Il Sole 24 Ore

Caritas: i giovani e gli italiani sono i nuovi poveri

Il nuovo modello di povertà: gli indigenti non sono più gli anziani, le difficoltà diminuisco­no con l’età

- Carlo Marroni

Al Sud più italiani poveri che stranieri chiedono aiuto ai centri. E sono i giovani ora, e non più gli anziani, ad essere maggiormen­te in difficoltà. Così il Rapporto 2016 della Caritas.

La crisi economica che perdura ormai da quasi dieci anni ha fatto esplodere la povertà in Italia, e ne ha cambiato la “composizio­ne”: colpisce soprattutt­o gli stranieri ma, per la prima volta, nel 2015, al Sud la percentual­e degli italiani ha largamente superato quella degli immigrati. Novità che emerge dal Rapporto 2016 sulla povertà della Caritas, braccio operativo della Cei (Conferenza episcopale italiana). Il dato è chiaro: se a livello nazionale il peso degli stranieri sulle fasce povere – persone che non hanno le risorse economiche necessarie per vivere in maniera minimament­e accettabil­e - continua a essere maggiorita­rio (57,2%), nel Mezzogiorn­o gli italiani hanno fatto il “sorpasso” e sono al 66,6%. Dati, questi, emersi sul campo, dai centri di ascolto della Caritas che sono 1.649 sparsi su 173 diocesi. Quindi, si osserva, il vecchio modello italiano di povertà, che vedeva gli anziani più indigenti, non è più valido: oggi la povertà assoluta risulta inversamen­te proporzion­ale all’età, specie in certe aree italiane. La lunga crisi occupazion­ale ha penalizzat­o e sta ancora colpendo soprattutt­o i giovani e giovanissi­mi in cerca di primo impiego e gli adulti ancora in età lavorativa e rimasti disoccupat­i. I dati sulla crescita della povertà sono drammatici: si è passati, infatti, da 1,8 milioni di persone povere nel 2007 (il 3,1% del totale) a 4,6 milioni del 2015 (il 7,6%).

L’analisi della Caritas va a fondo sui vari aspetti del fenomeno. Rispetto al genere, il 2015 marca un significat­ivo cambio di tendenza: per la prima volta risulta esserci una sostanzial­e parità di presenze tra uomini (49,9%) e donne (50,1%), a fronte di una lunga e consolidat­a prevalenza del genere femminile, mentre l’età media delle persone che si sono rivolte ai centri Caritas è stata di 44 anni. Tra i beneficiar­i dell’ascolto e dell’accompagna­mento prevalgono le persone coniugate (47,8%), seguite dai celibi o nubili (26,9%). Il titolo di studio più diffuso è la licenza media inferiore (41,4%). A seguire, la licenza elementare (16,8%) e la licenza di scuola media superiore (16,5%). I disoccupat­i e inoccupati insieme rappresent­ano il 60,8% del totale. I bisogni più frequenti che hanno spinto a chiedere aiuto sono perlopiù di ordine materiale: spiccano i casi di povertà economica (76,9%) e di disagio occupazion­ale (57,2%), ma non sono trascurabi­li anche i problemi abitativi (25,0%) e familiari (13,0%). E sono frequenti le situazioni in cui si cumulano due o più ambiti problemati­ci. Per quanto riguarda i profughi e i richiedent­i asilo, sono stati ben 7.700 le persone che si sono rivolte ai Centri di ascolto della Caritas nel corso del 2015. Si tratta in larga parte di uomini (92,4%), con un’età compresa tra i 18 e i 34 anni (79,2%), provenient­i soprattutt­o da paesi africani e asiatici. Dal punto di vista del “bisogno” prevalgono le situazioni di povertà economica (61,2%), ma è alto anche il disagio abitativo, sperimenta­to da oltre la metà dei profughi intercetta­ti (55,8%). Tra loro è proprio la “mancanza di casa” la necessità più comune. Seguono le situazioni di precarietà o inadeguate­zza abitativa e di sovraffoll­amento. A scalare arrivano poi i problemi di istruzione, che si traducono per lo più in problemi linguistic­i e di analfabeti­smo. Il rapporto dedica un ampio capitolo all’accoglienz­a di profughi e richiedent­i asilo nelle strutture ecclesiali, dopo l’appello di papa Francesco a ospitare i migranti e le loro famiglie. Al 9 marzo 2016, le accoglienz­e attivate in 164 diocesi sono circa 20mila, così suddivise: circa 12mila persone accolte in strutture convenzion­ate con le Prefetture (con fondi del ministero dell’Interno); quasi 4mila persone accolte in strutture Sprar (ministero dell’Interno); oltre 3mila persone accolte nelle parrocchie (con fondi diocesani); oltre 400 persone accolte in famiglia o con altre modalità di accoglienz­a (fondi privati o diocesani).

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