pronunciate in settimana dal presidente Mario Draghi, le banche dovrebbero muoversi con più rapidità.
Sono operazioni che hanno bisogno del loro tempo. E senz’altro la scelta della Vigilanza di richiedere un aumento di capitale al Banco popolare proprio in vista della fusione non è il migliore degli incentivi: l'aggregazione punta a generare più reddito e quindi più capitale, dunque non è pienamente comprensibile perché a uno dei due istituti, peraltro in linea con i requisiti, sia stato richiesto un rafforzamento preventivo.
La governance, e in particolare gli equilibri dentro all'azionariato, possono essere un freno alle aggregazioni?
Anzitutto tengo a ricordare che il problema, se esiste, vale per tutti e non solo per l'Italia. E comunque, se guardiamo alle tante aggregazioni che ci sono state nel nostro Paese negli ultimi 20 anni, non mi pare che l'azionariato abbia impedito granché.
I multipli di Borsa del credi- to, ai minimi storici, rivelano che oggi il settore non interessa al mercato: le fusioni servono perché in questo momento solo le banche possono essere disposte a comprare altre banche?
Non la metterei in questi termini. Ma senz'altro i multipli rivelano la grande incognita che aleggia sul comparto, e cioè la difficoltà a generare reddito in un clima, che durerà ancora a lungo, di tassi bassi e alti rischi legati al credito. La redditività prospettica è il problema delle banche, e l'unica soluzione, appunto, può essere quella di fare massa critica trovandosi un partner.
Infatti chi non ci riesce, come Mps, o non intende farlo, come UniCredit, lavora su grandi piani di efficientamento interno. Può essere un'alternativa?
Non c'è una regola valida per tutti: ci sono condizioni in cui si ha massa critica e altra in cui bisogna crearla e ogni board deve fare le sue valutazioni. Al Monte era stato chiesto di cercare un'aggregazione per poter avere la capacità di gestire il problema delle sofferenze. Oggi questo problema verrà risolto in altro modo e fatto ciò Mps potrebbe anche diventare un soggetto aggregante. Invece, per realtà grandi come UniCredit c'è tutto lo spazio per una razionalizzazione interna che consenta un recupero di redditti- vità, e giustamente si parla di dismissioni e non di aggregazioni.
Le fusioni generano automaticamente un esubero di personale: quali sono le dimensioni del problema?
Il tema è centrale perché di mezzo ci sono le persone: il sindacato italiano fino a oggi ha accompagnato con intelligenza i processi di aggregazione, credo che a fronte di programmi razionali possa continuare a farlo.
Servirebbero nuovi strumenti, di carattere straordinario?
Il sistema in passato ha saputo inventarne, penso ad es
empio al fondo esuberi. Non sarei precipitoso: prima bisogna capire di cosa stiamo parlando, cioè quali situazioni andranno affrontate e con qualquali numeri.