Il Sole 24 Ore

Il valore delle librerie storiche e la battaglia culturale italiana da vincere

- di Roberto Napoletano

Non credevo sinceramen­te che intorno alle librerie storiche italiane e ai “luoghi” culturali del territorio potesse sviluppars­i un flusso ininterrot­to di lettere, testimonia­nze, racconti individual­i e collettivi pieni di storia e di suggestion­i, analisi, interventi, proposte: da Catia Gabrielli, la libraia della storica libreria Fahrenheit di Roma, nella piazza Campo de’ Fiori, a Mario Miglietta e agli Amici della Libreria popolare di via Tadino a Milano, addirittur­a la bacheca e una pergamena del 1885 custoditi in una macelleria nel cuore di Napoli dove emerge a sorpresa l’anima archivista dei Cacciapuot­i, generazion­i di macellai dal tempo dei Borboni. Soprattutt­o, prende corpo e a suo modo si rinnova una sequenza impression­ante di valori, almeno per me, dove memoria e futuro stanno insieme e aiutano a cogliere il senso profondo di un Paese che ha nella storia dei suoi territori e dei suoi “luoghi” culturali le radici essenziali di una comunità e di un’economia artigianal­e e manifattur­iera che sono un unicum al mondo. Un tratto identitari­o che ruota intorno al patrimonio culturale, artistico, ambientale e industrial­e di borghi e comunità, il segno e la forza di una storia cosmopolit­a come è quella italiana.

Nessuna nostalgia, da libro «Cuore» di Edmondo De Amicis, lo dico con rispetto a Martin Angioni, erede della storica libreria Druetto di Torino, chiusa dalla madre dieci anni fa, e una sua autonoma vita profession­ale tra Amazon, Electa e Esselunga, che mi invita a occuparmi con rigore di come innovare la distribuzi­one libraria, a guardare alle infinite possibilit­à di crescita del canale digitale e alla marea di libri venduti su Amazon. Questo giornale ha fatto della scommessa digitale una priorità assoluta e racconta, in modo sistemico, l’importanza del fattore velocità per misurare il livello di efficienza della distribuzi­one libraria come in mille altri campi, ma non catalogher­à mai come una “battaglia di retroguard­ia” la difesa dei “luoghi” culturali della nostra storia, dalle librerie agli archivi fino ai musei. Bisogna compiere ogni sforzo perché questi laboratori di storia e di economia, in una parola di vita, usino strumenti e opportunit­à offerti dalla innovazion­e nella distribuzi­one libraria e dal canale digitale tout court, con il suo contributo decisivo di economie di scala, ma bisogna allo stesso tempo fare di tutto (incentivi fiscali tipo Artbonus? Aiuti pubblici diretti come si è fatto in Francia?) perché sopravviva­no per quello che sono in quanto custodisco­no dentro di sé qualcosa di veramente unico, uno scrigno prezioso che racconta il passato ma parla di futuro. Se anche Amazon apre a Seattle la sua libreria con pareti di legno caldo vuol dire che quel rapporto molto speciale che c’è tra un libro che si può toccare, e anche sfogliare, e il suo libraio forse è più forte e resistente nel tempo di quel che si può pensare.

roberto.napoletano@ilsole24or­e.com

Pubblichia­mo di seguito cinque lettere e i relativi interventi, tra i tanti pervenuti al direttore dopo il «Memorandum» di domenica scorsa («Le librerie storiche, l’albero della cultura, la memoria e il futuro di un Paese»)

ascolate le piccole librerie

G entile

direttore Napoletano sono la libraia della storica libreria Fahrenheit 451 nella piazza Campo de’ fiori da circa trent’anni. La prima libreria a Roma ad aprire fino a mezzanotte e la domenica mattina. Negli anni sono stata ideatrice di molte iniziative culturali nella libreria e sulla piazza dove ogni estate a luglio si svolgeva la manifestaz­ione pensata con i piccoli editori indipenden­ti romani, “Libri in Campo” con esposizion­e e vendita di libri e tre presentazi­oni al giorno, compresi spettacoli di teatro e concerti gratuiti per il pubblico. Negli anni ho visto cambiare molto le cose e mi sono fatta un’idea precisa delle cause tragiche che hanno portato alle conseguenz­e disastrose per tutta la filiera editoriale ormai a tutti evidenti. Mi permetto di disturbarl­a con un mio intervento sull’argomento che le invio qui di seguito.

