Ca pi re la diversità culturale
Nelle liberaldemocrazie occidentali si parla di multiculturalismo da una cinquantina di anni, partendo da paesi come l’Australia e il Canada al cui interno la presenza di gruppi etnici e culturali diversi tra loro creava conflitti. Negli anni, però, è cambiato l’atteggiamento con cui se ne discute. Fino all’inizio del millennio, eravamo tutti favorevoli al multiculturalismo, mentre progressivamente –a cominciare dai capi di governo e dai partiti politici- tono e intenzioni sono profondamente cambiati. C’è diffuso scetticismo se non addirittura timore nei confronti del multiculturalismo. Ma che cos’è in fin dei conti il multiculturalismo? E in che modo se ne è occupata la teoria politica prevalente? Queste sono le domande da cui –quanto mai opportunamente- Domenico Melidoro, ricercatore del gruppo Ethics and Global politics presso l’Università LUISS, è partito per presentare la sua ricerca intitolata con sobrietà Multiculturalismo: una Piccola Introduzione.
Questo breve ma pregevole saggio inizia con il definire il multiculturalismo sulla scia di una definizione famosa per cui esso indica una pluralità di questioni che vanno «dal discorso sulle minoranze alla critica post-coloniale, dai gay and lesbian studies alla narrativa chicano» (Bhabha).
Stringendo un po’ il campo d’azione si può sostenere che il multiculturalismo riguarda essenzialmente l’orizzonte entro cui formulare le politiche culturali rivolte a gruppi di immigrati, minoranze nazionali e popolazioni indigene. Il dilemma che, al cospetto di costoro, ci si pone verte sulla necessità di riconoscere uno spazio autonomo ai portatori di diversità culturale.È giusto farlo, oppure conviene limitare le libertà dei diversi per favorire l’integrazione sociale?
Melidoro risponde con pacata sistematicità a questa domanda all’interno di due paletti resi noti al lettore fin dall’inizio. Nel libro vengono discusse le politiche culturali liberaldemocratiche (in linea di massima quelle di paesi occidentali) e ci si occupa di teoria politica e non di politica tout court. Nell’ambito della teoria politica liberaldemocratica Melidoro individua e discute criticamente tre possibili opzioni. La prima opzione è compatibilista e basata sul riconoscimento. Come ha sostenuto Will Kymlicka, il più noto studioso all’interno di questa prima opzione, la liberalidemocrazia presuppone l’autonomia individuale, e l’autonomia non è pensabile se non si cresce all’interno del proprio orizzonte culturale.
Per i fautori della principale alternativa a queste tesi (tra cui Taylor, Parekh, Modood), i principi liberali invece non sarebbero in grado di affrontare e risolvere i dilemmi posti dalla diversità culturale in sostanza perché individualistici e quindi non capaci di comprendere la rilevanza di gruppi e culture. La terza opzione teoricopolitica infine è costituita –nella versione di Melidoro- dal multiculturalismo dell’indifferenza, che propone una sorta di pluralismo radicale secondo cui i gruppi diversi devono vivere secondo i propri valori senza interferenze dello stato. Melidoro preferisce in fin dei conti la terza opzione. Personalmente, condivido le perplessità sulla seconda opzione (rafforzare i gruppi culturali può essere pericoloso), ma non sono d’accordo con il multiculturalismo dell’indifferenza. Questo però conta poco. Quello che infatti conta è la chiarezza espositiva e argomentativa con cui l’autore affronta le questioni principali del libro offrendo in questo modo al lettore una guida convincente in un campo di studi di certo importante.