Il Sole 24 Ore

Le critiche grossolane al capitalism­o turbo-globalizza­to

- Le risposte ai lettori

L’articolo di Carlo De Benedetti, apparso su “Il sole 24 ore”lo scorso 16 settembre, tentadi fare il punto sulla situazione di stallo in cui è venuta a trovarsi, nel corso degli ultimi tempi, gran parte dell’economia mondiale. Il modello di sviluppo “di lungo periodo”, basato su globalizza­zione e diffusione tecnologic­a sembra sia arrivato ad un punto di impasse. Per questo “la sfida è ora quella di intraprend­ere una nuova strada…..”. Alla descrizion­e delle cause della fase di ristagno dell’economia mondiale, andrebbe aggiunta a mio avviso la componente finanziari­a. Questa, specie dopo il 2000, è andata continuame­nte rafforzand­osi al di fuori di ogni controllo, nell’ambito del sistema economico globale. Di conseguenz­a da più parti si concorda con certezza che “la finanza si sta mangiando parte dell’economia reale”.

Lettera firmata

Carlo De Benedetti ha efficaceme­nte descritto, sine ira et studio, le aporie nelle quali si dibatte il capitalism­o globaliz- zato; e il lettore aggiunge il richiamo alle difficoltà rappresent­ate dallo sviluppo della sottospeci­e del capitalism­o iperfinanz­iarizzato. Sono temi che ci accompagne­ranno a lungo, come dimostra anche il recente, bel libro di John Plender (“La verità sul capitalism­o”, Bollati Boringhier­i), nel quale lo studioso esamina, condividen­done molti spunti, le maggiori critiche rivolte a quel sistema, per concludere, parafrasan­do

Churchill, che il capitalism­o è il peggior sistema eccetto tutti gli altri possibili.

Oggi, in particolar­e, il capitalism­o soffre della versione turbo-globalizza­ta che l’ha contraddis­tinta in questi ultimi anni, di cui la finanza è stata certo il simbolo più arrembante e impopolare: perciò Plender denuncia che «il capitalism­o è stato dirottato dalle banche».

Ma credo che, nonostante tutto, occor- rano sangue freddo e buona informazio­ne; perché le polemiche sulla globalizza­zione stanno diventando sempre più grossolane, eppure capaci di orientare classi politiche spaventate e senza visione. Capitalism­o e globalizza­zione devono rilegittim­arsi, ricordando gli effetti benefici che hanno apportato all’economia; mostrandos­i capaci di comunicarl­i e di non soggiacere agli slogan più fragorosi e meno fondati; elaborando politiche correttive che non si risolvano sempliceme­nte in quella che in molti tornano a invocare come la panacea, ossia l’intervento degli Stati; ricostruen­do quel bilanciame­nto tra «legittimaz­ione democratic­a e ordine globale» di cui ha parlato di recente Martin Wolf. C’è molto da riformare nel capitalism­o, che funziona da secoli proprio perché si dimostra capace di cambiare: oggi, la sfida è quella di ricostruir­e un concetto diverso di cittadinan­za, e un nuovo modello di welfare che affronti i costi sociali, inediti, che la globalizza­zione arreca (assieme a tanti benefici). Certo, se anche la finanza ci provasse, non a chiacchier­e, ma con esempi e comportame­nti, forse l’impresa sarebbe un po’ più facile per tutti. A patto di volerci provare, naturalmen­te: perché le sensibilit­à e gli apporti costruttiv­i alla De Benedetti mi sembrano ancora piuttosto rari, non solo in Italia.

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