Libero scambio con Ottawa, la Ue tratta con la Vallonia
Dopo dichiarazioni perentorie e chiusure retoriche, si è tornati ieri a negoziare per tentare di sbloccare all’ultimo minuto il trattato di libero scambio con il Canada. Dinanzi alla decisione della Vallonia di respingere nuovamente il Ceta, bloccandone la ratifica a livello europeo, Ottawa aveva annunciato il fallimento delle trattative con la regione belga. Ieri, tuttavia, le trattative sono ripartite. Diplomatici qui a Bruxelles sperano ancora in un esito positivo della partita.
Il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, con l’appoggio del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, ha incontrato ieri qui a Bruxelles la ministra per il commercio canadese Chrystia Freeland. Lo stesso Schulz ha poi visto il ministropresidente della Vallonia Paul Magnette. Oggetto delle discussioni, uno strumento interpretativo da associare all’accordo commerciale che dovrebbe abolire il 98% dei dazi tra il Canada e l’Unione (si veda Il Sole/24 Ore di ieri).
La dichiarazione deve servire a rassicurare le opinioni pubbliche più preoccupate dall’impatto che l’intesa potrebbe avere sulle economie nazionali. La co- stituzione belga prevede che le regioni del paese, tra cui la Vallonia, diano il loro benestare perché il governo federale firmi il trattato a nome del Belgio, consentendo con gli altri 27 partner europei l’entrata in vigore provvisoria. Per ora, la firma del Ceta è sempre prevista per giovedì prossimo in un vertice euro-canadese qui a Bruxelles.
«Il mio incontro con il ministro-presidente Magnette (…) ha confermato che nessun ostacolo sulla via dell'adozione del Ceta da parte del Belgio è insormontabile», ha detto ieri mattina il presidente Schulz. «L’incontro - ha aggiunto - è già servito a identificare i prossimi passi necessari per una maggiore chiarezza e certezza legale di fronte alle preoccupazioni sollevate dal parlamento vallone». Si presumeva ieri che la Commissione avrebbe proposto nuovi emendamenti alla dichiarazione interpretativa.
La signora Freeland, che venerdì aveva annunciato «la fine» dei negoziati, è parsa ieri più diplomatica: «Il Canada ha fatto i suoi compiti (…) La palla ora è nel campo europeo». Dal canto suo, il ministro-presidente Magnette ha precisato: «Vogliamo un trattato che garantisca la più elevata delle protezioni sociali». Il punto più controverso è quello delle corti di arbitrato per risolvere controversie tra imprese e Stati. La Vallonia vuole maggiori garanzie per evitare «la dominazione delle multinazionali».
Molti diplomatici si aspettano che Magnette dia alla fin fine il suo accordo, dopo avere raggiunto il suo obiettivo politico: dimostrare ai valloni l’influenza nazionale ed europea del partito socialista belga, all’opposizione a livello federale e in difficoltà per la presenza a sinistra del Parti du Travail de Belgique, un movimento che si dice marxista-leninista. Altri osservatori, invece, notano che oggigiorno la reazione dei parlamenti e delle opinioni pubbliche è difficilmente prevedibile.
Ammesso che la Vallonia dia il suo benestare all'ultimo minuto, alcuni esperti si chiedono se la dichiarazione oggetto di trattative possa complicare le ratifiche nazionali, se non addirittura la firma del 27 ottobre. Il testo è cambiato così tanto, che potrebbe suscitare dubbi legali in alcuni paesi.
Sicuro è che altri partner rifletteranno accuratamente prima di imbarcarsi in trattative con l'Europa in vista di accordi commerciali che a un certo punto potrebbero essere ostaggi di una regione nazionale.