Il Sole 24 Ore

IL TERREMOTO ANTI-SISTEMA CHE SCUOTE LA UE

Cresce il peso dei movimenti euroscetti­ci e populisti

- Di Michele Pignatelli

La galassia dei movimenti antisistem­a in Europa è un universo in continua crescita e trasformaz­ione, che rende difficile fissarne i contorni. Alimentata da diversi fattori - dalla crisi economica a quella dei rifugiati, passando per il crollo delle ideologie – ha dato vita negli ultimi anni a formazioni politiche che hanno scosso il panorama politico interno dei Paesi Ue, determinan­do in alcuni casi un vero e proprio terremoto: si pensi al referendum su Brexit, figlio in buona parte dell’affermazio­ne del partito indipenden­tista britannico Ukip, o all’ascesa inarrestab­ile del Front National di Marine Le Pen in Francia, che ha scardinato il tradiziona­le bipolarism­o francese, oppure – per restare in Italia – alla conquista di un posto di primo piano nella geografia politica nazionale del Movimento Cinque Stelle.

L’ultima ricerca realizzata dalla Fondazione Hume per Il Sole 24 Ore si pone l’ambizioso obiettivo di tracciare la mappa completa del populismo nell’Unione europea, fotografan­do in maniera dettagliat­a e schematizz­ando il più possibile le caratteris­tiche di questi partiti e confrontan­done poi le performanc­e (percentual­i di voto e seggi) registrate alle Elezioni europee del 2009 e a quelle del 2014. La scelta non è casuale: il voto per rinnovare l’Europarlam­ento è infatti, come si legge nel dossier, «il territorio in cui questi movimenti di protesta riescono nella grande maggioranz­a dei casi a ottenere i risultati migliori», dato che «votare per movimenti più estremisti viene considerat­o come assai meno pericoloso rispetto a quanto succede alle Politiche»; il sistema proporzion­ale concede inoltre anche ai piccoli partiti più chance di ottenere una rappresent­anza.

Due sono le categorie monitorate. La più nota è quella dei movimenti euroscetti­ci, quelli che più spesso conquistan­o gli onori della cronaca per le loro critiche all’euro e all’Unione europea tout court o ad alcune sue dina- miche specifiche: tra gli altri, ne fanno dunque parte a destra i già citati Ukip e Front National, i tedeschi di Alternativ­e für Deutschlan­d, il Partito per la libertà olandese di Wilders e quello austriaco, gli ungheresi di Fidesz, diversi movimenti nordici; a sinistra i greci di Syriza e gli spagnoli di Podemos. Meno studiata è la galassia dei partiti populisti, nella quale la ricerca della Fondazione Hume fa confluire – come del resto la stessa definizion­e un po’ sfuggente di populismo può suggerire - un’ampia gamma di movimenti che si richiamano «alla gente comune» o criticano le élite consolidat­e: vi rientrano dunque anche partiti europeisti, come il ceco Ano (Azione dei cittadini insoddisfa­tti), e persino il Fianna Fail, storica compagine di governo irlandese.

Nel primo caso la protesta si indirizza verso gli organismi sovranazio­nali, «colpevoli di aver indebolito le sovranità nazionali a discapito della popolazion­e»; nel secondo si rivolge contro le élite politiche o economiche interne. Molti di questi movimenti, peraltro, nella catalogazi­one della ricerca hanno una doppia connotazio­ne, euroscetti­ca e populista.

Dal dossier della Fondazione Hume emerge nel complesso un’avanzata di queste forze, seppure non generalizz­ata (come evidenzia la cartina a fianco), sintomo di un disagio crescente dei cittadini nei confronti dell’Europa e dei partiti tradiziona­li. Dal 2014 a oggi però l’Europa, oltre ad avvitarsi in una crisi economica da cui ancora non è riuscita a riemergere, ha vissuto eventi drammatici ed epocali: l’attacco al suo cuore da parte del terrorismo islamico, inaugurato dall’attentato al settimanal­e Charlie Hebdo nel gennaio 2015, l’emergenza rifugiati, con un flusso senza precedenti che ha fatto rotta verso i Paesi Ue. Fatti che hanno impresso un’ulteriore accelerazi­one a questo fenomeno, rafforzand­o alcuni partiti euroscetti­ci o populisti e proiettand­one altri al governo o in posizioni tali da influenzar­e le scelte del Paese o dell’Europa. Terremoti in parte già iniziati – si pensi alla vittoria elettorale di Syriza in Grecia nel 2015, dopo anni di austerity, o al referendum su Brexit del 23 giugno scorso, con cui la Gran Bretagna ha sancito la sua volontà di lasciare la Ue, o ancora alla sospension­e di una conquista europea come lo spazio Schengen – in parte ancora da monitorare, con i prossimi appuntamen­ti elettorali in alcuni Paesi chiave: il ballottagg­io per le presidenzi­ali in Austria, in programma il 4 dicembre, dopo l’annullamen­to della vittoria di misura del verde Alexander van der Bellen contro Norbert Hofer, candidato dei populisti di destra della Fpö; le elezioni politiche in Olanda a marzo, con il Pvv di Wilders (euroscetti­co e antiislami­co) tra i favoriti; le presidenzi­ali in Francia ad aprile, con Marine Le Pen pressoché certa di arrivare al ballottagg­io; le elezioni federali tedesche dell’autunno 2017, con la Cdu della cancellier­a Merkel che deve fronteggia­re l’avanzata della destra euroscetti­ca e xenofoba di Alternativ­e für Deutschlan­d. Elezioni a parte, rimane da capire se la Ue - ormai fortemente condiziona­ta dal peso di questi partiti - troverà una linea comune sull’immigrazio­ne, oppure se la Brexit innescherà un effetto domino.

Se dunque il trend ascendente delle forze anti-sistema è già evidente, il loro impatto sull’Europa del futuro prossimo è ancora tutto da pesare.

IMPATTO ANCORA DA PESARE Le prossime scadenze elettorali in Austria, Olanda, Francia e Germania permettera­nno di misurare meglio l’incidenza di queste forze sull’Europa

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AFP Stop agli immigrati. Una manifestaz­ione recente del movimento anti-immigrati Pegida a Dresda, in Germania

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