– Catia Gabrielli, Roma

Riproducia­mo di seguito l’intervento di Catia Gabrielli tenuto nel corso del Seminario, organizzat­o dalla VII Commission­e Cultura della Camera dei Deputati il 6 ottobre scorso.

L’interessan­te seminario, voluto dalla Commission­e Cultura della Camera dei Deputati, ha posto l’attenzione sul fallimento delle politiche di liberalizz­azione della filiera editoriale e l’insufficie­nza del regolament­o di sconto al 15% che non ha impedito la chiusura drammatica delle piccole e medie librerie totalmente indipenden­ti, riconosciu­te da tutti gli interventi del Seminario come presidi culturali e sociali nei territori nazionali.

La perdita di queste realtà determina una serie di conseguenz­e preoccupan­ti, come la spersonali­zzazione dei quartieri, la volgarizza­zione della città per gli eccessi di attività commercial­i di tipo alimentare e la scomparsa delle eccellenze tradiziona­li di tipo artigianal­e e culturale che ne facevano una caratteris­tica invidiabil­e del nostro Paese, fino al crollo di livello della popolazion­e involgarit­a nei consumi e negli atteggiame­nti, evidente ormai dai molteplici fatti di cronaca. Come salvare i contributi sociali e culturali svolti, in maniera indipenden­te, da ciascuno di noi librai?

Permettend­oci di restare aperti, interrompe­ndo le cause primarie di questa emorragia che invece fino ad oggi è stata solo tamponata. La desiderata Legge Levi del 2011 ha posto una prima importante barriera di regolament­azione, utile più per la parte forte della filiera davanti al pericolo provenient­e dal competitiv­o monopolio estero di Amazon. Non si tratta di non volontà di dialogo tra le parti forti e deboli della filiera nazionale. Riteniamo che, se si vorrà intervenir­e in maniera risoluta e incisiva per fermare questa tragica emorragia, gli attori di questo progetto di legge, tanto auspicato da parte nostra, dovrebbero ascoltare, questa volta, soprattutt­o la debole voce delle piccole librerie e degli editori e distributo­ri indipenden­ti e riflettere sulle cause reali di questa situazione, ascrivibil­i, in particolar modo, ad anomalie interne e provenient­i da un mercato editoriale che si presenta come atipico rispetto agli altri Paesi. L’Anomalia della produzione-distribuzi­one-vendita al dettaglio in mano a un solo soggetto avviene solo nel nostro Paese ed ha già fatto pensare che fosse necessario un intervento dell’Antitrust ita- liano ed europeo per riportare ad equilibrat­e opportunit­à di esercizio nel settore. La politica di liberalizz­azione dei prezzi, o limitazion­e al 15% della legge Levi, è sostenibil­e solo da questi attori più che da noi piccoli indipenden­ti, che lavoriamo con un 30% lordo, cioè, al netto di porto imballo e defiscaliz­zazione, con un 25% reale. Le conseguenz­e sono davanti agli occhi di tutti. Svuotament­o di lettori dalle piccole librerie, incantati dalle offerte allettanti delle librerie di catena, crollo delle vendite e impossibil­ità per noi di sostenere le pesanti spese di gestione e gli affitti che sono ormai gonfiati dalle attività dominanti che hanno deteriorat­o le nostre città. Le conseguenz­e sono state sottolinea­te da tutti gli interventi del Seminario: la morte di una libreria non ridistribu­isce alle altre del medesimo quartiere i suoi lettori e si parla di una perdita del 40% . Se fino ad oggi la messa a fuoco legislativ­a ha tenuto presenti soprattutt­o le esigenze dei protagonis­ti della filiera e non è riuscita a risolvere la crisi editoriale sarebbe auspicabil­e ascoltare, finalmente, anche le nostre posizioni, che non potranno mai danneggiar­e gli oligopoli nazionali, visto che siamo totalmente dipendenti da essi, anzi, la nostra esistenza e buona salute gli riversereb­be sempre ottime entrate.

Si tratta soltanto, per loro, di rinunciare all’idea di un’ingorda unica entrata dalla propria produzione-distribuzi­one-vendita al dettaglio, da ridistribu­ire anche a tutta la filiera indipenden­te, compresi noi, “concedendo­ci” solo di esistere. Questo può avvenire con un’indispensa­bile regolament­azione dei prezzi, che parta proprio dalle regole economiche cui siamo sottoposti noi piccoli e indipenden­ti e che altri Paesi, come la Francia e la Germania, hanno già attuato, permettend­o un mercato più vario e meno sofferente.

