Il Sole 24 Ore

Per l’entrata in vigore di Parigi manca all’a ppello l’Europa

Intanto le multinazio­nali si adeguano inserendo le emissioni nel bilancio

- – El. C. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

a Siamo a quota 60. Questa settimana lo storico Accordo di Parigi contro l’effetto serra è stato ratificato da altri 31 Paesi e ha superato così la fatidica soglia dei 55 Paesi aderenti, fissata in dicembre per farlo entrare in vigore. I magnifici 60, compresi i due più grandi emettitori Cina e Stati Uniti ( che insieme coprono il 38% delle emissioni globali), non ottemperan­o però all’altra condizione chiave, cioè coprire il 55% delle emissioni mondiali, perché arrivano “soltanto” al 47,62 per cento. Manca l’Unione Europea, che si è formalment­e impegnata a ratificare l’accordo entro l’anno. Vedremo ora come si muoveranno politicame­nte altri Paesi importanti in termini di CO 2, come Russia, India e Giappone.

Il processo di ratifica dunque va avanti spedito, ma la prima scadenza importante è già stata mancata: è evidente che l’accordo non sarà ratificato in tempo da tutti i Paesi necessari a farlo entrare in vigore prima delle presidenzi­ali americane dell’ 8 novembre. Donald Trump ha promesso, se eletto, di rigettare l’accordo. Azione difficile, se non impossibil­e, in base al diritto degli Stati Uniti, se l’accordo dovesse entrare in vigore prima del suo insediamen­to. Il quorum delle emissioni sarebbe raggiunto comodamen- te, invece, se l’Unione Europea potesse ratificarl­o a livello centralizz­ato.

La Ue è complessiv­amente responsabi­le del 12% delle emissioni globali di gas serra ed è il terzo emettitore mondiale, dopo Cina e Usa. Lo scorso dicembre, a Parigi, la Ue all’unanimità aveva approvato l’Accordo e aveva assunto un impegno formale davanti alle Nazioni Unite di ridurre «congiuntam­ente » le emissioni dei suoi 28 Paesi membri del 40% al di sotto dei livelli del 1990, entro il 2030. Con la vittoria del Leave in Gran Bretagna si è aperto il complesso problema della ridefinizi­one dell’effort- sharing, ossia della ripartizio­ne degli impegni di riduzione delle emissioni, tra i Paesi della Ue senza Gran Bretagna. Alcuni Paesi, tra cui la Francia, hanno già avviato il processo di ratifica. Altri attendono di conoscere prima i dettagli degli obiettivi climatici Ue senza la Gran Bretagna per il 2030 prima di iniziare o concludere il loro processo di ratifica. Per questa ragione la Commission­e europea - che potrebbe ratificare gli impegni di Parigi senza attendere le singole ratifiche nazionali - intende aspettare che tutti i singoli Paesi l’abbiano fatto. Su questa base potrebbero passare mesi, forse anni, per avere la ratifica complessiv­a della Ue, che invece aveva previsto di completare il processo entro la Cop22 di Marrakesh ( dal 7 al 18 novembre). D’altra parte, di fronte al segretaria­to della Convenzion­e sui Cambiament­i Climatici, ogni singolo Paese è responsabi­le del proprio target. Nel frattempo, si spera nella Russia, che da sola farebbe la differenza, co- me successe anche per il Protocollo di Kyoto.

Mentre i governi si palleggian­o la responsabi­lità dell’entrata in vigore dell’Accordo, le multinazio­nali procedono spedite a integrare il peso delle emissioni di CO 2 nel proprio conto economico e nelle proprie strategie future. Oltre 600 grandi società globali, con una capitalizz­azione complessiv­a di 12mila miliardi di dollari, stanno inserendo le nuove indicazion­i dell’Accordo di Parigi nel proprio business plan, prima ancora che diventino legge, in base a un recente studio del Carbon Disclosure Project. Le società usano diversi strumenti per spostare i propri investimen­ti verso l’efficienza energetica, le attività e i prodotti low-carbon, ad esempio scegliendo i progetti di riduzione dei gas serra in base ai risparmi energetici che generano.

Il sistema più comune è attribuire un prezzo interno alla CO2, che ne quantifich­i con precisione il peso sulle strategie di business, in modo da stimolare la ricerca e lo sviluppo di tecnologie a basso impatto. I prezzi attribuiti dalla diverse società alla tonnellata di anidride carbonica, però, variano moltissimo, dai 6,70 dollari della Bmw ai 100 dollari di Novartis, passando per i 50 dollari di Statoil, i 40 dollari di Eni, Bp e Shell, i 30 dollari di E. on o i 12,29 di Enel. È opinione condivisa fra gli esperti di queste dinamiche che un prezzo della CO2 concordato a livello globale sarebbe di grande aiuto nello sviluppo delle strategie industrial­i low- carbon.

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