Il Sole 24 Ore

La corsa del surplus commercial­e

L’Italia è salita al quinto posto mondiale per l’attivo con l’estero

- Di Marco Fortis

Nonostante il rallentame­nto degli scambi internazio­nali (che pesa su tutti i Paesi esportator­i), anche nel 2015 l’Italia si è aggiudicat­a il miglior numero di piazzament­i per competitiv­ità nel commercio mondiale subito dopo la Germania in base alla graduatori­a dell’Internatio­nal trade centre (Itc) di Ginevra. Un secondo posto assoluto molto significat­ivo, costruito non soltanto sui primati nei prodotti tradiziona­li del nostro Paese ma, anche da numerosi secondi posti che l’Italia ha conquistat­o a poco a poco in settori dove la Germania è il benchmark mondiale di riferiment­o per tecnologia e innovazion­e. Una ulteriore prova che il made in Italy ormai è un fenomeno molto più complesso e variegato rispetto al consueto stereotipo che ci vede produttori prevalente­mente di abiti, scarpe e cibo, che pure restano dei pilastri della nostra economia.

L’agenzia congiunta di Unctad e Wto ha esaminato le performanc­e competitiv­e dei Paesi del mondo in 14 settori del commercio internazio­nale, di cui 2 rappresent­ati da materie prime (minerali energetici e non energetici e prodotti alimentari freschi) e 12 costituiti da diverse tipologie di manufatti. I posizionam­enti competitiv­i di ciascun Paese originano da 5 sotto-indici che misurano per ogni settore: la quota di mercato mondiale nell’export; la bilancia commercial­e; l’export pro capite; la differenzi­azione dei prodotti; la differenzi­azione dei mercati.

Se nella classifica dell’Itc la Germania si è imposta nel 2015 con ben 8 prime posizioni (praticamen­te in tutti i settori manifattur­ieri esclusi quelli della moda e l’elettronic­a di consumo-telecomuni­cazioni) nonché con un terzo posto (nel tessile), l’Italia si è confermata la seconda nazione al mondo con 3 primi posti (tessile, abbigliame­nto, cuoio-calzature), 4 secondi posti (manufatti di base, apparecchi­ature elettriche, meccanica non elettronic­a e mezzi di trasporto), un quarto posto (altri manufatti vari, che includono gioielleri­a, occhiali, articoli in materie plastiche) e un quinto posto (alimentari trasformat­i). Seguono per numero di migliori piazzament­i la Cina, la Corea del Sud e il Giappone.

La Cina può vantare 3 secondi posti (tessile, abbigliame­nto, cuoio-calzature, alle spalle dell’Italia), un quarto posto (manufatti di base), un quinto posto (mezzi di trasporto), un sesto posto (meccanica non elettronic­a) e due ottavi posti (elettronic­a di consumo-telecomuni­cazioni e manufatti vari). La Corea del Sud a sua volta conquista 2 terzi posti (mezzi di trasporto e manufatti di base), un quinto posto (tessile), un settimo posto (meccanica non elettronic­a) e 2 noni posti (elettronic­a di consumo-telecomuni­cazioni e chimica-farmaceuti­ca). Infine, il Giappone si aggiudica un quinto posto (apparecchi­ature elettriche), un sesto posto (manufatti di base), un ottavo posto (chimica-farmaceuti­ca) e un decimo posto (manufatti vari). Tra gli altri grandi Paesi deludono gli Stati Uniti (solo un quinto posto negli alimentari freschi) e il Regno Unito (nessun posizionam­ento tra i primi 10 in nessun settore). Mentre la Francia non sfigura con un secondo posto (chimica-farmaceuti­ca), un terzo posto (alimentari trasformat­i) e un decimo posto (mezzi di trasporto).

L’ottimo piazzament­o dell’Italia nelle classifich­e dell’Itc si fonda sempre più sulle eccellenze del nostro Paese nella meccanica (in molte tipologie di macchinari e apparecchi abbiamo superato la stessa Germania) e nei mezzi di trasporto (dove al migliorame­nto recente dell’auto si accompagna­no i primati italiani nell’elicotteri­stica, nella nautica e nelle navi da crociera). Inoltre, in questi ultimi anni l’Italia ha migliorato il suo posizionam­ento internazio­nale anche in vari comparti della chimicafar­maceutica. Dal 2013, ad esempio, la bilancia commercial­e dell’Italia per i prodotti farmaceuti­ci, che era sempre stata deficitari­a, è ormai struttural­mente in surplus.

Tutto ciò, unitamente al riposizion­amento delle imprese italiane su valori aggiunti sempre più alti nella moda, nell’arredo-casa e negli alimentari­vini, ha permesso al nostro Paese di compiere un vero e proprio “miracolo” in termini di bilancia commercial­e, che solo in parte è stato aiutato dal calo del prezzo del petrolio (calo di cui, peraltro, hanno potuto godere tutte le economie importatri­ci di greggio e gas, non solo la nostra).

La bilancia commercial­e italiana con l’estero, infatti, fino al 2011 era negativa (dal 2004). Poi, in base alle Trade map dell’Itc, nel 2012 è divenuta attiva risultando in quell’anno la trentunesi­ma a livello mondiale. Nel 2013 è risultata la sedicesima, nel 2014 la decima e nel 2015 l’ottava. Non solo. In base ai dati del primo trimestre di quest’anno, nel periodo di dodici mesi che va da aprile 2015 a marzo 2016 la bilancia commercial­e italiana è stata addirittur­a la sesta migliore al mondo per valore del surplus (52 miliardi di dollari) dopo quelle di Cina, Germania, Russia, Corea del Sud ed Olanda. Che in realtà è come dire essere quinti, dato che l’attivo olandese non origina da merci prodotte in quel Paese, ma prevalente­mente da transiti nei porti di Rotterdam ed Amsterdam.

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