Il Sole 24 Ore

Cartoline per fermare Hitler

- di Roberto Escobar

Uno degli argomenti principali di Adolf Eichmann durante il processo di Gerusalemm­e era che nessuna voce si fosse levata dall’esterno «per svegliare la sua coscienza». Lo racconta Hanna Arendt, che subito aggiunge: «Questo era esatto…». E però, continua, di tanto in tanto qualche voce aveva pur tentato di trattenerl­o. Ma erano voci deboli e ambigue, che venivano da una sorta di «emigrazion­e interna», ossia da chi dopo la guerra, magari avendo ricoperto incarichi importanti nel Terzo Reich, avrebbe detto a sé e al mondo di essere stato «intimament­e contrario» al regime. Intimament­e contrari, fino a un certo giorno del 1940, forse sono anche Otto (Brendan Gleeson) e Anna Quangel (Emma Thompson) in Lettere da Berlino ( Alone in Berlin, Gran Bretagna, Francia e Germania, 2015, 103’).

Tratto da Ognuno muore solo – un grande libro in cui Hans Fallada si ispira alla storia vera di Otto ed Elise Hampel –, il film di Vincent Pérez e del cosceneggi­atore Achim von Borries inizia con la morte, da qualche parte in Francia, del giovanissi­mo soldato Hans Quangel. Una lettera secca e burocratic­a ne porta la notizia ai genitori. Come se temessero di mostrare in pubblico la propria sofferenza, Otto e Anna si chiudono in loro stessi. Solo lei ha uno scatto, subito contenuto. L’ha ucciso il tuo Hitler, dice al marito soffocando un grido.

Niente sappiamo di Otto e delle sue opinioni politiche prima di questo giorno tragico, come niente sappiamo di Anna. Sappiamo solo quello che Pérez ci mostra. E quello che subito ci mostra è la decisione di lui, caparbia e forte. Da oggi, qualunque sia stata la sua vita – sia stato o non sia stato “intimament­e contrario” –, Otto sa che deve agire. La morte del figlio è il limite oltre il quale non consentirà che il Führer si spinga. Non ha bisogno di invocare principi, per questa sua rivolta. Gli bastano il dolore e l’orrore. E non conta l’enorme disparità di forza tra lui e l’apparato di controllo nazista, reso ancora più totale dal silenzio dei vicini, dei compagni di lavoro, della gran massa dei tedeschi. Conta questo suo dovere interiore.

Scriverà dunque delle cartoline – saranno 285 in 18 mesi – per mettere in guardia i berlinesi: Hitler è un assassino, Hitler vi porta al disastro… Poi andrà a metterle dove le si poss a vedere, all’interno dei tribunali, sulle scale degli uffici pubblici, nelle scuole. E Anna sarà con lui, anche se lui vorrebbe che non rischiasse quello che lui stesso rischia. Insieme, si dicono, e insieme arriverann­o sino in fondo.

Attorno ai due, nel loro condominio come per le strade e in fabbrica, c’è il fanatismo della maggioranz­a. Quando non c’è il fanatismo, c’è la paura, sia quella degli indifferen­ti, sia quella di chi soffre “intimament­e” l’orrore del regime. Di questo secondo tipo è la paura dell’anziano Fromm (Joachim Bißmeier), integerrim­o magistrato in pensione. Quando occorre, può anche agire, come nel caso di una vecchia signora ebrea destinata al Lager. Ma non fino a mettere in pericolo se stesso. D’altra parte, a nessuno si può chiedere d’essere eroe.

Quanto a Otto e Anna Quangel, lo sono loro, eroi? E i veri Otto ed Elise Hampel? Se potessero rispondere, forse si stupi-rebbero della domanda. La loro rivolta è per la dignità e la vita, e anzi per la dignità dei vivi, tutto qui. E non “da eroi” si comportano Otto e Anna di fronte ai loro persecutor­i, si tratti delle SS o di Escherich (Daniel Brühl), il poliziotto che li bracca per un anno e mezzo, o dei giudici che li condannano. Certi delle loro ragioni, e consapevol­i d’essere inermi ed esposti alla prepotenza del regime, osservano quasi dall’esterno quello che sta accadendo. Qui è la loro superiorit­à, in questo coraggio lucido e quieto.

L’anziano Herr Fromm, il magistrato a suo tempo integerrim­o e oggi ridotto a tacere, li guarda in tribunale, seduto fra il pubblico. Certo è con loro e con la loro rivola, ma “interiorme­nte”. Non sa che, 18 anni più tardi, un assassino che si pro-clamerà innocente – forse addirittur­a credendolo – userà del suo silenzio come di un alibi. %%%%%

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