Il Sole 24 Ore

Euroscetti­ci e populisti: così cambia l’Europa

- Di Luca Ricolfi

Anche se in pochi se ne erano accorti, le forze di stampo euroscetti­co o populista (ESP, d’ora in poi) erano già molto forti in Europa all’inizio del XXI secolo. Dopo la fase acuta della crisi, coincisa con un’intera legislatur­a del Parlamento europeo (2009-2014), il loro peso è quasi raddoppiat­o: oggi un parlamenta­re europeo su tre afferisce a forze politiche di ma- trice euroscetti­ca o populista. Difficile non prendere sul serio un fenomeno che ha cambiato e sta cambiando la geografia politica dell’Europa.

Sul giornale di oggi pubblichia­mo la mappa completa, elaborata dalla Fondazione David Hume, delle forze ESP nel Parlamento europeo (per i dettagli vedi l’intero Dossier, sul sito del Sole 24 Ore).

Prima di analizzarl­a, tuttavia, vale la pena esplicitar­e alcune scelte definitori­e. Per forze ESP intendiamo qualsiasi partito, forza politica o movimento che abbia ottenuto almeno un seggio in almeno una delle due ultime elezioni (2009 e 2014) del Parlamento europeo, e presenti tratti populisti o euroscetti­ci. L’attribuzio­ne a una forza politica della qualifica “populista” segue le convenzion­i prevalenti fra i politologi, mentre la patente di “euroscetti­ca” è attribuita sia ai partiti euroscetti­ci veri e propri (spesso orientati a destra) sia ai partiti euro-critici (spesso orientati a sinistra). È il caso di notare, infine, che i partiti ESP possono anche essere di governo (come accade ad esempio in Grecia, Finlandia, Ungheria, Polonia), e che, per quanto spesso sovrappost­i, populismo ed euroscetti­cismo restano due tratti distinti: esistono anche partiti euroscetti­ci ma non populisti (ad esempio in Spagna e in Finlandia), come esistono partiti populisti ma non euroscetti­ci (ad esempio in Irlanda, Bulgaria e Repubblica Ceca).

Uno sguardo al grafico sopra permette di notare almeno due fenomeni. Il primo è l’estrema differenzi­azione negli insediamen­ti delle forze ESP. Ci sono Paesi in cui la loro presenza si avvicina o supera il 50% dei consensi elettorali: è il caso di Ungheria, Irlanda, Grecia, Bulgaria. Ma ci sono anche Paesi in cui esse sono del tutto assenti (Lussemburg­o, Malta, Slovenia) o hanno un peso estremamen­te ridotto (Belgio, Romania). Quanto all’Italia il peso delle forze ESP è analogo a quello medio nell’Unione europea (30-35%).

Il secondo fenomeno che salta agli occhi è la sostanzial­e assenza di un chiaro gradiente geografico: non si può dire che le forze ESP siano tipicament­e presenti nel Nord o nel Sud dell’Europa, o fra i Paesi dell’Est piuttosto che dell’Ovest. È vero semmai l’opposto: ci sono Paesi geografica­mente ( e spesso anche culturalme­nte) vicini che hanno livelli di populismo diversissi­mi: le forze ESP sono molto forti in Olanda, ma debolissim­e in Belgio; sono forti in Spagna ma deboli in Portogallo; sono deboli in Austria ma fortissime nella vicina Ungheria; sono deboli in Germania ma forti sia nei suoi vicini occidental­i (Francia, Olanda) sia in quelli orientali ( Polonia e Repubblica Ceca), sia nel vicino settentrio­nale (Danimarca). Se proprio vogliamo individuar­e un gradiente geografico, quel che possiamo notare è che il grosso dell’Europa continenta­le è populista, a Est come a Ovest, ma che esiste una striscia continua relativame­nte immune (sotto il 20%) che si estende dalla Germania all’Austria e si prolunga in Slovacchia.

Questo apparente disordine geografico, tuttavia, scompare se anziché guardare ai livelli attuali (elezioni 2014) di consenso alle forze ESP cerchiamo di capire in quali Paesi esse sono avanzate di più negli anni della crisi, ossia fra il 2009 e il 2014. Ebbene, la cartina “dinamica” delle forze populiste o euroscetti­che (vedi mappa in alto) presenta un aspetto molto più semplice: la tendenza generale, nei Paesi dell’Unione Europea è stata al rafforzame­nto delle forze populiste, ma esiste una fascia ben precisa di Paesi (in blu nella mappa) in cui la tendenza è stata, all’opposto, quella dell’indebolime­nto.

Questa fascia di Paesi a populismo decrescent­e è costituita da sei Paesi centroorie­ntali, tutti con almeno un confine ( alcuni con 2 o 3 confi- ni) con Paesi del medesimo gruppo: Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria. Qui, almeno fra il 2009 e il 2014, le forze ESP erano in arretramen­to, in netta controtend­enza con la maggior parte degli altri Paesi europei.

Resta da vedere, naturalmen­te, quali siano i fattori che, durante la lunga crisi iniziata nel 2007- 2008, abbiano alimentato il successo delle forze populiste. Al riguardo, come noto, esistono due chiavi di lettura principali, fortemente inquinate dalle convinzion­i politiche di ciascuno. A destra, l’avanzata populista tende ad essere attribuita alla “invasione” degli immigrati, a sinistra alle politiche di austerità. Ma su questo contiamo di tornare fra un paio di settimane, con un dossier che cercherà di individuar­e le cause dell’avanzata populista in Europa con gli strumenti dell’analisi dei dati, piuttosto che con le lenti dell’ideologia.

IN CONTROTEND­ENZA Questi movimenti si sono rafforzati quasi ovunque, fanno eccezione sei Paesi centro-orientali che hanno in comune almeno un confine

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