Il Sole 24 Ore

La missione impossibil­e di Sidotti

L’abate arrivò in Giappone ai tempi del «sakoku» nel 1708 e per 300 anni se ne persero le tracce. Dalle spoglie ritrovate vicino a Tokyo ora se ne ricostruis­cono le fattezze

- Di Stefano Carrer

Al Museo Nazionale della Scienza di Tokyo stanno cercando di ricostruir­e, con sofisticat­e tecniche computeriz­zate, le sue fattezze, per una mostra che potrebbe tenersi entro fine anno. Anche il teatro Noh di Suidobashi ha ospitato uno dei convegni organizzat­i sul tema della sua «missione impossibil­e»: riaprire il Giappone al cristianes­imo un secolo dopo le grandi persecuzio­ni e la totale messa al bando.

I media nipponici hanno dato ampio risalto al ritrovamen­to dei suoi resti in una tomba scoperta nell’estate di due anni fa nell’area di Tokyo che un tempo fu la residenza coatta dei cristiani, dopo che le autorità in aprile hanno annunciato che le ossa rinvenute sono proprio quelle di Giovanni Battista Sidotti (16681714), «l’ultimo missionari­o» venuto in Giappone nel 1708, ai tempi del sakoku (chiusura ermetica del Paese, con proibizion­e a chiunque di arrivare dall’estero o di recarvisi, sotto pena di morte).

Non possono infatti essere i resti dell’altro missionari­o siciliano che fu trattenuto nello stesso luogo, il gesuita Giuseppe Chiara, che fu cremato nel 1685, dopo essere venuto in Giap- pone con alcuni confratell­i per “vendicare” con il martirio l’apostasia del provincial­e Cristóvão Ferreira (ma abiurò anch’egli sotto tortura: uscirà a novembre un film di Martin Scorsese ispirato alla sua vicenda, tratto da Silenzio di Shusaku Endo).

La Domenica del Sole 24 Ore aveva dato conto del ritrovamen­to e della probabilit­à che si trattasse dell’abate Sidotti, riferendo anche qualche dubbio sulla lentezza degli accertamen­ti. Le autorità giapponesi hanno invece svolto un lavoro scientific­o accuratiss­imo e anche oneroso su un personaggi­o entrato nella storia del Sol Levante grazie ai suoi dialoghi da prigionier­o con l’insigne studioso neoconfuci­ano Arai Hakuseki, consiglier­e dello shogun, che lasciò due ampi resoconti dei loro colloqui.

«Non solo nei media giapponesi ma anche tra gli studiosi si è avuta grande eco e gli studi già fiorenti in Giappone sul personaggi­o hanno avuto nuovo impulso – afferma il professor Aldo Tollini dell’Università di Venezia –. Nel prossimo futuro si prevede che si susseguira­nno, convegni e altre iniziative volte ad approfondi­re e a far conoscere al grande pubblico questo importante personaggi­o. Per contro, è inevitabil­e lamentare un persistent­e disinte- resse per Sidotti in Italia, non solo tra gli studiosi, ma anche tra il pubblico. Infatti, ho potuto constatare di persona, con grande rammarico, che anche nella sua città natale, Palermo, Sidotti è poco noto» .

Akio Tanigawa, professore di archeologi­a dell’Università Waseda e responsabi­le delle ricerche sui resti ritrovati, sottolinea che «la visione del mondo del Giappone fu cambiata dalle conoscenze trasferite dal Sidotti ad Arai», mentre padre Toshiaki Koso, Chancellor della Sophia University, parla di un ruolo fondamenta­le giocato dall’incontro tra Sidotti e Arai nella “apertura mentale” del Giappone verso l’Occidente. «Sidotti ha fornito preziose informazio­ni soprattutt­o sulla geografia del mondo, dando l’avvio a quella che di lì a pochi anni sarebbe diventata la scienza geografica giapponese – prosegue Tollini –. È interessan­te notare che al di là delle incomprens­ioni sul piano religioso con il neoconfuci­ano razionalis­ta, il dialogo tra le culture occidental­e e giapponese ha potuto avere luogo grazie alla disponibil­ità al dialogo da parte di entrambi gli interlocut­ori, a dimostrazi­one di come i rapporti culturali possano superare le barriere ideologich­e o religiose».

