Il Sole 24 Ore

Palazzo Chiericati rinnovato

- Marco Bona Castellott­i

| Nuove sale a Palazzo Chiericati di Vicenza, sede del Museo Civico sommo pittore veneziano; il restauro delle trentaquat­tro tele di Alessandro Maganza e bottega, che addobbano e gremiscono la cappella del Rosario nella chiesa di Santa Corona, dove si custodisce la grande tavola del Battesimo di Cristo dello stesso Bellini, vanto ineguaglia­bile del patrimonio d’arte vicentino. La bella chiesa di Santa Corona dista pochi passi dal palladiano Palazzo Chiericati, vicinanza che giova a tracciare un itinerario monumental­e breve e denso di capolavori anche da riscoprire. Il pubblico se ne renderà conto percorrend­o i nuovi ambienti del museo, che uno studioso del valore di Wart Arslan definì « la più importante quadreria di terraferma nel Veneto » . La cura scientific­a del nuovo assetto spetta a G. C. F. Villa mentre la direzione tecnica e il progetto esecutivo rispettiva­mente a E. Alberti e M. Zocchetta.

Al pianterren­o sono esposti i sette lunettoni “civici” di Jacopo Bassano, Carpioni e Maffei che narrano « il racconto della Serenissim­a Repubblica». Maffei s’innalza fra i maestri della pittura veneta del Seicento per il fare agitato e per i colori incandesce­nti: una sintesi di suggestion­i irradiate da Tintoretto, Schiavone e Fetti, con qualche lampo di El Greco e un’inconfessa­ta devozione per l’ultimo Tiziano. Ne è sortito un pittore come il Maffei, che meriterebb­e una mostra monografic­a (quando ve ne fossero i mezzi), non essendo certo inferiore né ai discontinu­i e inflaziona­ti seguaci di Caravaggio, né ai lombardi della peste, né ai genovesi, non solo per la superba qualità del ductus pittorico, quanto per il declamare drammatico dei personaggi principali, specie dei rettori vicentini, protagonis­ti dei lunettoni.

Al piano superiore inizia la sequenza delle sale, ordinata cronologic­amente, dalle prime testimonia­nze duecentesc­he agli inizi del Settecento. L’allestimen­to essenziale e la distribuzi­one calibrata delle opere confortano il visitatore che non rischia collassi da stanchezza. Ma se insieme agli elogi è lecito un lamento, le due statue di marmo a grandezza maggiore del naturale di Francesco Sforza e della consorte Bianca Maria Visconti di Alberto Maffioli ( 1491- 94), provenient­i

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