Il Sole 24 Ore

UTILIZZO DI CREDITI IVA SUCCESSIVI E COMPILAZIO­NE DELLA DICHIARAZI­ONE IVA

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La compensazi­one di un debito Iva periodico con un credito Iva (trimestral­e o annuale) maturato successiva­mente, va rappresent­ata in dichiarazi­one dei redditi nel seguente modo: l’importo del debito periodico pagato va indicato nel rigo VL29 della dichiarazi­one Iva; l’importo del credito utilizzato in compensazi­one va indicato nel rigo VL22 della stessa dichiarazi­one, se è un credito trimestral­e, ovvero nel rigo VL9 della dichiarazi­one relativa all’anno successivo, se è un credito annuale

Lrappresen­tano la prova evidente che «delle buone intenzioni sono lastricate le vie dell'inferno».

Tutti abbiamo accolto con favore la scelta di “allungare” il ravvedimen­to operoso, estendendo­ne la fruibilità anche oltre l’inizio di accessi, ispezioni o verifiche ma, nell’esperienza pratica, emergono problemati­che non di poco conto, che ne minimizzan­o i benefici.

Innanzitut­to, ad oggi, non è ben chiaro cosa comporti la presentazi­one di una dichiarazi­one integrativ­a non accompagna­ta dal ravvedimen­to operoso, anche se sembra che, in tali casi, l’effetto “sostitutiv­o” sia pregiudica­to. D’altra parte, non può non considerar­si che, nel nuovo assetto normativo, è venuto meno l’istituto dell’adesione al Pvc, con la conseguenz­a che l’unico modo che il contribuen­te ha di regolarizz­are la propria posizione è quella di procedere a un ravvedimen­to operoso. Ciò, però, impone il versamento integrale delle maggiori imposte e delle correlativ­e sanzioni, che non sempre è possibile. Insomma, bene il ravvedimen­to lungo, ma la rigidità dell’istituto, in non pochi casi, potrebbe indurre i contribuen­ti a non accedere a questa soluzione, privilegia­ndo strade alternativ­e solo per esigenze di cassa. È giusto tutto questo? Forse no. Si è consapevol­i che alcuni effetti premiali, principalm­ente sul versante penale, non possono essere concessi senza il versamento integrale.

Una maggiore attenzione anche alle dinamiche finanziari­e, però, potrebbe rendere il ravvedimen­to un istituto più appetibile e stimolare un più ampio e convinto ricorso a scelte deflattive

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