Il Sole 24 Ore

Morire senza arrendersi

- di Sebastiano Maffettone

Vincenzo Paglia è Presidente della Pontificia Accademia per la Vita e Gran Cancellier­e del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia, nonché Consiglier­e spirituale della Comunità di Sant’Egidio. Ma è anche un intellettu­ale raffinato, un teologo e filosofo. Forse mai come alla lettura di questo suo ultimo libro –intitolato Sorella Morte: la dignità del vivere e del morire

questi due aspetti della sua personalit­à risultano legati tra loro ed evidenti al lettore. Sorella morte , che sin dal titolo e dall’exergo iniziale richiama le famose parole di Francesco « Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale » , è un libro appassiona­to e colto che tratta la questione della morte e quindi del significat­o stesso della vita umana.

Il libro in effetti parte come una sorta di pamphlet, di caloroso e sistematic­o attacco alla cultura della morte, ma poi con il passare delle pagine sempre più rivela la natura sua di messaggio ontologico ed escatologi­co su ciò che siamo e su come viviamo.

Il bersaglio primario dell’opera è l’eutanasia, dietro cui si nasconde – agli occhi dell’autore- una cultura materialis­tica priva di quei valori che soli rendono l’esperienza della morte sopportabi­le.

È l’individual­ismo possessivo e aggressivo, il domino della tecnica priva di etica e fede, tipici della società contempora­nea, che portano l’essere umano a credere che liberarsi della vita quando incrocia il dolore e la malattia terminale siano una soluzione e una speranza invece che un segno di disperazio­ne. In una società siffatta il malato, l’anziano, il povero – ma in fondo tutti, sembra suggerire Paglia- restano soli. Ed è proprio questa solitudine a rendere intollerab­ili le esperienze più gravide di sofferenza. E a suggerire la resa passiva al male piuttosto che la difesa del bene della vita di cui ovviamente la morte è parte.

Notevoli sono il rigore concettual­e e l’acribia anche semantica con cui l’autore affronta la tesi, arricchend­o il testo di una messe di citazioni e riferiment­i alla letteratur­a sul tema che ne fanno un must per chi si occupa di eutanasia e morte, ma anche per il lettore comune che voglia saperne di più. Ciò che affascina nella pagina di Paglia è la congiunzio­ne tra la visione teologica di sfondo, quella che porta a pensare che la solitudine del morente si vinca con l’appello alla fede e con il richiamo alla figura di Cristo in Croce, con la capacità di discutere con competenza notevole di cure palliative o di affrontare con sicurezza il dibattito filosofico sul tema.

Morire con dignità –ci dice Paglianon vuol dire ricorrere all’eutanasia ma invece prendere sul serio la vita, pur nei suoi momenti più difficili. Se è vero che l’essere umano è fragile nella sua essenza, tale fragilità non si vince con la tentazione prometeica di abbattere la morte sfuggendo dalla vita. È piuttosto facendo propria una cultura della relazione che si supera l’individual­ismo e si lotta contro la solitudine del morente.

C’è una parte di questo messaggio che fa appello alla necessità di essere meno astrattame­nte teorici in dibattiti come questo, per dare più spazio alla cura e all’amore per il prossimo. Credo si possa essere d’accordo su ciò: la sterilità delle discussion­e del tipo «eutanasia sì-eutanasia-no» e l’impossibil­ità di trovare risposte certe a problemi del genere trovano in effetti un riscontro positivo nella capacità di condivider­e il dolore e aiutare chi soffre. Meno d’accordo, da laico, sono con la stigmatizz­azione del suicidio, ripersa dall’Evang e

lium Vitae di Giovanni Paolo II e dalla tradizione cattolica, e in genere con un certo ridimensio­namento della libertà di scelta individual­e.

Vincenzo Paglia, Sorella Morte , Piemme, Milano, pagg. 275 € 17

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