Palazzo Chiericati rinnovato
| Nuove sale a Palazzo Chiericati di Vicenza, sede del Museo Civico sommo pittore veneziano; il restauro delle trentaquattro tele di Alessandro Maganza e bottega, che addobbano e gremiscono la cappella del Rosario nella chiesa di Santa Corona, dove si custodisce la grande tavola del Battesimo di Cristo dello stesso Bellini, vanto ineguagliabile del patrimonio d’arte vicentino. La bella chiesa di Santa Corona dista pochi passi dal palladiano Palazzo Chiericati, vicinanza che giova a tracciare un itinerario monumentale breve e denso di capolavori anche da riscoprire. Il pubblico se ne renderà conto percorrendo i nuovi ambienti del museo, che uno studioso del valore di Wart Arslan definì « la più importante quadreria di terraferma nel Veneto » . La cura scientifica del nuovo assetto spetta a G. C. F. Villa mentre la direzione tecnica e il progetto esecutivo rispettivamente a E. Alberti e M. Zocchetta.
Al pianterreno sono esposti i sette lunettoni “civici” di Jacopo Bassano, Carpioni e Maffei che narrano « il racconto della Serenissima Repubblica». Maffei s’innalza fra i maestri della pittura veneta del Seicento per il fare agitato e per i colori incandescenti: una sintesi di suggestioni irradiate da Tintoretto, Schiavone e Fetti, con qualche lampo di El Greco e un’inconfessata devozione per l’ultimo Tiziano. Ne è sortito un pittore come il Maffei, che meriterebbe una mostra monografica (quando ve ne fossero i mezzi), non essendo certo inferiore né ai discontinui e inflazionati seguaci di Caravaggio, né ai lombardi della peste, né ai genovesi, non solo per la superba qualità del ductus pittorico, quanto per il declamare drammatico dei personaggi principali, specie dei rettori vicentini, protagonisti dei lunettoni.
Al piano superiore inizia la sequenza delle sale, ordinata cronologicamente, dalle prime testimonianze duecentesche agli inizi del Settecento. L’allestimento essenziale e la distribuzione calibrata delle opere confortano il visitatore che non rischia collassi da stanchezza. Ma se insieme agli elogi è lecito un lamento, le due statue di marmo a grandezza maggiore del naturale di Francesco Sforza e della consorte Bianca Maria Visconti di Alberto Maffioli ( 1491- 94), provenienti