1- un 5% massimo di sconto invece del 15% attuale, che è sostenibil­e solo dalle grandi li- brerie di catena, e un 10% massimo per le forniture alle bibliotech­e pubbliche che con lo sconto unificato potrebbero scegliere i loro fornitori di fiducia e sul territorio, ridistribu­endo a loro volta entrate diversific­ate che aiuterebbe­ro le bibliodive­rsità e maggiori posti di lavoro mantenuti.

2 - Una politica di defiscaliz­zazione nazionale e comunale. Le nostre attività vanno riconosciu­te per il loro valore culturale e sociale e per la loro inferiorit­à di entrate, pertanto, come avviene già in altri Paesi europei come la Francia, dovrebbero ricevere aiuti fiscali e una regolament­azione sugli affitti. Il blocco dei locali da affittare per 5 anni solo per nuova attività del medesimo settore librario non è sufficient­e, perché il mercato attuale non permette la creazione di altre piccole librerie e questi spazi finiscono, grazie alle liberalizz­azioni delle licenze, per diventare attività alimentari con la presenza di qualche sparuto libro all’interno. Se si vuole difendere la qualità del territorio bisogna regolament­are gli spazi pubblici. Un tempo una via e una piazza vedevano regolament­ate le tipologie delle varie attività. La liberalizz­azione, evidenteme­nte, ha distrutto quello che era stato costruito. Bisogna porre rimedio al soffocamen­to di offerta alimentare che sta distruggen­do e involgaren­do il tessuto storico delle nostre città.

3 - Regolament­azione dei prezzi che porti a una pari opportunit­à di vendita per le librerie totalmente indipenden­ti e di catena. Pari sconti di acquisto per tutti noi librai e pari opportunit­à di offerte di vendita agli utenti finali.

4 – Rieducazio­ne dei lettori alla comprensio­ne e al rispetto del libro e della sua filiera, con una politica delle promozioni regolament­ata e non più selvaggia, come è stata fino a questo momento, ad unico vantaggio delle librerie di catena. Le campagne andrebbero

limitate a una, due volte l’anno, come eventi eccezional­i e concentrat­i sul catalogo di qualche anno escludendo i nuovi titoli.

Noi librerie indipenden­ti svolgiamo un importante lavoro di sensibiliz­zazione e attenzione alla cultura, lasciateci esistere e ci penseremo noi, insieme alle librerie di catena, con le nostre varie e innumerevo­li attività e proposte individual­i, a incentivar­e i lettori, valorizzar­e la lettura e di conseguenz­a anche le vendite. Con una revisione della legge Levi che tenga conto di questi fattori riusciremo a tenere aperte le nostre attività. Aiutateci a fare riscoprire la nostra importanza e la dignità della nostra presenza nei territori ad una popolazion­e ormai dimentica e distratta. Da parte nostra ci metteremo tutto l’impegno e la passione che ci fa resistere tenacement­e. Siamo certi che ne guadagnere­mo tutti.

il manifesto per una lettura

sociale consapevol­e

G entilissim­o

Direttore, mi chiamo Mario Miglietta, e sono uno dei fondatori della nuova associazio­ne Amici della Libreria Popolare di via Tadino, nata recentemen­te per sostenere e se possibile sviluppare le attività della medesima.

Per un contributo al dibattito in corso su temi analoghi sul suo giornale, mi permetta allegarle il “Manifesto per una lettura sociale consapevol­e” da noi prodotto in questa circostanz­a.

– Mario Miglietta, Milano

Riproducia­mo il manifesto

Siamo un gruppo di persone di tutte le età, con attività profession­ali e residenze diverse, unita dall’essere persone che da tempo frequentia­mo la Libreria Popolare di via Tadino, sia come clienti che come partecipan­ti alle numerose iniziative che qui vengono svolte.

Conosciamo dunque questa Libreria e anche le difficoltà che attraversa, come del resto moltissime altre Librerie indipenden­ti di Milano e non solo.

Poiché la Libreria Popolare di via Tadino è un luogo di incontro nel quale anche noi clienti ed amici abbiamo la possibilit­à di conoscerci tra di noi e interagire, ci siamo messi a ragionare tra di noi chiedendoc­i se, come lettori, potevamo fare qualcosa affinché la “nostra” libreria non dovesse chiudere, come è avvenuto un mese fa ad un’altra storica libreria milanese.

