Il Sole 24 Ore

LOTTO A MONTE SAN GIUSTO

Un nuovo studio dedicato al colossale capolavoro lottesco realizzato nella chiesa di Santa Maria in Telusiano

- antonio paolucci

Un giorno del 1895 il trentenne Bernard Berenson è a Monte San Giusto, nella Marca di Macerata, di fronte alla immensa Crocifissi­one di Lorenzo Lotto (quasi cinque metri di altezza, quasi tre di larghezza) che sta nella chiesa di Santa Maria in Telusiano. Fu lui a capire per primo, scrivendon­e nella sua fondamenta­le monografia sul pittore veneziano, la forte carica religiosa - una religiosit­à dolente, anticonfor­mista, border-line - che abita quel quadro. Ci voleva un giovane storico dell’arte laureato ad Harvard, lituano di nascita, ebreo di sangue, americano di passaporto e del tutto agnostico in fatto di fede, per aprire il discorso sulla ortodossia o eterodossi­a del pittore; argomento che ha coinvolto negli ultimi anni e decenni non pochi studiosi.

Si è parlato di un Lotto evangelico, cripto luterano, vicino o addirittur­a partecipe delle idee della Riforma. Io non ci ho mai creduto. Il pittore che Tiziano definiva «come la bontà buono» e che negli ultimi anni della sua vita si ritira, oblato laico «solo senza fidel governo et molto inquieto tare. Qui nella Crocifissi­one di Monte San giusto, il Bonafede viene rappresent­ato mentre entra, anzi mentre viene fatto entrare nella scena, nello spettacolo in atto. L’Angelo che Angelucci chiama « lo spirito compassion­evole», lo introduce, quasi lo spinge con solerte impazienza. Già questo è un concetto religioso straordina­rio, inedito nella storia dell’arte. Come se il Lotto volesse dirci che si, è vero, nessuno di noi, né Bonafede né alcun altro, ha voglia di pensare alla Passione e Morte di nostro Signore, al mistero inconcepib­ile ed ineffabile di Dio che si sacrifica sulla croce per amore degli uomini. Se ci pensassimo sul serio, la nostra vita cambierebb­e, radicalmen­te e per sempre. Bisogna che qualcuno ci obblighi a farlo, che una mano provvidenz­iale (l’Angelo in questo caso) ci butti letteralme­nte dentro il mistero vertiginos­o della Passione. Questi sono gli aspetti affascinan­ti della religiosit­à del Lotto.

Per spiegare i nordicismi del pittore tante volte sottolinea­ti dalla critica, la sua inesausta capacità di “superare le frontiere” (anche a Roma nell’atelier raffaelles­co delle Stanze) Angelucci i mmagina un viaggio in Germania, nella Sassonia di Lutero e cita a sostegno della sua tesi il cosiddetto «Epitaffio Schmidburg» del Museo di Lipsia con la Crocifissi­one dipinta nel 1522 da Georg Lemberger. Il confronto è suggestivo ma al di là di somiglianz­e ico-

| La «Crocifissi­one» di Lorenzo Lotto a Monte San Giusto (Macerata) nografiche abbastanza generiche, resta che Lorenzo Lotto è un pittore profondame­nte italiano, anzi veneziano.

Fermiamoci di fronte al cielo della Crocifissi­one di Monte San Giusto. Chissà quante volte Lotto ha guardato nella sua vita di pittore i cieli di Giovanni Bellini, il grande poeta dei cieli d'Italia. Ed ecco che a Monte San Giusto viene rappresent­ato una eclissi di sole. « Si fece buio su tutta la terra » dice il Vangelo. Lorenzo Lotto racconta il prodigio, il buio che divora il cielo, il sole che si spegne, moltiplica­ndo lo stupore e l’orrore. Non si potevano significar­e in modo più efficace l a mestizia, il tempo sospeso, il dramma cosmico del Venerdì Santo. È un cielo che trascolora nell’eclissi, un cielo che il sole nero consuma.

Anche questo rendere eloquente la natura, far si che il cielo e le nuvole raccontino il mistero che ci circonda, è la religione del Lotto.

Giulio Angelucci, Ad Personam. Lorenzo Lotto, Nicolò Bonafede e La Cricifissi­one di Monte San Giusto, Liberilibr­i, Macerata, pagg. 214, € 25. Il libro verrà presentato il 26 ottobre 2016 presso il Salone dei Piceni di San Salvatore in Lauro in Roma ( ore 17,30) da Antonio Paolucci e Giovanni Tonucci. Presente l’autore

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