Wells Fargo, la frode ai danni dei clienti fa scottare la poltrona del ceo Stumpf
La senatr ice Warren attacca il manager: «Deve dimettersi»
Banche Usa. Il ceo di Wells Fargo Stumpf sotto accusa per la truffa ai clienti e le difficoltà in Borsa «Lei dovrebbe dimettersi. Dovrebbe finire sotto inchieste penale. Dovrebbe restituire tutto ciò che ha guadagnato durante lo scandalo. Ed è un vigliacco». A parlare, pochi giorni or sono, è Elizabeth Warren, senatrice del Massachusetts, portabandiera dell’ala liberal del partito democratico e nemesi delle grandi banche. Il luogo austero dove echeggiano le sue frustate verbali echeggiano è l’aula del Congresso, teatro di audizioni formali. Il “lei” bersaglio della sua ira è un signore di 63 anni d’aspetto impeccabile, John Stumpf, amministratore delegato di Wells Fargo, la seconda banca d’America per market cap.
La poltrona di Stumpf scotta. La sua banca è oggi simbolo di una finanza che non perde il vizio di eccessi e truffe, nonostante lo stillicidio di scandali e sanzioni dalla crisi ad oggi.
Perchè i fatti sono innegabili: Wells Fargo è protagonista di una truffa diffusa ai danni dei clienti, aprendo a loro nome e a loro insaputa conti correnti e carte di credito, falsi. Ne ha aperti almeno due milioni. I suoi funzionari inventavano anche obblighi a comprare prodotti. Tutto per raggiungere gli obiettivi di vendita voluti dall'azienda. Avevano coniato anche uno slogan: eight is great, otto è fantastico, otto essenso il numero di conti e servizi minimi, inclusi prestiti, da piazzare ai clienti con il cross selling dei servizi.
Di più, la risposta allo scandalo ha aggravato la bufera: Stumpf ha pensato bene di licenziare in tronco 5.300 dipendenti coinvolti nel danno ai clienti. Vale a dire un eser-
cito di impiegati che che a sua volta veniva spinto a violare codici etici e norme legali non solo per intascare premi ma per salvare il posto di lavoro. Niente licenziamento per se stesso, però. Nè per Carrie Tolsedt, responsabile del reaill banking, che andrà regolarmente lin pensione a fine anno con un “paracadute” da 125 milioni.
Anche se, paradossalmente, Stumpf dispensa mea culpa a piene mani: mi assumo tutte le responsabilità, ha detto ai senatori, per questa violazione della fiducia dei cittadini. Con tanto di ammissione che avrebbe dovuto intervenire prima e che era al corrente di pratiche scor- rette almeno dal 2011.
Mea culpa che non bastano, nè a Warren nè agli americani. Un gruppo di parlamentari ha chiesto che i licenziamenti di massa vengano a loro volta indagati, dal Dipartimento del Lavoro. E' da qui che è nata la più veemente accusa di Warren al chief executive, per aver gettato di fatto colpe e pene sui sottoposti, cassieri, direttori di filiali, gestori di conti. «La sua è una gutless leadership», una leadership da codardo.
Eppure Wells Fargo era forse l’unica grande banca americana ad aver scampato finora la bufera post-crisi che ha scosso Goldman Sachs e Morgan Stanley, Citigroup e JP Morgan. Anzi, la banca no-
ta per il simbolo da Far West, la diligenza, si era spesso rafforzata ai danni delle rivali, sottolinenado reputazione e business tradizionale, nel credito e non nei derivati. Il veterano Stumpf si è però rivelato piuttosto un “pistolero” dei conti.
A scoperchiare la truffa e' stato il Consumer Financial Protection Bureau, fortemente voluto dalla stessa Warren. Gli ha comminato una multa record per la giovane authority da 185 milioni di dollari e soprattutto ha sollevato il sipario su pratiche “intollerabili”, contro clienti e dipendenti. È stato questo sceriffo ad aver per primo messo in luce l’esistenza di un clima da caccia alle streghe, fatto di «rigide quote di vendita e aggressivi incentivi imposti agli impiegati», comprese violazioni di regole salariali e straordinari non pagati. Nonchè una «stupefacente negligenza da parte del management».
Nessuna più stupefacente di quella dell’impeccabile Stumpf. Una leggendaria carriera nel settore bancario, a partire dagli anni Ottanta nella Norwest di Minneapolis dove diventa responsabile del credito fino alla fusione con Wells Fargo. È nominato amministratore delegato del nuovo gruppo nel 2007 e presidente nel 2010, portandolo in vetta alle classifiche del settore. E i compensi riflettono gli exploit: ventina di milioni di dollari l’anno. La pensione, nel caso lasciasse, sarebbe ancora più dorata: forse 200 milioni, tra pacchetti azionari già ricevuti e buonuscita. Abbastanza, sicuramente, per cavalcare verso il tramonto come in un film di cowboy e fuorilegge.
LA VICENDA Il banchiere e l’istituto sono protagonisti di una truffa diffusa ai danni dei clienti aprendo a loro insaputa conti correnti e carte di credito falsi