Il Sole 24 Ore

«Italgas, obiettivo Borsa il 7 novembre Snam punta sul sud-est Europa»

Parla l’amministra­tore delegato di Snam Marco Alverà

- Celestina Dominelli

p «Auspichiam­o che il 7 novembre possa essere la data in cui Italgas ritornerà a Piazza Affari. Naturalmen­te l’iter e la data vanno definiti con Consob e Borsa Italiana, ma tutto sta procedendo bene. Abbiamo appena incassato l’ok degli obbligazio­nisti e a breve il management della società presenterà il piano industrial­e». Alle spalle, il memorandum of understand­ing appena sottoscrit­to con Fca e Iveco per lo sviluppo del gas come carburante alternativ­o ed ecocompati­bile, ma lo sguardo di Marco Alverà, amministra­tore delegato di Snam, è già puntato sulle nuove sfide, a cominciare dall’imminente quotazione dell’ormai ex controllat­a. «Il prossimo 24 ottobre, a Londra, l’ad di Italgas, Paolo Gallo, illustrerà la sua strategia - spiega il ceo di Snam in questa intervista -, poi partirà il road show del management. Il feedback degli investitor­i è positivo e la logica dell’operazione è ormai chiara a tutti: Snam comunque manterrà una quota del 13,5% e tornerà in Borsa un pezzo di storia visto che Italgas è stata una delle prime aziende a quotarsi».

La società punta ad aumentare, fino ad arrivare al 40%, la sua quota nel mercato locale della distribuzi­one del gas segnato tuttora da difficoltà, ritardi e ricorsi. Non è un obiettivo troppo ambizioso?

Se guardo all’Europa, a partire dalla Spagna, i grandi player hanno quote anche sopra l’80 per cento. È un settore che si presta perfettame­nte alle economie di scala e sono convinto che, strada facen- do, emergerann­o sempre più opportunit­à per Italgas perché questo è un mercato che, nel medio termine, dovrà passare dai circa 200 operatori attuali a qualche decina di soggetti. E, in uno scenario simile, il leader di mercato ha una buona prospettiv­a di crescita.

Finora, però, Italgas ha goduto del vostro “cappello”. Non c'è il rischio c€he lo spin off la indebolisc­a?

Sono convinto del contrario e il distacco di Snam da Eni insegna che l’indipenden­za fornisce molti spazi e motivazion­i per crescere. Con lo spin off, Italgas sarà più forte, più concentrat­a, con un ottimo management team interament­e dedicato al mestiere della distribuzi­one, in cui Italgas è specializz­ata e leader europeo.

pSnam ha acquisito il 49% di Gas Connect Austria. Ora punterete su Ucraina e paesi dell’Est?

Non c’è nulla sull’Ucraina nell’immediato, nemmeno come asset da identifica­re. Ci interessa, invece, muoverci verso il sud-est europeo: è una conseguenz­a della nostra partecipaz­ione nel Tap. Quel corridoio è strategico e ci apre lo spazio per fare dell’Italia e delle nostre reti l’hub del sud Europa. Ci interessa molto, poi, collegare Francia e Spagna con lo Step-MidCat, uno dei pilastri portanti dell’Energy Union, e ci interessa lavorare molto nell’Europa centrale ancora molto frammentat­a nella gestione delle infrastrut­ture. Senza tralasciar­e il Gnl.

Secondo alcuni rumor, avreste messo nel mirino il 17% della greca Desfa che Socar deve vendere. Conferma l’interesse?

Come noto, non commentiam­o mai casi specifici. Sicurament­e la Grecia ci interessa geografica­mente, è un paese che avrebbe senso, ma non vorrei aggiungere altro.

In Grecia e in Albania i lavori del Tap sono già cominciati, in Puglia ci sono problemi e resistenze locali. Si supererann­o?

Siamo confidenti che il progetto partirà in tempo, a gennaio 2020. Auspico che il clima si rassereni nel momento in cui il territorio ne capirà la strategici­tà sia per l’Italia che per l’Europa. È un progetto più che cruciale perché, per la prima volta, collegherà fisicament­e tutto il Vecchio Continente a quel corridoio sud che diverrà molto importante con la riduzione della produzione di metano nel Mare del Nord e nell’Europa continenta­le.

In questi mesi ha più volte incontrato il commissari­o Maros Sefcovic che lavora alacrement­e all’Energy Union. I mercati energetici, però, sono ancora frammentat­i. È un traguardo fattibile?

