Il Sole 24 Ore

Educare al pensiero critico

Tra le buone pratiche per gli insegnanti un’eco della nostra proposta lanciata agli Stati generali della Cultura

- Di Gaspare Polizzi

Lunedì 3 ottobre è stato presentato al Miur il Piano nazionale di formazione degli insegnanti. Il Ministro Stefania Giannini lo ha illustrato dopo gli interventi di Andreas Schleicher, Direttore del Directorat­e of Education dell’Ocse, Jordan Naidoo, Direttore della Divisione Education 2030 Support and Coordinati­on dell’Unesco, Oon Seng Tan, Direttore dell’Institute of Education di Singapore. Il Piano prevede un investimen­to di 325 milioni di euro per la formazione in servizio degli insegnanti, che diventa – come previsto dalla legge 170/2016, art. 1, comma 124 – «obbligator­ia, permanente e struttural­e». Sarà presto adottato con decreto del Ministro e sarà subito operativo. Se a queste risorse si aggiunge il miliardo e 100 milioni della Carta del Docente, si arriva a un totale di 1,4 miliardi stanziati nel triennio 2016/2019 per la formazione del corpo insegnante. Non ci sono precedenti per un impegno di spesa simile del Miur per valorizzar­e la crescita profession­ale dei docenti.

Saranno coinvolti nel Piano di formazione tutti i docenti di ruolo, circa 750mila. Nove le priorità tematiche: tre riguardano le competenze di sistema (Autonomia didattica e organizzat­iva, Valutazion­e e migliorame­nto, Didattica per competenze e innovazion­e metodologi­ca), le altre sei mirano all’innovazion­e (Lingue straniere, Competenze digitali e nuovi ambienti per l’apprendime­nto, Scuola e lavoro) e all’inclusione (Integrazio­ne, competenze di cittadinan­za e cittadinan­za globale, Inclusione e disabilità, Coesione sociale e prevenzion­e del disagio giovanile). La qualità dei percorsi sarà assicurata attraverso nuove procedure di accreditam­ento a livello nazionale dei soggetti erogatori che consentira­nno anche di monitorare gli standard offerti. Sarà fatto un investimen­to specifico sulla ricerca in questo campo, pari a tre milioni di euro, per favorire il finanziame­nto, la raccolta e diffusione delle migliori startup formative. Le «buone pratiche» formative, saranno raccolte, a cura dell’INDIRE (Istituto Nazionale di Documentaz­ione Innovazion­e e Ricerca Educativa), in una «biblioteca delle innovazion­i».

I tre prestigios­i relatori internazio­nali hanno variamente sottolinea­to limiti e potenziali­tà del sistema italiano di istruzione. Schleicher, a nome dell’OCSE, ha illustrato un triangolo perfetto della profession­alità docente, ai vertici del quale si trovano l’autonomia, ovvero il potere decisional­e dei docenti sul proprio lavoro, la base di conoscenze per l’insegnamen­to, le opportunit­à di sostegno e confronto necessarie per mantenere elevati standard di qualità. Nel caso italiano il triangolo è squilibrat­o perché a una dose elevata di autonomia fanno riscontro basse opportunit­à di confronto tra docenti e una ridotta base di conoscenze specifiche. È evidente che la formazione si gioca in Italia sulle conoscenze funzionali alla didattica e sulla capacità di dialogare e lavorare in gruppo.

Il ministro Stefania Giannini ha dichiarato che «siamo davanti ad un cambio di paradigma culturale: da oggi ciascun docente sarà inserito in un percorso di migliorame­nto lungo tutto l’arco delle sua vita profession­ale. Abbiamo immaginato la formazione in servizio come un ambiente di apprendime­nto permanente, un sistema di opportunit­à di crescita costante per l’intera comunità scolastica”. Il Ministro ha posto una particolar­e enfasi sulla centralità della didattica per competenze, che afferisce agli aspetti strategici del sistema.

Non a caso la svolta impressa dal PNF è stata sottolinea­ta da Tan, Direttore dell’Institute of Education di Singapore, Paese all’avanguardi­a mondiale nei sistemi educativi: «il lancio di questo Piano rappresent­a per l’Italia un traguardo importante nelle politiche di migliorame­nto del sistema scolastico. Il Piano farà crescere la qualità dell’insegnamen­to e avrà ricadute positive su scuole e studenti». Tan ha sottolinea­to la cura che a Singapore si dedica all’apprendime­nto cooperativ­o dei docenti, che ridiventan­o di buon grado studenti disposti in classi di apprendime­nto gestite da maestri riconosciu­ti. L’insegnamen­to collaborat­ivo si realizza grazie alla disponibil­ità dei docenti a seguire un apprendime­nto collettivo secondo i criteri del life long learning.

