Scivolare sulla risata
Non c’è niente di più comico dell’infelicità, altrui naturalmente; lo diceva persino il serissimo Samuel Beckett. Sarà per questo, forse, che il logo dell’unico festival italiano su umorismo, comicità e satira è una buccia di banana, su cui uno cade e su cui un altro ride. Giunto alla II edizione «Il senso del ridicolo» si chiude oggi a Livorno con ospiti tutt’altro che risibili: Claudia de Lillo, alias Elasti; Paolo Nori; Matteo Caccia; Andrea Cane; Marianna Aprile; Alessio Viola; Gianni Canova; Davide Ferrario... «È una rassegna trasversale, non “a tema”», spiega il direttore Stefano Bartezzaghi, semiologo, giornalista, scrittore con la passione per l’enigmistica.
Se l’anno scorso si è discusso di umorismo ebraico, quest’anno è la volta quello british di Alan Bennett: oggi pomeriggio, in piazza del Luogo Pio, Ottavia Piccolo leggerà una spassosa «storia di antiquariato» dell’autore britannico. Altro filo rosso è, infatti, l’ironia e la burla d’artista, come le finte teste di Modigliani o gli «scherzi disseminati in alcune opere di Giotto, che oggi chiameremmo vignette».
Dalla satira non si scappa, insomma, ma è pro o contro le illustrazioni di Charlie Hebdo sui terremotati del Centro Italia? «Il giornale ha molto maramaldeggiato, tuttavia alla satira non vanno messi limiti ma delimitazioni. Il punto, cioè, è il contesto: “Il Male”, ad esempio, scrisse cose atroci, ma nessuno ai tempi osò scandalizzarsi. Il problema oggi si pone perché le vignette sono estrapolate dal contesto e pubblicate sui social network, o stampate sulla maglietta di un politico: allora il testo non è più di satira, ma diventa un messaggio violentissimo».
Patria della satira canagliesca e vernacolare, Livorno ha fortemente voluto il festival. È stata la Fondazione Livorno a cercarmi: ero titubante; portare una rassegna sul ridicolo nella città che si crede la più spiritosa d’Italia era una sfida, ma l’accoglienza è stata calorosa e l’esperienza stimolantissima. Credo che la comicità sia legata alla geografia, oltre che alla storia e alla cultura». Perciò oggi si confronteranno due guru dello spirito, nel senso di spiritoso: Mario Cardinali, fondatore de «Il Vernacoliere», e l’istrione mediatico Bruno Gambarotta nell’incontro “Senza Asti, né Livor”, Cardinali è livornese e Gambarotta astigiano.
Il «senso» cui allude il titolo della kermesse «è parola interessante, sia per il rimando alla sfera sensoriale, pre-razionale, sia, viceversa, per la sua eco razionalissima, cioè nell’accezione di “direzione”, ma anche di “scopo”. Il “senso del ridicolo” viene prima di altri concetti più strutturati come “ironia”, “umorismo”, “arguzia”...».
Ma in che senso va la comicità oggi? «Oggi più che mai, è un’arma retorica potentissima, e non a caso la politica se ne serve: pensiamo alla campagna di Trump, che ha messo in ridicolo gli avversari, un po’ come da noi fa Grillo. Così si conquista la “pancia” del Paese, anziché persuaderlo con argomenti logico-razionali. Anche in privato ricorriamo all’ironia per cercare consenso spesso sortendo l’effetto contrario, di far ridere perché le nostre trovate non fanno affatto ridere: l’altra faccia della medaglia, insomma, è la tristezza nel renderci ridicoli. Viviamo in una società profondamente ridicola», conclude. Poi confessa: «Forse un festival sulla morte oggi sarebbe più divertente». Sì, da morir dal ridere.