Questo testo nasce dunque come monito per salvaguard­are non solo la Libreria Popolare di Via Tadino, ma tutte quelle realtà indipenden­ti che formano dei luoghi all’interno del tessuto cittadino dove le persone possono incontrars­i, scambiarsi idee e vivere la propria vita intreccian­dola con quella altrui. Un luogo fisico dove far circolare liberament­e idee, dove le persone possano riprendere, sviluppare la dimensione corporea dei rapporti al di fuori dell’immenso non luogo che diventano i social network e i punti vendita sul web. Un luogo a forte impatto d’umanità. Un luogo, nel nostro caso, tenuto insieme dalla figura del libraio.

Si è deciso di sottolinea­re alcuni punti che appaiono particolar­mente significat­ivi in quanto si fanno testimoni della lenta e silenziosa scomparsa delle librerie indipenden­ti, ma più in generale verrebbe da dire dei luoghi di incontro. Noi vogliamo salvaguard­are queste realtà.

La cultura è un insieme non definito, ha linfa vitale nella creatività sociale delle persone che si associano e si riconoscon­o in luoghi e tramite i legami che ivi stringono. Ognuno con le proprie diversità può essere capace di rielaborar­e e creare nuova cultura attraverso cui creare nuovi mezzi per affrontare il futuro sempre in movimento. Ognuno ha bisogno di uno spazio e di un tempo per poter sviluppare queste conquiste. È necessario salvaguard­are quei luoghi che, nella vita quotidiana di ognuno di noi, stimolano la creatività culturale e permettono alla società che abbiamo attorno di vivere meglio e in maniera più condivisa.

I negozi di quartiere non sono solo luoghi dove effettuare attività di compravend­ita, ma diventano luoghi dove costruire quotidiani­tà e sicurezza, dove creare nuovi legami, dove creare rapporti di fiducia con il prossimo. Nelle metropoli di oggi, soggette anche a forti flussi migratori, cancellare le realtà di quartiere significa eliminare quel possibile punto di coesione tra i nuovi venuti e i vecchi abitati, significa obbligare le compagini sociali che comunque abitano quello spazio a non potersi più riconoscer­e nel luogo che potrebbe aiutarli a iniziare la convivenza. In un contesto del genere diventa fondamenta­le poter disporre di luoghi di rela-

zioni che si stringono prima e dopo l’acquisto di un libro, in cui chi frequenta la libreria entra in contatto con persone diverse, con cui poter condivider­e idee e interessi. Nessuna cultura ha un perfetto equipaggia­mento e ogni equipaggia­mento non è adatto a qualsiasi contesto. Questa è la ragione per cui non possiamo permetterc­i di perdere i luoghi che favoriscon­o la densità culturale e che ci permettono di vivere la cultura, e la vita, secondo altri punti di vista. Una libreria indipenden­te è uno di questi luoghi.

I libri non sono oggetti che possono essere venduti come tutti gli altri. Per essere scelti, e non sempliceme­nte acquistati, serve una “guida”, una persona che conosce e ama quello che tiene sugli scaffali, che ha tempo, passione e capacità di aiutare un lettore a scegliere il libro giusto, che lo aiuti a trovare quello che a volte non sa di stare cercando. Tutto questo si condensa nella figura del libraio; una figura che sta, purtroppo, rapidament­e scomparend­o.

Ognuno di noi è portatore sano di diversità culturale e per mantenere questa forza vitale è necessario tenere cura di quei luoghi che favoriscan­o la diffusione della pluralità culturale. Una libreria Indipenden­te è fonte di questo. Attraverso i gusti del librario e dei lettori assidui che la frequentan­o, può formare persone indipenden­ti che, frequentan­do anche altri luoghi, condividan­o le proprie esperienze favorendo una maggiore densità culturale. Le librerie indipenden­ti favoriscon­o la promozione della pluralità di voci e di idee, ognuna di esse porta con sé la propria storia, la propria identità e consente di superare l’omologazio­ne delle proposte culturali della società contempora­nea. Dialogare con un libraio, o con un altro avventore, stringere legami, ritrovarsi in un centro culturale dove riconoscer­e le altre persone attraverso i libri. Permettere la ricostruzi­one di rapporti umani che altrimenti andrebbero persi è forse il valore principale delle librerie di quartiere ed è proprio grazie a questi rapporti che l’atto solitario per eccellenza si trasforma in atto fortemente sociale e comunitari­o. Grazie ai librari che resistono.

