In che modo cercare di fermare i giovani «costretti» a emigrare
Caro Fabi in una lettera pubblicata sul Sole 24 Ore del 13 settembre un lettore le poneva il problema dei giovani, e sono sempre di più, che lasciano l’Italia dopo aver conseguito anche elevati titoli di studio, in particolare dottorati di ricerca. E sottolineava che moltissimi sono così costretti a emigrare per trovare un lavoro in università straniere e proseguire le loro ricerche. La beffa si aggiunge al danno, visto che sono altri Paesi a beneficiare delle somme investite per formarli. Nella sua risposta lei non ha dato peso a questo problema economico: in parole povere le decine di migliaia di euro che vengono spesi per l’istruzione di persone che non restituiranno nulla all’Italia. E allora mi chiedo: perché non istituire una tassa da far pagare a questi giovani? Chi vuole andare all’estero è libero di andare, ma almeno restituisca quello che ha ricevuto.
Federico Amato
Gentile Amato, la sua proposta, mi consenta la franchezza, non è solo inattuabile, ma anche controproducente. Inattuabile perché bisognerebbe riscuotere questa tassa all’estero, una volta che il giovane abbia trovato un lavoro. E questo è chiaramente impossibile a meno di convincere i Paesi esteri a fare i sostituti d’imposta per le tasse italiane: nessuno lo ha mai fatto e nessuno lo farà. Resta la possibilità di far pagare questa tassa in Italia e allora sarebbe controproducente perché avrebbe come effetto quello di bloccare l’eventuale rientro, anche solo per brevi periodi, di chi ha un lavoro all’estero.
Forse sarebbe il caso di uscire dalla logica secondo cui di fronte a un problema è necessario approvare nuove leggi, possibilmente coercitive, o imporre nuove tasse. Perché non rovesciare il problema? E attuare una politica di “spinte gentili”, di incentivi, di facilitazioni per aiutare i giovani a trovare nuove strade all’interno delle imprese o diventando essi stessi imprenditori anche grazie alle enormi potenzialità a basso costo offerte dalla rivoluzione di Internet.
Gli esempi non mancano. Alcuni molto significativi li ha raccolti il rettore dell’Università Cattaneo, Federico Visconti, in un libro (“Start up”, ed. Guerininext, 150 pagine, 15 euro) in cui, anche in occasione dei 25 anni dell’ateneo, sono raccontati 25 casi di nuova imprenditoria nei settori più diversi: tutti nati da un costruttivo rapporto tra università, imprese e territorio: «Ci si mette in gioco – scrive Visconti – a Varese quanto ad Agrigento, a Bucarest così come a Toronto. Storie come queste assumono un grande valore simbolico: stimolano a portare (o a riportare) l’attenzione sul mestiere di imprenditore e sul suoi contributo allo sviluppo della società civile». I giovani restano in Italia se non li si “costringe” ad emigrare. O tornano in Italia dopo esperienze all’estero se sanno di poter trovare la possibilità di sviluppare le loro competenze. È vero: l’istruzione costa, allo Stato e alla famiglie. Ma è un investimento da far fruttare aprendo le scuole e le università alle imprese e al più vasto mondo esterno. Senza nuovi vincoli burocratici o tasse punitive.
gianfranco.fabi@ilsole24ore.com
I conti di Bruxelles
A Bruxelles, quando c’è da esaminare una legge finanziaria, vige la regola del vedere cammello. A tot spese, devono corrispondere altrettante entrate certe, non auspici. Il Governo italiano lo sa e ha già messo le mani in avanti sui rilievi che potrebbero essere mossi alla bozza di manovra appena elaborata, i cui punti nevralgici riguarderebbero le coperture per interventi quali l’anticipo pensionistico, le stabilizzazioni di medici, infermieri e forze dell’ordine, l’incremento del fondo sanitario. Si tratta di misure la cui copertura sarebbe garantita dalle tre seguenti fonti di entrata. Messa a regime della centrale unica di acquisti. Sarebbe questo un risparmio stimato, un incasso in prospettiva. Già, ma quale prospettiva? Voluntary disclosure: un’altra stima, quantificata in due miliardi di possibili introiti dal rientro di capitali illecitamente trasferiti all’estero. Chiusura di Equitalia. Sarebbe, delle tre, la sola entrata quantificabile in modo certo e non a caso i problemi potrebbero sorgere sul quanto verrebbe risparmiato in un solo anno (anzi, in sei mesi), vale a dire ben 4 miliardi. Viste le premesse è così probabile che la bozza venga rimaneggiata entro la fine dell’anno.
Marco Lombardi
Fare squadra
Il sindaco di Roma, Virginia Raggi, ha riunito la sua giunta per un fine settimana in un agriturismo, allo scopo dichiarato di facilitare la reciproca conoscenza e fare gruppo. La trovo un’ottima idea, però, siccome proprio i 5 Stelle hanno insegnato che la politica si fa nelle sedi istituzionali e non negli agriturismi, mi chiedo chi abbia avuto questa idea.
Roberto Colombo
Milano
Musica da Nobel
A proposito delle polemiche sul Nobel a Bob Dylan, ricordo che lo storico Jacques Le Goff, al quale si chiedeva di riassumere con pochi eventi-documenti il Novecento, ha incluso le canzoni dei Beatles. Gli storici di oggi non temono più di abbassare il livello delle ricerche se si occupano di comunicazioni di massa, di cinema, di canzoni che hanno unito linguisticamente l’Italia e hanno segnato l’evoluzione del costume. Molti autori, fra i quali Fortini, Pasolini e Calvino, si erano confrontati con il mondo dei cantanti. Nel suo Racconto letterario del Novecento in Italia (Laterza, 1994), Giuseppe Petronio definisce “Nel blu dipinto di blu” «letteratura d’avanguardia», qualcun altro invece «segnalibro della storia». E allora, come la mettiamo con Dylan?
Lorenzo Catania
Catania