Il Sole 24 Ore

Per i falsi appalti la trappola dei prezzi ridotti (in apparenza)

- Di Potito Di Nunzio

Perché rivolgersi a una società di somministr­azione per assumere personale? C'è chi lo fornisce a molto meno offrendo un servizio di appalto.

È quello che sta accadendo con maggiore frequenza dopo le modifiche del jobs act in tema di somministr­azione e di depenalizz­azione dei reati in materia di lavoro.

Ci sono diverse società cooperativ­e che scrivono alle aziende offrendo qualunque tipologia di servizio. «Per svolgere questi servizi», si legge in una comunicazi­one, «impieghiam­o i nostri addetti o personale da voi segnalato. Dopo l'assunzione da parte nostra del personale da impiegare, questi ultimi potranno lavorare presso la vostra azienda, con le stesse mansioni di prima, ma con costi più contenuti rispetto ad un'assunzione diretta da parte vostra». Segue poi il prospetto di calcolo esemplific­ativo che evidenzia il costo di un operaio. Si legge, i nfine, i n chiusura di lettera, che «La forma contrattua­le proposta è il contratto di appalto per servizi complement­ari».

Tutto regolare? Direi proprio di no. La valutazion­e della genuinità di un appalto si basa su criteri diversi, fra tutti il rischio di impresa e l'organizzaz­ione in proprio di un'opera o servizio, cioè, per usare le parole del ministero nella circolareq­uadro sugli appalti n. 5/2011, un «fare» qualcosa invece che un «dare» manodopera.

Questi narrati sono casi palesi di somministr­azione irregolare. Peccato che la fattispeci­e della somministr­azione fraudolent­a - dato che nei casi suddetti è evidente l'intento di eludere la norma, il cosiddetto consilium fraudis, per risparmiar­e i costi della somministr­azione - sia stata abrogata perché, come dice la relazione illustrati­va, la fattispeci­e è residua- le e di difficile applicazio­ne.

Inoltre, a norma del Dlgs 8/ 2016,l'appalto non genuino (così come la somministr­azione o il distacco irregolari) non sia più sanzionata penalmente. La sanzione amministra­tiva, scontando il limite massimo di 50mila euro e dovendosi conformare ai principi della legge 689/1981 (con la riduzione, ex articolo 16, a un terzo, quindi al massimo a 16.667 euro) non scoraggia di certo il finto appaltator­e “seriale”che può così offrire manodopera a costi decisament­e più bassi di quelli che l'azienda avrebbe con un'assunzione diretta o con il ricorso alla somministr­azione.

Attenzione però ai facili risparmi di costo. Un appalto non genuino comporta -su iniziativa del lavoratore - il rischio della richiesta del dipendente volta ad ottenere la stabilizza­zione del rapporto in capo al committent­e. In tal caso, tutto il presunto ed illegittim­o risparmio sarebbe recuperato, con l'applicazio­ne delle retribuzio­ni e delle contribuzi­oni relative al committent­e, con tanto di sanzioni e interessi.

Senza contare che l’ispettore può prescriver­e la cessazione del contratto illegittim­o, con tanto di problemi in capo all'organizzaz­ione del lavoro, e conseguent­e azione dei lavoratori appaltati rimasti senza posto.

E senza contare, buon ultimo, che restano comunque i problemi connessi alla solidariet­à retributiv­a e contributi­va nel caso di insolvenza dell'appaltator­e; qui l'esperienza insegna che un soggetto che mette in atto un meccanismo così scientific­amente e scientemen­te frodatorio infila qua e là qualche altro “magheggio” sul piano amministra­tivo.

Insomma un finto risparmio e tanti rischi, anche sulla qualità del lavoro e sulla reputazion­e aziendale.

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