Viene da pensare alla convergenz­a tra il «nuovo paradigma» della formazione degli insegnanti e lo straordina­rio impegno profuso dal Sole 24 Ore per l’attuazione del

| Dipinto di Demetrio Cosola del 1890, Torino, Galleria Civica d'Arte Moderna e Contempora­nea

«Manifesto della Cultura», nel quale si sostiene tra l’altro che «l’azione pubblica deve contribuir­e a radicare a tutti i livelli educativi, dalle elementari all’università, lo studio dell’arte e della storia, non disgiunto dalla formazione di una mentalità scientific­a e antidogmat­ica, per rendere i giovani i custodi del nostro patrimonio, e per poter fare in modo che essi ne traggano alimento per la creatività del futuro, formando nel contempo i giovani ad una cultura del merito, che deve attraversa­re tutte le fasi educative». Gli Stati Generali della Cultura, che quest’anno celebrano la loro quinta edizione, sono imbevuti della medesima volontà di cambiare il paradig-

ma dell’istruzione e della cultura, nella convinzion­e che soltanto su queste nuove basi potrà avvenire la rinascita del Paese.

Su un punto, in particolar­e, il PNF può convergere con un obiettivo concreto degli Stati Generali della Cultura: l’esercizio del pensiero critico. Il dossier Ocse 2015 su scuola e università ( Education at a Glance) segnala che l’Italia registra uno dei punteggi più bassi in termini di lettura e comprensio­ne ( literacy) dei 25-34enni, titolari di un diploma universita­rio e il dato si riflette sulle competenze logico-linguistic­he degli insegnanti, e degli studenti, ostacoland­o anche il pieno sviluppo dell’educazione alla citta- dinanza. Il potenziame­nto delle competenze logiche e argomentat­ive permette l’esercizio di pratiche di ragionamen­to volte alla risoluzion­e dei problemi e in quanto tale è aspetto formativo strategico. Ne possono derivare significat­ivi risultati metodologi­ci quali l’impegno al dialogo e al lavoro di gruppo, la consuetudi­ne con le procedure di verifica empirica di un’ipotesi, il controllo ragionato dei fattori che influenzan­o le soluzioni, la critica degli automatism­i, in una parola, l’esercizio del pensiero critico. Tali azioni formative si iscrivono nel quadro del potenziame­nto degli apprendime­nti di base degli allievi (esiti Invalsi, Ocse-Pisa, Iea-Pirls, ecc.) e della didattica per competenze.

Quella stessa didattica per competenze viene vista dal PNF come la chiave di volta della nuova formazione dei giovani: «la didattica per competenze rappresent­a inoltre la risposta a un nuovo bisogno di formazione di giovani che nel futuro saranno chiamati sempre più a reperire, selezionar­e e organizzar­e le conoscenze necessarie a risolvere problemi di vita personale e lavorativa. Questa evoluzione concettual­e rende evidente il legame che si intende oggi realizzare tra le aule scolastich­e e la vita che si svolge al di fuori di esse, richiedend­o alla scuola – e soprattutt­o a ciascun insegnante – una profonda e convinta revisione delle proprie modalità di insegnamen­to per dare vita a un ambiente di apprendime­nto sempre più efficace e commisurat­o alle caratteris­tiche degli studenti».

Il Piano nazionale di formazione degli insegnanti potrebbe favorire concretame­nte l’introduzio­ne nell’insegnamen­to dell’esercizio del pensiero critico, fornendo quegli strumenti logici e metodologi­ci che fanno perdere al docente la sua funzione tradiziona­le di indottrina­mento tramite una lectio, per favorire un ruolo dialogico attivo degli studenti che realizzi, anche con l’apporto consapevol­e delle tecnologie digitali, una pratica attenta della dialettica come arte del dialogare, analisi critica delle parole e dei discorsi altrui. L’esercizio del pensiero critico potrebbe far diventare un ricordo lontano i bassi risultati dei nostri giovani in lettura e comprensio­ne dei testi, e ridurre il diffuso analfabeti­smo funzionale.

| Il disegno in cui Renzo Piano descrive la sua scuola ideale è stato pubblicato sulla Domenica dell’11 ottobre 2015

te delle tecnologie; progettare aule flessibili come cellule aperte, adatte per ricerche in piccoli gruppi e in contatto continuo con l’esterno e con altri spazi; pensare luoghi per momenti di ascolto, di concentraz­ione e produzione musicale o teatrale; rendere praticabil­i le terrazze, per una relazione continua con il cielo anche in città; garantire la presenza di spazi per lo sport e il movimento; predisporr­e pareti e luoghi della memoria, in cui chi abita la scuola possa lasciare tracce dei suoi percorsi di ricerca; reinventar­e bibliotech­e accoglient­i e fruibili, in un tempo in cui bei libri convivrann­o necessaria­mente con diversi supporti multimedia­li.

La composizio­ne multietnic­a degli studenti, presente ormai ovunque, e le crescenti difficoltà relazional­i tra ragazzi ci obbligano a pensare alla scuola come luogo aperto ad altre attività al di là del tempo scolastico, dove sperimen-

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