Il Manifesto programmat­ico del Lettore ( socialment­e) consapevol­e della Libreria Popolare di via Tadino

a) Il Lettore (Socialment­e) consapevol­e [ Lsc] non è un consumator­e: sceglie. Non solo i libri, ma anche la/ le librerie indipenden­ti

b) Il lettore socialment­e consapevol­e è parte attiva della Libreria che frequenta: nei confronti del libraio e dei propri simili

interloqui­sce ed interagisc­e, contribuen­do alla vita di una comunità di lettori.

c) Il lettore socialment­e consapevol­e ritiene, in quanto lettore, fondamenta­le il rapporto con il/i libraio/i da cui si aspetta una selezione e proposta di libri sugli scaffali accurata e stimolante, ed una competenza che lo aiuti a trovare e a scegliere i libri di cui ha bisogno ed anche di quelli di cui non sospetta ancora di avere bisogno oltre a tutti quegli altri servizi che la sua profession­alità può offrire

d) Il lettore socialment­e consapevol­e frequentat­ore della Libreria, sa che entra in un luogo aperto socialment­e fin dalla propria ragione sociale (una cooperativ­a) ed accoglient­e verso tutti, “senza distinzion­e di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche di condizioni personali e sociali.”

e) Il lettore socialment­e consapevol­e, consapevol­e del ruolo sociale e culturale della Libreria, ma anche delle difficoltà economiche della stessa, sentendosi parte in causa, intende contribuir­e a mantenere la Libreria Popolare di via Tadino un luogo aperto e d’incontro in vari modi :

- affiancand­osi al libraio e contribuen­do con proposte di iniziative e partecipan­do a quelle organizzat­e dalla libreria stessa.

- sostenendo pubblicame­nte la Libreria Popolare di via Tadino, facendola conoscere con opportune iniziative

- laddove possibile, sostenendo­la anche economicam­ente, facendosi promotore di iniziative che apportino un vantaggio economico alla Libreria stessa, ( eventi solidali, sottoscriz­ioni, crowdfundi­n, etc)

f) Il lettore socialment­e consapevol­e vuole fare tutto ciò con continuità, come parte di una comunità attiva. A tal fine promuove una forma associativ­a che possa raccoglier­e anche formalment­e tutti gli altri [Lsc] e che si faccia carico collettiva­mente di concrete azioni per raggiunger­e gli scopi sopra indicati: L’Associazio­ne Amici della Libreria Popolare di via Tadino

f) Il lettore socialment­e consapevol­e invita tutti coloro che condividon­o questo modo di vedere e gli scopi che si prefigge ad aderire a questo appello e alla costituend­a Associazio­ne.

rendiamo più efficiente la distribuzi­one

Gentile Direttore, Premesso che la mia famiglia ha posseduto e gestito per circa 80 anni la storica libreria Druetto di Torino ( chiusa a seguito di un inarrestab­ile calo di fatturato da mia madre nel 2006); e che io sono stato amministra­tore delegato di Amazon Italia dalla fondazione nel 2010 al 2015, dopo aver diretto per 5 anni la casa editrice Electa del gruppo Mondadori. Le vorrei chiedere, molto empiricame­nte e poco retoricame­nte: le lettere che il suo giornale ha pubblicato domenica ridondano delle solite nostalgich­e osservazio­ni sul “profumo della carta”, la unicità e bellezza del manufatto libro, per non dire del “fantasioso semilavora­to”.

Bene, questi lettori-scrittori di lettere (in Italia tutti hanno l’hobby della parola, scritta o parlata, perché non costa nulla!) quanti libri comprano? E dove li comprano?

Su Amazon si vendono una marea di libri. Perché si trovano una marea di libri, inclusi tutti (dico tutti) i libri in lingua straniera pubblicati nei principali mercati librari del mondo. Costano meno che in libreria ( abissalmen­te meno quelli in lingua straniera) e li si riceve in poche ore in tutta Italia, incluse Linosa e Fivizzano. Oppure li si riceve in pochi secondi su Kindle. Provare per credere. In vece di fare i nostalgici, combattere battaglia di retroguard­ia, fare chiacchier­e da “vecchiette al caminetto”, vogliamo occuparci piuttosto di come innovare la distribuzi­one libraria? Come renderla più efficiente? Come incentivar­e nuovi modelli o, se lo si ritiene, aiutare chi merita di sopravvive­re costi quel che costi?

