Il Sole 24 Ore

Riccioli di pelliccia

- di Maurizio Maggiani

Ho visto una volpe mangiarsi l’uva, Fedro di animali ci capiva e non ci capiva. L’ho vista che faceva il salto, l’ho vista dare un colpo di tagliola di tra i pampini e l’ho vista posarsi a terra con un bel grappolo di trebbiano tra i dentini; mi tenevo sottovento tra crepuscolo e imbrunire su nella vigna al Molinaccio, sapevo che c’era, e lei era un soffio, un ricciolo di pelliccia, rara eleganza, fiato silvestre. Fame coacta vulpes alta in vinea, uvam adpetebat, summis saliens viribus . Il salto è stato bellissimo, gli hanno sparato che non ha avuto nemmeno il tempo di leccarsi i baffi, il trebbiano è dolcissimo quest’anno.

Quando l’hanno squartata aveva tre volpette in grembo e così l’hanno pagata per quattro; quello con il coltello era un maestro, gli ha tirato via la pelle intera con un colpo solo, un gesto di antica esperienza che non si vede più in giro. La squadra della bonifica ne ha già seccate tredici, una femmina ne aveva sette di volpette in cuor suo, lì c’è stato un vero e proprio guadagno, però non l’hanno trovata nell’uva, più banalmente l’hanno sparata mentre cercava di scappare tra il formentone.

Quest’anno devono farne fuori ancora una settantina per ripristina­re l’equilibrio biologico, le volpi sono ormai dappertutt­o e gli equilibri li hanno rotti tutti, altro che quello biologico, e non ti entrano più nel pollaio ma direttamen­te in casa e tra un po’ si servono direttamen­te dal frigo. È un peccato che sono così belle, medita lo scuoiatore mentre ripulisce la pelle ancora bella fresca da un filamento di téndine.

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vulpes | Charles Tunnicliff­e, «Measured Drawings» ,1984

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