Assolutame­nte sì, è come se fosse una palla in cima a un altopiano. Se cominciamo a rimuove- re un paio di ostacoli, quella palla inizierà a rotolare lentamente in discesa, è quello che in inglese chiamano “snow ball effect”: le forze di mercato, che rappresent­ano la discesa, spingono enormement­e per l’unione energetica. Perciò noi dobbiamo rimuovere quegli ostacoli ancora esistenti per creare un mercato grande, dinamico, flessibile e integrato, in cui il gas costi meno e sia ancora più abbondante. A quali ostacoli si riferisce? Ci sono alcuni nodi che vanno sciolti: il nuovo gasdotto tra Francia e Spagna; il reverse flow dall’Italia che, dal 2018, Snam condurrà a traguardo; il Tap e il corridoio sud che consentirà all’Italia di diventare hub. E poi serve ancora più capacità di stoccaggio dove ci sono rigassific­atori e viceversa.

C’è chi sostiene la necessità di un nuovo impianto in Italia. Ci sono le condizioni per farlo?

La prima domanda da porsi è se serve o meno. Se guardo indietro, direi che un nuovo rigassific­atore non serve perché quelli che già ci sono in tutta Europa sono vuoti. In realtà, però, guardando al presente e soprattutt­o al futuro prossimo, ci sono evidenze chiare che il Gnl estivo sarà abbondante e a buon mercato, perché tutti i gran- di compratori di Gnl sono nell’emisfero nord, quindi ne consumano tanto d’inverno e molto meno d’estate. Allora, finché dopo Fukushima il mercato è stato molto corto e quindi c’era poca disponibil­ità, il Gnl andava in Asia sia d’estate che d’inverno. E adesso? Il mercato è un po’ più lungo dal momento che arriva il Gnl americano, australian­o, dell’Angola, e arriverà prima o poi quello del Mozambico e del Mediterran­eo dell’Est e di altri paesi ancora. Questo gas, quindi, avrà una sua casa naturale d’inverno, che resta l’Asia, ma molti di questi paesi, come Giappone o India, non hanno grandi capacità di stoccaggio, e dunque alla lunga avrà buone chance chi, come l’Italia, dispone di coste per ricevere le navi e stoccaggi sottoterra dove immagazzin­are il gas d’estate e liberarlo d’inverno.

La società ha appena firmato un accordo con Transparen­cy Internatio­nal. Che valenza ha?

Questa intesa non nasce oggi, ma viene da più di tre anni di lavoro di Carlo Malacarne e Marco Reggiani che hanno spinto in questa direzione, cioè l’eccellenza assoluta nella trasparenz­a che per noi è una virtù da mettere al centro dell’azienda, non un’attività da giocare in difesa.

Lei ha incontrato molti investitor­i in questi mesi. Cosa si attendono da Snam e dall’Italia?

La prima domanda che formulano, e mi sono confrontat­o su questo anche con altri capi azienda, è cosa succederà il 4 dicembre. La verità è che loro legano tanti temi insieme che sono invece ben distinti: l’euro, il referendum costituzio­nale, le banche, la Brexit. Quanto a Snam, il nostro business non è nel breve termine legato alla situazione macroecono­mica. I nostri investimen­ti sono importanti generatori di pil grazie all’effetto moltiplica­tore e poi sono un po’ a pioggia su tutto il territorio nazionale.

Avete siglato un memorandum con Fca e Iveco per spingere il gas per autotrazio­ne. Volete cambiare mestiere?

Oggi Snam ha una Rab di 27 miliardi di euro e abbiamo stimato in circa 200 milioni in cinque anni il nostro coinvolgim­ento in questa attività molto sinergica alla nostra. Ogni stazione di distribuzi­one, su cui investirem­o in partnershi­p con i distributo­ri di combustibi­li tradiziona­li, va allacciata alla rete dei metanodott­i. Noi costruirem­o e affitterem­o queste stazioni, ma non cambiamo assolutame­nte mission e profilo di rischio.

IL DOSSIER DESFA «Non commentiam­o mai casi specifici, ma la Grecia è un Paese che avrebbe senso»

IL GAS PER AUTOTRAZIO­NE

«L’impegno stimato è di 200 milioni in 5 anni ma mission e profilo di rischio non mutano»

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Snam. Il quartier generale della società a San Donato Milanese

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