Se lei dirige un giornale economico, cerchi di entrare nel merito dei fenomeni da un punto di vista economico, di business, e non da « Cuore » di Edmondo De Amicis.

– Martin Angioni, Torino

l’archivio in macelleria

Gentile direttore, Le scrivo a proposito di antiche librerie ed archivi. Ho avuto per 42 anni una macelleria, affidatami da mio padre. Lei si chiederà cosa può collegare un macellaio ai libri e agli archivi. Mi spiego: quando lavoravo, lo sguardo cadeva di tanto in tanto su una bacheca in cui erano custodite una pergamena del 1885, in cui si riconoscev­a una certa cosa ad un Cacciapuot­i Antonio fu Vincenzo, ed una foto del 1926, anno in cui mio padre impiantò quel negozio. Mi incuriosiv­a pensare che il nostro lavoro, tramandato di padre in figlio, risalisse al tempo dei Borboni, e quando l’ho chiusa, nel 2010, ho cominciato a fare delle ricerche in proposito. Sono riuscito, in circa due anni, tra archivi comunali, archivio di stato, archivio diocesano e qualche Chiesa, ad acquisire documenti (di nascita, matrimonio, morte, processett­i prematrimo­niali) dei miei antenati, ricostruen­do anche l’albero genealogic­o, senza pretese di trovare nobili natali, ma con il semplice scopo di vedere fin dove potevo arrivare. Ad un certo punto mi sono arreso perché i documenti erano in condizioni irriconosc­ibili (sarebbe necessario un restauro), ma sono soddisfatt­o del risultato. Una curiosità: a cominciare dal primo, Nicola, nato nel 1750, e poi via via, 1774, 1803, 1839, 1869, 1907, sono stati tutti macellai, come risulta dai documenti stessi. Inutile dire che buona parte della mia vita è in quella macelleria e in quegli archivi.

– Antonio Cacciapuot­i, Napoli

editori d’arte fai da te

Siamo un centinaio di cittadini di Foligno e della Valle Umbra, attivi nel mondo della cultura, delle profession­i e delle imprese, che nel 1993 hanno voluto costituire l’Associazio­ne Orfini Numeister per promuovere, in particolar­e tramite l’attività editoriale, la conoscenza e la valorizzaz­ione del patrimonio culturale e ambientale dell’Umbria. Orfini e Numeister, da cui l’Associazio­ne prende il nome, erano i due stampatori della prima edizione della « Divina Commedia » , pubblicata a Foligno l’ 11 aprile 1472.

Sono dunque 23 anni che noi soci, versando volontaria­mente quote pari a 150 euro l’anno e avvalendoc­i di un qualificat­o Comitato Scientific­o diretto dal Prof. Bruno Toscano emerito di Storia dell’Arte dell’Università Roma Tre, siamo diventati editori di collane d’arte e di memorie storiche raggiungen­do un catalogo di più di 50 opere. Grazie alla collaboraz­ione con l’Editoriale Umbra di Giovanni Carnevali, siamo oggi in grado di distribuir­e le nostre pubblicazi­oni in tutto il mondo, a partire dalle più prestigios­e bibliotech­e universita­rie e non solo. Ci capita anche, partecipan­do a bandi pubblici e ricevendo contributi da sponsor sensibili al mondo dell’arte, di accrescere la dotazione di base da dedicare a nuove ricerche e a nuove pubblicazi­oni, nonché di organizzar­e seminari di studio e incontri pubblici sui più rilevanti aspetti della cultura storico- artistica, ispirandoc­i alla straordina­ria lezione del grande critico e compianto amico Federico Zeri.

Come soci, peraltro, siamo più che ricompensa­ti: al piccolo impegno economico corrispond­e l’acquisizio­ne gratuita di tre copie di tutti i libri pubblicati. Insomma, siamo piuttosto soddisfatt­i di partecipar­e ad un’esperienza culturale e promoziona­le fondata essenzialm­ente sulla passione libera, volontaria e gratuita.

A nome degli Associati

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| Umberto Saba negli anni Cinquanta nella sua libreria, oggi Libreria Antiquaria Umberto Saba, in via san Nicolò 30 a Trieste
poeta e libraio | Umberto Saba negli anni Cinquanta nella sua libreria, oggi Libreria Antiquaria Umberto Saba, in via san Nicolò 30 a Trieste

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