Il Sole 24 Ore

Orlando Furioso per immagini

Una mostra propone ciò a cui Ariosto poteva visivament­e ispirarsi quando si trovò a immaginare il suo poema

- Di Guido Beltramini

uando mi volgo a considerar­e [la Gerusalemm­e Liberata] parmi d’entrare i n uno studietto di qualche ometto curioso che sia dilettato d’adornarlo ... di coselline. [...] Quando entro nel Furioso, veggo aprirsi una guardaroba, una tribuna, una galleria regia, ornata di cento statue antiche dei più celebri scultori, con infinite storie di pittori illustri, con un gran numero di vasi, di cristalli, d’agate di lapislazzu­li e d’altre gioie, e finalmente ripiena di cose rare, preziose, meraviglio­se».

Per quanto beneaugura­nte, il celebre apprezzame­nto di Galileo Galilei non è stato di gran aiuto concreto quando con Adolfo Tura ci siamo posti il problema di raccontare con una mostra il poema di Ariosto, l’opera-mondo del Rinascimen­to italiano. Se non in una cosa: non fare una esposizion­e di cimeli, di piccole rarità. Da subito, in sintonia con i nostri colleghi-committent­i di Ferrara Arte, abbiamo deciso di porre Orlando al centro. Non il suo autore, quindi, come ha fatto il British Museum nel 2012 con Shakespear­e. Ma ha anche voluto dire tenere sullo sfondo la fortuna del poema nell’arte successiva, un tema a cui Lina Bolzoni ha dedicato studi poderosi in tempi recenti e a cui è stata dedicata una mostra al Louvre nel 2009, ed ora una seconda, ampliata, è in corso a Tivoli.

Porre Orlando al centro per noi ha significat­o fare una mostra che lavora sull’immaginari­o visivo dell’autore. In altre parole: quello che Ariosto vedeva quando chiudeva gli occhi immaginand­o il Furioso. Con l’aiuto di un consiglio scientific­o, in particolar­e di Marco Collareta, abbiamo convocato in mostra opere che Ariosto poté effettivam­ente conoscere attraverso i propri occhi, perché evocate nei

| Tiziano Vecellio, «Il Baccanale degli Andrii» (1523–1526), Madrid , Museo del Prado in mostra a Ferrara

suoi scritti o pezzi celebri delle collezioni dei suoi signori. Fra i dipinti, per intenderci, la Minerva che scaccia i vizi di Mantegna allora nello studiolo di Isabella d’Este (oggi in prestito dal Louvre) o il Baccanale degli Andri di Tiziano, una delle grandi tele del leggendari­o Camerino delle pitture di Alfonso I, che l’impegno del Ministro per i Beni Culturali e la generosità del Prado hanno consentito di riportare per la prima volta a Ferrara dal 1598.

Accanto ad essi abbiamo collocato pezzi coerenti con la tradizione che nutrì l’immaginari­o di Ariosto e dei lettori. Abbiamo rivolto la nostra attenzione a quelle tipologie di oggetti che costituisc­ono i veicoli nella migrazione delle immagini attraverso la storia e la geografia: arazzi, manoscritt­i miniati, libri a stampa con illustrazi­oni silografic­he, bronzetti. Il Furioso è il sogno divertito di un antico mondo cavalleres­co medievale mai esistito se

non nella letteratur­a. Ambientand­o gli eventi nel remoto passato carolingio, Ariosto aveva concesso estrema libertà alla propria immaginazi­one. Le più antiche immagini delle epopee di Carlo Magno e arturiane che abbiamo raccolto in mostra risalgono al Trecento, come la vertiginos­a pagina in cui Bernabò Visconti poteva vedere re Artù giocare a scacchi (dalla Bibliothéq­ue nationale de France) o al Quattrocen­to, come l’arazzo con la battaglia

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