«Cambio di metodo, bel segnale»
Boccia: interessante segnale di politica economica in chiave moderna
Non sintetizza il giudizio in un numero: «Non diamo voti». Ma lo esprime in modo articolato: «Un interessante segnale di cambio di passo nella politica economica in chiave moderna». Aggiungendo: «Esprimiamo un giudizio essenzialmente positivo perché per la prima volta nella recente storia della politica economica del Paese si fa una sforzo sulla politica dei fattori di competitività e non dei settori». Per Vincenzo Boccia è un modo di procedere «molto significativo dal punto di vista culturale».
Il presidente di Confindustria è a Brescia, all’assemblea degli industriali. E davanti alla platea si è soffermato sulla legge di Bilancio, approvata sabato dal Consiglio dei ministri. Boccia ha sottolineato in particolare il metodo seguito dal governo: «Mi sembra un’ottima cosa perché non si scelgono i settori ma si individuano i fattori di competitività orizzontali ai settori stessi». E anche il fatto che sia stata fatta «un’operazione su risorse e strumenti selettivi che rientra nella linea di cavalcare la quarta rivoluzione industriale, di indirizzare le scelte dell’industria italiana su una alta intensità di investimenti, di produttività, di valore aggiunto». Certo, ha aggiunto il presidente di Confindustria dal palco, «non è una legge di Bilancio che può rimuovere per magia le criticità del Paese. Ma è un tassello importante della politica economica». Anzi, «è un grande passo, anche se chiaramente la politica economica di un Paese è fatta di tanti piccoli passi».
Prima di Boccia, il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, aveva parlato dei progetti del Governo, sottolineando l’importanza di lavorare insieme alle imprese. È uno dei punti cruciali per la competitività del Paese. «Ora bisogna lavorare su semplificazione, tempi della giustizia e dotazione infrastrutturale del Paese», argomento, quest'ultimo «su cui insiste il mio amico Marco», ha detto Boccia, riferendosi al presidente degli industriali bresciani, Marco Bonometti, che ha aperto l’assemblea, concentrata proprio sulla questione infrastrutture.
Confindustria, ha detto il presidente, vuole essere un soggetto di proposta. «Prima definiamo gli ef- fetti che vogliamo sull’economia reale, individuiamo gli strumenti, le risorse, poi bisogna valutare i saldi di bilancio», ha detto Boccia, «l’opposto di quello che si fa in Europa». La politica dell’offerta e dei fattori, ha spiegato, è un modo per rendere il Paese competitivo e creare quel «circolo virtuoso dell’economia» che porta alla crescita. Più produttività, più investimenti, più salari, più domanda, più occupazione: in questo «circolo virtuoso», per il presidente di Confindustria, «sviluppo e solidarietà si tengono insieme. Le aziende sono più competitive, possono attrarre investimenti, produrre ricchezza e quindi anche ridurre le disuguaglianze>»
La produttività è centrale: «Non perché è di moda, ma perché è una questione fondamentale per non portare alla paralisi il sistema industriale italiano. Per questo abbiamo chiesto di detassare i premi di produzione, per rendere conveniente lo scambio salari-produttività, e puntiamo a relazioni industriali che vadano in questa direzione».
Boccia ha ricordato il vertice bilaterale di Bolzano che si è tenuto la scorsa settimana con la Bdi, la Confindustria tedesca: «Abbiamo sottoscritto un documento articolato il 12 punti, che mette in evidenza due aspetti in particolare: il primo è sottolineare l’importanza della questione industriale in Italia e in Germania, che sono il secondo e il primo Paese manifatturieri in Europa. Il secondo è un messaggio alla politica: la sfida è tra Europa e mondo esterno, non tra governi europei».
E sempre sull’Europa, il presidente di Confindustria ha rimarcato la contraddizione di una politica monetaria espansiva e di una politica economica invece che si muove in direzione opposta. Motivo per cui l’Europa non riesce a cogliere le occasioni di crescita, mentre gli Stati Uniti, dove le due politiche sono in sintonia, riescono a farlo.
Crescere, ha aggiunto, porta con sé una questione temporale: «il time to market» tra ciò che si dice e quando si realizza. Per farlo occorre un Paese competitivo: «È la sfida che poniamo alla politica. Noi ce la metteremo tutta con le nostre proposte, con l’obiettivo, che è la nostra sfida, di far diventare l’Italia il primo Paese industriale al mondo».
POLITICA DEI FATTORI «Giudizio essenzialmente positivo perché per la prima volta si fa uno sforzo sulla politica dei fattori di competitività e non dei settori»