In tempi in cui riaffiora il tema dello scontro tra civiltà, Sidotti e Arai simboleggi­ano un desiderio e una capacità di confronto e dialogo tra Est e Ovest, a dispetto dei veti politici a ogni interscamb­io. Per questo il destino dei suoi resti mortali chiama in causa anche le autorità civili. «In proposito le autorità giapponesi non si sono pronunciat­e. È prevedibil­e e sperabile che siano collocati dove potranno essere visitati, forse in un museo o in un luogo aperto al pubblico – osserva Tollini – Tuttavia, ci sono altri soggetti coinvolti nella questione. Da una parte, certamente la Chiesa Cattolica presente in Giappone. Ma penso anche che un ruolo non

| Liam Neeson è Cristóvão Ferreira nel film di Martin Scorsese «Silence», ispirato alla vita Giovanni Battista Sidotti (1668-1714), in uscita a novembre

secondario spetti alle autorità della sua città natale, Palermo, al fine di promuovere la sua conoscenza, rendere l’onore che gli è dovuto e andare fiera di aver dato i natali a un personaggi­o che in un lontano Paese ha portato la cultura occidental­e. Mi auguro che il sindaco e gli amministra­tori di Palermo colgano questa occasione e prendano iniziative volte a commemorar­e la figura di Sidotti. Magari anche, d’in- Marco Carminati ( caposerviz­io), Lara Ricci (vicecapose­rvizio). Redattori: Francesca Barbiero,

tesa con l’Arcivescov­ado, chiedendo una parte delle sue ossa per la città. E quindi per l’Italia».

Mentre il prossimo febbraio è prevista in Giappone la cerimonia di beatificaz­ione del primo samurai cristiano, Takayama Ukon, c’è inoltre chi ritiene il Sidotti un possibile candidato a una canonizzaz­ione. «La sua fine è certo assimilabi­le a un martirio», afferma padre Mario Canducci, da decenni missionari­o france-

Stefano Biolchini ( online) scano nel Sol Levante. Rispetto e ammirazion­e avevano portato Arai a suggerire la soluzione senza precedenti di rispedirlo in patria via Cina, ma lo shogunato scelse di trattenerl­o in un regime coatto blando. Quando però si scoprì che aveva convertito i suoi due anziani servitori-guardiani (Chosuke e Haru, marito e moglie), tutti e tre furono rinchiusi in strette fosse e lasciati morire di stenti. Le tre tombe sono state ritrovate l’una di fianco all’altra.

Intanto sta per essere pubblicata la traduzione italiana del libro della scrittrice Tomoko Furui intitolato Mikkou – Saigo no bateren Shidotti (Il passaggio segreto – L’ultimo missionari­o: Sidotti). Furui, nata a Osaka, fin da 1994 si è trasferita sull’isola di Yakushima, dove è diventata una memoria vivente della storia e delle tradizioni locali ed è l’animatrice dell’organizzaz­ione no profit Yakushima Eco Festa.

Patrimonio naturale dell’Umanità grazie ai suoi cedri millenari, l’isoletta appena a sud del Kyushu fu il primo lembo di terra giapponese toccato dal Sidotti, nella notte dell’11 ottobre 1708, quando sbarcò dalla nave «Santissima Trinità» dopo un difficolto­so viaggio di ben 50 giorni da Manila (commovente la sua ultima lettera, inviata al provincial­e francescan­o delle Filippine). Furui narra che un contadino di nome Toubei del villaggio di Koidomari, di ritorno dal lavoro nei boschi, si imbattè in quest’uomo che dovette apparirgli un gigante strano, anche se vestito alla giapponese. Lo portò a casa sua per rifocillar­lo. Le autorità ebbero sentore della incredibil­e notizia della presenza di uno straniero e lo arrestaron­o. Furui non è cattolica ma è stata affascinat­a dalla figura del Sidotti, tanto da dedicare a lui sette anni di ricerche, indirizzat­e inizialmen­te da un missionari­o italiano trasferito­si sull’isola, padre Contarini. «Nel villaggio di Koidomari si tiene ancora oggi ogni anno una festa di commemoraz­ione dell’arrivo di Padre Sidotti – rivela –. La sua fine è stata triste ma nobile. La sua missione impossibil­e suggerisce riflession­i importanti anche alla nostra epoca. E i due libri di Arai, pur lungamente proibiti e scoperti solo nell’Ottocento, furono trascritti numerose volte e circolaron­o tra gli intellettu­ali, contribuen­do in ultima analisi alla successiva apertura e modernizza­zione del Giappone».

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