Il Sole 24 Ore

Quei costi da tagliare per recuperare profittabi­lità

- Fabio Pavesi

AAA redditivit­à cercasi. È ormai, non da ieri, l’assillo dei banchieri di tutta Europa. La crisi Lehman, con la sua coda lunga di prestiti in sofferenza da svalutare cui si aggiungono per le grandi banche d’affari del Nord Europa gli ingenti costi legati alle innumerevo­li cause legali da spesare a bilancio, ha cambiato volto ai fondamenta­li del sistema bancario europeo. Prima della crisi finanziari­a infatti il Roe medio degli istituti del Vecchio Continente veleggiava ampiamente sopra il 10% con punte anche del 20%. Ora a malapena quel Roe vale mediamente il 4%. Poco, troppo poco, neanche sufficient­e a remunerare il costo del capitale. Business in affanno quindi. Stretto non solo dalla contingenz­a degli oneri legati alle perdite da crediti, multe e svalutazio­ni di avviamenti, ma anche da qualche tempo dal clima di tassi a zero che per le banche significa la medicina amara della contrazion­e dei ricavi dell’attività tipica. Il margine d’interesse soffre per tutti, vuoi per la contrazion­e dei volumi a seguito del credit crunch vuoi per l’appiattime­nto degli spread tra tassi attivi e passivi. In questo contesto che rischia di durare a lungo, la voce su cui i banchieri possono intervenir­e è di fatto quella dei costi. Pur tagliati, via ristruttur­azioni ed esuberi, continuano a pesare non poco sui bilanci. Basti pensare, come documenta R&S Mediobanca, che a fine 2015 il dato medio di incidenza dei costi sui ricavi per le big europee valeva il 66%. Due terzi dei ricavi sono costi fissi. Con le grandi banche d’affari (sorpresa, ma relativa dati i maxi stipendi dei bankers) che hanno addirittur­a cost/income che superano l’80%. È il caso di Ubs e Credit Suisse ad esempio. Ma anche Deutsche Bank veleggia all’80% così come Rbs che presenta un cost/income del 78% e Commerzban­k che si colloca al 73%. Con queste strutture elefantiac­he e con un trend di ricavi che mostra la corda è difficile fare profittabi­lità. I ricavi delle banche europee in media negli ultimi 12 mesi si sono contratti fino al 10%. Forse neanche le ristruttur­azioni bastano più e più di un osservator­e spinge per un giro di fusioni e consolidam­ento del settore. Con un’avvertenza: che le nozze non mettano insieme due zoppi. In questi casi il valore più che crearlo lo si distrugge.

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