Il Sole 24 Ore

poesia d’oggi a cura di Paolo Febbraro

Molto le cose soffrono la vita quest’oggi, tanto il sole le violenta: la Natura ha la bocca inaridita. Dorme un uomo col capo fra la menta nell’ombra della casa coricato: vien la sua donna e gli carezza il viso. Oh, miracolo strano! a poco a poco fiorisco

- ( tratta da Avventure, Edizioni del Baretti, 1927) adriano grande

L’AUTORE Adriano Grande nasce a Genova l’1 luglio 1897. L’esordio di Avventure è un libro di prose d’arte con una sezione centrale di Versi che torneranno nel più ampio La

tomba verde (Buratti, 1929), «il libro più spontaneo e più “nature” della nuova poesia italiana fra le due guerre», come scriverà Sergio Solmi nella Prefazione alla riproposta dei due libri giovanili di Grande, appunto La tomba verde e Avventure. Liriche e prose 1916-1929 (Mondadori, 1966). Fra i protagonis­ti della scena poetica degli anni Trenta, sostenitor­e del fascismo, fonda la rivista «Circoli» e pubblica ancora Nuvole sul

greto (Circoli, 1932), Alla pioggia e al sole (Carabba, 1936) e Poesie in Africa (1938). Il volume Poesie (1929-1969) (Mursia, 1970) è una scelta di quelle «“punte di poesia” che all’Autore sembra di avere qua e là raggiunto nella sua annosa produzione in versi»; eppure, già dal secondo dopoguerra è chiaro che la sua stagione migliore è trascorsa. A partire dagli anni 50 svolge anche un’attività di pittore. Le prose di Eliodoro il controcont­estatore (Volpe, 1971) mettono in scena un suo alter ego, «maestro svagato ed estroso». Grande muore il 7 novembre 1972.

NOTA DI COMMENTO Con l’economia di mezzi verbali di un madrigale, o con una sorta di sonetto accorciato, Grande tocca un vertice di grazia intelligen­te, acuta. Coi primi versi sembra di essere al centro di uno degli

Ossi di seppia montaliani, apparsi solo un paio d’anni prima: il male di vivere è l’aridità violenta della natura, ogni cosa partecipa di una “souffrance” che intorpidis­ce. Eppure, se leggiamo bene, Montale c’entra fino a un certo punto: qui infatti non ci sono lo scoppietti­o delle sillabe e la ferma severità degli emblemi, ma piuttosto una saggia, lieve genericità iniziale, da fiaba eterna (le cose, la vita, il sole, la Natura) e insieme un che di quotidiano, di cordiale (l’uomo che dorme «col capo fra la menta / nell’ombra della casa»), già pronto a sbocciare nel prodigio ordinario. Il quale viene innescato da una carezza femminile: e anche qui, viene da sorridere se pensiamo alle donne angelicate di Montale, simbolo di ardui conforti metafisici. Qui il «miracolo strano» è esclamato con sorniona ingenuità: l’amore gratuito fa sì che un semplice fiato, forse una sognata parola umana, possa cambiare il corso implacabil­e della natura, nel «mesto paradiso» della vita coniugale.

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