Il Sole 24 Ore

Iraq, Isis uccide a Mosul 284 civili usati come scudi umani

In fiamme impianto chimico che provoca nube tossica

- Di Alberto Negri

Mentre l’esercito iracheno ha lanciato una nuova offensiva per conquistar­e la cittadina di Hamdaniyah, la Cnn riferisce di 284 civili usati come scudi umani e poi uccisi e gettati una fossa comune a Mosul.

Perché a Mosul si muore? La storia di Mosul e Kirkuk, come quella di Aleppo e della Siria, è la storia della spartizion­e coloniale di un secolo fa sulle spoglie dell’Impero ottomano, delle rivalità tra arabi sunniti e sciiti, delle sofferenze dei curdi, dei cristiani, dei turcomanni, degli armeni, dell’emarginazi­one crudele degli yezidi, della nascita artificial­e dell’Iraq e del senso profondo di guerre, conflitti per il petrolio, rivolte, massacri e atti di terrorismo che agitano il cuore del Medio Oriente e sono poi arrivati dentro l’Europa.

Per questo la battaglia di Mosul riguarda tutti: è un appuntamen­to con la storia e con il nostro futuro. Con quella di Aleppo si inserisce nella crisi Est-Ovest e nel clima da guerra fredda e ibrida che sta opponendo Washington e Mosca. Due battaglie differenti ma con una caratteris­tica comune: un’impietosa disumanità, se sarà confermato che tra giovedì e venerdì l’Isis ha ucciso a Mosul 284 persone, tra loro molti ragazzi e bambini.

Per l’Isis i civili sono scudi umani, uno strumento per seminare terrore e vendetta, insieme alle autobombe degli attentator­i kamikaze, alle trappole esplosive, agli incendi dei pozzi di petrolio. I corpi sono stati seppelliti in fosse comuni ricoperte di terra con i bulldozer. Le esecuzioni sono avvenute a sangue freddo, con un colpo d’arma da fuoco alla nuca.

Mentre i peshmerga curdi di Massud Barzani e le forze dell’esercito di Baghdad annunciano la liberazion­e di nuovi villaggi, con offensive a Tal Kayf, po- stazione strategica a 10 chilometri a nord-est di Mosul e a Hamdaniyah, località ormai quasi svuotate dalla popolazion­e civile, il Califfato prova a colpire dove il nemico è più vulnerabil­e. I jihadisti usano cellule dormienti e si infiltrano anche come rifugiati, come è avvenuto a Kirkuk con l’attacco a sorpresa di venerdì. Anche quando sarà sconfitto a Mosul in Iraq e nella sua capitale siriana, Raqqa, lo Stato Islamico continuerà a co- stituire una minaccia alla stabilità dell’area.

Intorno a Mosul si consumano le tensioni di una geopolitic­a sempre più mobile. Il segretario alla Difesa Usa, Ashton Carter, è giunto ieri a sorpresa in Iraq dopo una tappa delicata in Turchia. Carter ha affermato che Ankara e Baghdad hanno aggiunto un “accordo di principio” sul ruolo turco nella battaglia di Mosul. Sarebbe il secondo del genere del presidente Erdogan: il primo, secondo la stampa turca, è stato con Putin per l’evacuazion­e dei ribelli qaidisti di Al Nusra da Aleppo Est. Sono in atto negoziati dove si scambiano città, popolazion­i e milizie come in un sanguinoso monopoli.

La battaglia di Mosul contro l’Isis e soprattutt­o quanto avverrà dopo ha questo significat­o: determinar­e come sarà il nuovo Iraq, che non è mai nato davvero dopo l’invasione americana e la caduta di Saddam nel 2003 quando è stato scoperchia­to il vaso di Pandora delle contrappos­izioni settarie e del terrorismo che ha trovato nell’Isis la sua espression­e più feroce.

È il passo d’addio di Obama che ritirò le truppe dall’Iraq nel 2011 ed è stato costretto a rimandarle: un modo per rimediare i calcoli sbagliati dell’America e

dei suoi alleati, arabi e occidental­i, qui e in Siria, controbila­ncio con un successo contro il sedicente Stato Islamico di Al Baghdadi l’avanzata di Mosca tra il Mediterran­eo e la Mesopotami­a. È un regolament­o di conti non solo con il Califfato ma anche con quella storia cominciata con la spartizion­e anglo-francese di Sykes-Picot nel 1916, come dimostrano le accese rivalità tra il governo di Baghdad e i turchi, le tensioni tra le milizie sciite e i curdi e la partecipaz­ione interessat­a delle forze armate americane e occidental­i.

In questa pianura brulla, quasi desolata, tra Mosul e Ninive, si sono date appuntamen­to le ambizioni di potenze globali e regionali, dalla Turchia all’Iran, qui convergono timori e speranze di interi popoli e di minoranze represse. Ognuno rivendica qualche cosa: sfere di influenza, basi militari, territori, petrolio, pipeline, città, villaggi, vestigia storiche e religiose dense di simboli e di memorie contrastan­ti, eredità contese che hanno cambiato padroni e abitanti dozzine di volte. Sono questi i pezzi di un mondo ex, di imperi travolti e nazioni disgregate, finito con i suoi frammenti nella polvere della battaglia di Mosul.

 ??  ?? Terra bruciata. I soccorsi e la colonna di fumo vicino agli impianti petrolifer­i dati alle fiamme dai jihadisti dell’Isis in fuga a Qayyarah vicino a Mosul.
Terra bruciata. I soccorsi e la colonna di fumo vicino agli impianti petrolifer­i dati alle fiamme dai jihadisti dell’Isis in fuga a Qayyarah vicino a Mosul.

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