Il Sole 24 Ore

Una selva di parole v uote

Cosmopolis, repubblica mondiale in cui tutti parlano con tutti, è l’opposto delle dittature: è il luogo elettronic­o dove tutti siamo uguali e la verità è salva. Ma è proprio così?

- Di Nicola Gardini

Non è strano che Timothy Garton Ash sia divenuto un critico di internet e che ci abbia scritto sopra un grosso volume, Free Speech. Ten Principles for a Connected World. Internet significa, infatti, libera circolazio­ne di parole, se non proprio “libertà di parola” ( come si sarebbe tentati di tradurre il titolo); significa, insomma, democrazia dell’espression­e, sulle cui possibilit­à e impossibil­ità Garton Ash ha cominciato a svolgere brillanti ricerche fin dagli anni berlinesi, quindi attraverso lo studio dei vari altri regimi sovietici. Il suo memoir The File ( uscito nel 1998) documenta con affascinan­te chiarezza le conseguenz­e della repression­e: coloro ai quali si impedisce o proibisce di parlare non solo finiscono per non dire certe cose, ma dicono, quando dicono, cose vere solo a metà, dunque, non vere: dunque, false. Chi non è libero di parlare mente sempre. Basta che la legge consenta di tappare la bocca a uno perché il sistema della verità vada in pezzi, perché la vita non sia vita, ma una finzione, una simulazion­e costante di altro, file e non life… Dopo che la Stasi ebbe reso pubblici i suoi archivi, Garton Ash andò a vedere se il suo nome ci fosse mai finito e scoprì che, sì, ci era finito, e il dossier, il file appunto, che lo riguardava raccontava una storia molto diversa da quella che la sua memoria aveva conservato. Tutti lo tradivano, tutti dicevano a lui certe cose, e alla polizia ne riferivano altre.

In Free Speech Garton Ash descrive Cosmopolis, una repubblica mondiale in cui tutti parlano con tutti e possono parlare di tutto, l’opposto delle tetre dittature di i mpronta staliniana. Sembra un’utopia, e in parte, effettivam­ente, lo è: perché Cosmopolis è “virtuale”, sta non nella geografia degli atlanti, ma nell’etere dell’elettronic­a. Per quanto incorporea, Cosmopolis può contenere l’infinito, e proprio perché incorporea, non ammette divisioni, non chiede passaporti. In Cosmopolis siamo tutti uguali e la verità è salva. Ma sarà poi così vero? Garton Ash, che di internet è senza dubbio un sostenitor­e, di internet vede anche le manipolazi­oni, e le denuncia con gran dispiego di dati quantitati­vi, di grafici e di aneddoti documentar­i. Gli stati controllan­o l’accesso e arrivano anche contrastar­lo o vietarlo, come succede in Cina o sotto certi governi totalitari. Non solo. Internet offre agli sciacalli del commercio comodi mezzi di persuasion­e occulta, di i ntromissio­ne e perfino di infiltrazi­one criminale. Internet è un mercato non solo del libero pensiero e della libera espression­e, ma di corpi, di armi, di azioni illegali, di linciaggi, di ingiurie, di attacchi alla priva- Dalle 21 di sabato 15 ottobre, alle 22 di domenica 16 ottobre 2016 (notte inclusa), in Piazza Duomo a Piacenza (indipenden­temente dal tempo) saranno letti - da un centinaio di poeti di tutta Italia - 104 poeti del secolo scorso con l’aggiunta di qualche contempora­neo. L’iniziativa è del Piccolo museo della poesia «Incolmabil­i Fenditure». tezza e alla decenza, e all’innocenza dei bambini, come tutti sanno e, in gradi diversi, magari hanno sperimenta­to di persona. Chi, avendo acquistato o solo cercato di acquistare un certo prodotto online, non è poi stato investito per mesi da pubblicità dello stesso prodotto – viaggio, maglieria intima, libro o Dvd che fosse? Non sarà, alla fine, che la libertà di cui internet sembra la garanzia si riduca a una forma di controllo non troppo diversa da quella delle polizie segrete di una volta e di oggi? Chi ci guarda quando noi crediamo di guardare in perfetta solitudine il testo di una notizia, il post di un amico o una mail?

Se è per la libertà di parola, certi rischi forse vale anche la pena di correrli. A ognuno difendersi col suo buon senso. Ma che cos’è la libertà di parola? Che cos’è la libertà? Che cos’è la parola? Si fatica a definirli, questi vitali concetti, in rapporto alle funzioni ambigue che internet occupa nelle nostre giornate. Né, per quanto informato e poliedrico, il libro di Garton Ash tali domande se le pone con la dovuta serietà critica. Certo, evviva Cosmopolis, evviva l’abbattimen­to dei muri (intanto, però, sulla terra, nella geografia reale se ne continuano a erigere…). È giusto che tutti possano dire tutto? Ovviamente, no. Proclami nazisti, elogi della pedofilia, tirate misogine, tutto questo non dovrebbe comparire affatto, e quando compare, non a caso, se ne ottiene la rimozione. Ma che dire di infrazioni meno scopertame­nte antisocial­i, come vedersi attaccare in qualche post da uno sconosciut­o che non ci ha capiti e forse neanche ci conosce? Come proteggere la fragilità, la vulnerabil­ità, la dignità delle persone dalla calunnia o anche solo dalla pubblicità? Come sottrarsi al ricatto di un dire che parola non è perché non nasce dal pensiero ma dal pregiudizi­o, e si pretende libero quando è solo insulto, emotività bruta, veleno? Tutto questo dovrebbe avere qualche risposta in un libro intitolato Free Speech.

L’aspetto più interessan­te del discorso, alla fine, sta nella difesa di un certo pensiero liberale, che a Oxford, dove Garton Ash insegna, ha uno dei suoi santi patroni, l’erasmiano Isaiah Berlin. Le riflession­i sui doni di internet eccole allora immettersi nell’alveo di una consapevol­ezza non puramente giornalist­ica sui compiti degli individui e sul senso stesso della collaboraz­ione universale.

Timothy Garton Ash, Free Speech. Ten Principles for a Connected World, Atlantic Books, Londra, pagg. 504, £ 20

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