Prima verifica sul vantaggio legittimo
Il punto di partenza per individuare l’abuso del diritto è verificare se il vantaggio risulta legittimo o meno. Se il vantaggio è legittimo, non ci può essere abuso.
È questo il corretto approccio fatto dall’Agenzia con la risoluzione n. 93/E in tema di assegnazione agevolata. L’altro elemento che andrebbe preliminarmente considerato è se si tratta di evasione o meno: poi si potranno prendere in considerazione, eventualmente, la sostanza economica e tutti gli altri “corollari” inseriti dalla norma sull’abuso del diritto. In sostanza, come si è sempre rilevato su queste pagine, l’abuso del diritto non può che essere individuato per esclusione.
Ad ogni modo, anche l’Agenzia conferma che il contribuente può scegliere una condotta semplicemente perché la stessa determina un vantaggio fiscale lecito. Nella relazione illustrativa al Dlgs 128/2015 è specificato chiaramente che non è possibile configurare una condotta abusiva laddove il contribuente scelga, ad esempio, per dare luogo all’estinzione di una società, di procedere a una fusione anziché alla liquidazione.
Quando, appunto, è l’ordinamento che offre “l’alternativa” fiscalmente più vantaggiosa, la scelta del contribuente non può essere censurata. Il vantaggio fiscale che consegue è infatti un vantaggio of- ferto dal sistema, di sistema, quindi, non contrario ad esso.
I casi in cui ciò accade possono essere molteplici. Si può ipotizzare il caso della trasformazione societaria finalizzata a conseguire una minore imposizione oppure l’ acquisizione di partecipazioni per rientrare nel consolidato domestico.
Va rilevato che l’Agenzia aveva già svolto alcune considerazioni sulla stessa assegnazione agevolata nella circolare 26/E/2016, precisando che il cambiamento di destinazione d’uso di un immobile, che prima veniva utilizzato direttamente e poi no, risultava scelta preordinata all’esercizio di una facoltà prevista dalla legge dalla quale origina un legittimo risparmio d’imposta.
Un’altra ipotesi di legittimo risparmio d’imposta, ad esempio, poteva (e potrà) essere considerata l’utilizzo della trasformazione agevolata in società semplice con il successivo trasferimento (come società semplice) degli immobili fruendo della non rilevanza delle plusvalenze per gli immobili detenuti da più di cinque anni.
In sostanza, se è vero che i regimi tributari alternativi ammessi dall’ordinamento non sono “elettivi”, ma sono liberamente accessibili da parte del contribuente, deve anche ammettersi che tutte le operazioni che consentono al contribuente di soddisfare i presupposti per poter fruire di questi regimi siano altret- tante legittime e non abusive.
Altrimenti detto, non c’è abuso laddove il contribuente, per realizzare un determinato risultato, abbia scelto semplicemente una tra le diverse opzioni offerte dall’ordinamento per conseguirlo e, segnatamente, quella fiscalmente più conveniente.Seèilsistemastessoacontemplare questa opzione, la scelta del contribuente di avvalersene ponendo in essere i relativi presupposti non configura abuso del diritto, anche se la scelta è stata motivata da esclusive ragioni fiscali.
È da disattendere dunque l’idea che l’elusione si realizzi attraverso un abuso delle forme giuridiche finalizzato a sottrarre una certa operazione al suo regime naturale. Se l’ordinamento prevede più opzioni, più percorsi giuridici, non può essere disatteso il percorso negoziale scelto dal contribuente, che nell’elusione è sempre lecito (ecco perché l’inopponibilità è un grande fraintendimento): è il vantaggio fiscale ottenuto che, semmai, risulta illegittimo.
LA MOTIVAZIONE La convenienza tributaria non è censurabile quando è l’ordinamento che offre l’alternativa fiscalmente più vantaggiosa