Le trappole della comunicazione
della Aristotelian Society, ed è membro dell’Accademia norvegese delle scienze e delle lettere. Come J. L. Austin, Hornsby ritiene che con le parole si fanno cose e che proferir parola sia un’attività, ma a differenza di molti studiosi del settore ha messo a fuoco le implicazioni epistemologiche ed etiche della filosofia del linguaggio. «Nei miei lavori ho suggerito che ha senso prestare attenzione alla dimensione etica del linguaggio. Ci sono casi interessanti in cui lo studio delle parole e del loro uso mettono in rilievo questioni etiche fondamentali. Per esempio, pensiamo agli insulti e alle espressioni degradanti. È difficile dire come renderne conto dal punto di vista semantico. Attraverso la critica degli approcci prevalenti, ho cercato di mostrare che conviene trattare queste parole come ele- menti di pratiche sociali che sono suscettibili di cambiamento » .
L’aspetto forse più originale degli studi di Hornsby riguarda proprio la dimensione interattiva e sociale del linguaggio. « Quando si proferisce parola, si compie un’azione. Anzi, ci sono molte azioni contenute in tali proferimenti, e ci sono molti modi di identificare tali azioni o di raggrupparli. Ordinare e classificare questi tipi di azioni ci serve a organizzare in modo sistematico i dati della comunicazione linguistica». Quando si dice qualcosa si presume di essere intesi per quello che si dice.
Cosa deve succedere perché il no deciso di una donna che intende esprimere il rifiuto venga frainteso in modo sistematico? Secondo Hornsby ciò che viene a mancare in questi casi è la reciprocità. «La recipro- cità è la condizione di base della comunicazione linguistica. Si ha quando gli interlocutori riconoscono reciprocamente che le rispettive parole sono da prendere sul serio. È la reciprocità che garantisce il successo degli atti linguistici come il rifiuto o il diniego. Quando c’è reciprocità, ci sono cose che gli interlocutori fanno semplicemente ascoltandosi. Chi ascolta è un elemento integrante e complementare dell’azione linguistica».
Perciò quando un parlante fa esattamente ciò che intende fare scegliendo le parole, quando le sue parole hanno successo e conseguono l’effetto inteso, ciò dipende anche e in una larga misura dalla disposizione di chi ascolta. In condizioni normali, le parole hanno il significato inteso da chi le pronuncia ed è grazie a questo che il parlante può agire con le parole. Si può dire che la comunicazione verbale avviene sullo sfondo di una certa relazione armonica tra gli interlocutori, nella quale si dà per scontato che le parole hanno il significato che hanno.
Chi parla si assume la responsabilità di