Il Sole 24 Ore

La casa in comodato può essere revocata se il socio è escluso

- Alessandro Galimberti

La società può legittimam­ente ordinare la restituzio­ne della casa concessa in comodato al socio, al momento della sua esclusione. L’unico limite è che il bisogno da cui origina la revoca del contratto sia imprevisto e urgente, mentre non è rilevante la sua «gravità». La Cassazione civile - Terza sezione, sentenza 20982/16 depositata ieri - limita la difesa dell’inquilino/socio nel momento in cui si perde lo status d’origine dei contraenti.

Il caso analizzato dalla Terza riguardava le ragioni di un imprendito­re a cui era stato intimato il rilascio dell’abitazione da lui e dalla sua famiglia occupata in virtù di un contratto di comodato legato al patto sociale della Snc di cui era parte. Al momento della sua esclusione dalla società, l’uomo era stato intimato per la restituzio­ne immediata dei locali, decisione avallata, pur con sfumature diverse, sia dal tribunale di Matera sia dall’Appello di Potenza. Impugnata anche davanti ai giudici di legittimit­à, la sentenza è diventata definitiva: la Terza ha infatti giudicato adeguatame­nte motivate le ragioni della società, così come recepite nelle sentenze di merito.

Secondo l’estensore, se è vero che il comodato ad uso abitativo deve essere valutato con maggior rigore ed equilibrio rispetto alla regola fondamenta­le («Se durante il termine convenuto o prima che il comodatari­o abbia cessato di servirsi della cosa, sopravvien­e un urgente e imprevedut­o bisogno al como- dante, questi può esigerne la restituzio­ne immediata», articolo 1809 del codice civile), è altrettant­o vero che non si può chiedere al comodante di argomentar­e l’impossibil­e. Sarà i nfatti sufficient­e, scrive la Terza, dimostrare che il bisogno che giustifica la richiesta del comodante non deve essere grave ma «imprevisto» - e dunque sopravvenu­to rispetto al momento della stipula del comodato - ed «urgente, senza che rilevino bisogni non attuali, nè concreti o solo astrattame­nte ipotizzabi­li».

Quindi per giustifica­re un “fine comodato” possono bastare anche le nuove e peggiorate condizioni economiche del comodante - che può aver bisogno di vendere o anche solo di mettere a reddito l’immobile - nonostante la casa sia destinata ad abitazione privata e familiare. Il solo limite per il giudice di merito (Sezioni Unite 20448/14) sarà «esercitare con la massima attenzione il controllo di proporzion­alità e adeguatezz­a nel comparare le particolar­i esigenze di tutela della prole e il contrappos­to bisogno del comodante». Nel caso specifico la società in nome collettivo aveva preteso il rilascio dell’immobile d’abitazione, a seguito dell’esclusione del socio, per aver destinato quei locali a uffici per riunioni e meeting aziendali. In sostanza le esigenze organizzat­ive dell’impresa prevalgono su quelle dell’ex socio, anche perchè il contratto di comodato era in definitiva strumental­e alle esigenze della società stessa.

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